Il peso del no francese sui rapporti Svizzera/UE
In Svizzera, il rifiuto francese della costituzione europea è argomento di discussione per la votazione del 5 giugno sugli accordi di Schengen e Dublino.
Gli avversari degli accordi sperano che il voto francese incrini l’immagine dell’Unione europea; il fronte del sì ribadisce che la via bilaterale è la migliore.
A pochi giorni dalla votazione federale sull’adesione agli accordi di Schengen e Dublino il no del popolo francese alla costituzione europea ha suscitato reazioni contrastanti in Svizzera.
«Questa decisione non avrà un grande impatto sui rapporti tra la Svizzera e l’Unione europea», dichiara a swissinfo il politologo René Schwok. Rispetto al trattato di Nizza, che continua a restare in vigore, la costituzione europea apporta pochi cambiamenti.
«Non vedo niente di drammatico nel suo rifiuto, a meno che i governi d’Europa comincino a fare i conti tra di loro. Ma quale governo, oggi, è interessato ad una crisi?». Per Schwok, dunque, il no francese cambierà poco in Europa e ancor meno in Svizzera.
Influsso su Schengen/Dublino?
I timori che il rifiuto della costituzione europea da parte francese possa influire sui rapporti con l’UE sembrano infondati. Ciò nondimeno, una votazione di tale importanza potrebbe in un qualche modo influire sul comportamento dei cittadini svizzeri che si recheranno alle urne per decidere se aderire o meno agli accordi di Schengen (sicurezza; abolizione dei controlli alle frontiere) e Dublino (politica d’asilo europea).
«Intuitivamente ho l’impressione che questo risultato farà il gioco dei fautori del no», afferma René Schwok. «Del resto sono proprio loro a rallegrarsi di questo voto negativo, in cui speravano per rinforzare la loro campagna». Una campagna aggressiva, alla quale gli avversari hanno risposto con una certa calma.
«Il campo del sì ha probabilmente ragione», commenta Schwok. «Il fronte del no vorrebbe veder cadere gli avversari nella trappola delle esagerazioni». In questo modo i votanti verrebbero destabilizzati «e quando la gente è insicura preferisce lo statu quo e vota no».
La nota stonata di Merz
Sorprende, quindi, che proprio un sostenitore del sì a Schengen/Dublino sia stato tra i primi a reagire alle notizie provenienti dalla Francia. Il Consigliere federale Hans-Rudolf Merz ha affermato in una dichiarazione pubblicata dal quotidiano Blick: «Accolgo con favore il no della Francia, perché la Svizzera si vede confermata nella sua politica della via bilaterale». Per Merz, «l’integrazione europea, che va al di là dell’economia e della sicurezza, ha raggiunto i suoi limiti».
«È possibile che in Svizzera ci sia chi condivide questa visione», commenta René Schwok. «Se la Francia rifiuta la costituzione pur facendo parte dell’Unione europea, perché non una Svizzera che rifiuta l’adesione pur accettando certe politiche europee? Il risultato francese potrebbe rinforzare chi è propenso ad un’integrazione “à la carte”. Ma nella reazione di Merz vedo anche il tentativo dei fautori del sì di utilizzare questo risultato a fini politici».
Le dichiarazioni di Merz non sono piaciute né agli europeisti, che parlano di cattivo gusto, né agli ambienti economici, che fanno notare come un’UE debole non giovi a nessuno. Anche la consigliera federale Micheline Calmy-Rey ha criticato le dichiarazioni del suo collega. A Bruxelles le esternazioni di Merz non sono state commentate direttamente, ma Emma Udwin, portavoce responsabile delle relazioni esterne dei Venticinque, sottolinea che la costituzione renderebbe l’UE più efficiente, ciò che è nell’interesse dei paesi terzi come la Svizzera.
Soddisfatti o distaccati
I Dipartimenti federali dell’economia (DFE) e degli affari esteri (DFAE) hanno reazioni praticamente identiche, basate su due messaggi. Primo: il voto negativo espresso ieri dai francesi non rimette in causa le relazioni della Svizzera con l’UE. Secondo: il referendum ha fatto emergere i vantaggi della via bilaterale scelta dalla Svizzera. Questi concetti vengono ripetuti con parole praticamente speculari dai portavoce del DFE Manuel Sager e del DFAE Ivo Sieber.
L’interpretazione distaccata delle autorità si scontra con la soddisfazione espressa dall’UDC: il no dei francesi non ha conseguenze concrete in Svizzera, ma l’UE ne risulta sensibilmente indebolita, afferma il portavoce Roman Jäggi. «Per questa ragione Berna deve chiedersi se vuole continuare ad allinearsi sempre più a questo partner».
Dello stesso avviso è l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI). «Persino nella ‘Grande Nation’ la gente ha paura di perdere la sua identità», sostiene il direttore dell’ASNI e consigliere nazionale (UDC/ZH) Hans Fehr. Il popolo francese avrebbe manifestato il suo timore nei confronti dei criminali, degli stranieri e della perdita del posto di lavoro.
Europa, partner importante
Il Partito socialista non ritiene appropriato parlare di crisi dell’UE. Per il portavoce Jean-Philippe Jeannerat l’esito delle urne non ha influsso diretto sulla Svizzera. «Ma è chiaro che dovremo collaborare con un partner alle prese con alcune difficoltà politiche». La votazione dimostra che il processo di integrazione avviene in modo democratico: da queste difficoltà la democrazia europea uscirà approfondita e rafforzata.
Per i liberali, a partire da oggi i Venticinque dovranno tenere maggiormente conto dei desideri dei loro cittadini. Il segretario generale del Partito popolare democratico, Reto Nause non vede la stabilità dell’UE indebolita a lungo termine dal voto francese, anche se a suo avviso il processo d’integrazione rallenterà. Visto in ottica elvetica ciò offre prospettive alla via di approccio bilaterale.
Anche economiesuisse (padronato) non vede un influsso diretto sulla Svizzera del voto nell’Esagono. Il rappresentante dell’organizzazione a Bruxelles, Florent Roduit, evita di commentare le esternazioni di Merz ma fa notare che non è nell’interesse della Svizzera vedere indebolito un partner commerciale tanto importante.
swissinfo
I francesi hanno rifiutato la costituzione europea con il 54,87% dei voti.
Il primo giugno si tiene in Olanda un referendum consultivo sullo stesso tema: i sondaggi danno la vittoria ai no.
Gli svizzeri votano il 5 giugno sull’adesione agli accordi di Schengen e Dublino (già in vigore nei paesi dell’UE).
L’ultimo sondaggio dà i sì al 55%, i no al 35% e gli indecisi al 10%.
I rapporti tra la Svizzera e l’UE sono regolati da accordi bilaterali. Il 5 giugno il popolo svizzero è chiamato alle urne per approvare gli accordi di Schengen e Dublino.
Schengen prevede l’abolizione dei controlli delle persone alle frontiere interne dell’UE, una politica comune in materia di visti e una migliore collaborazione giudiziaria e di polizia.
Dublino fissa il principio secondo il quale una domanda d’asilo può essere presentata solo una volta all’interno dei paesi che aderiscono al trattato.
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