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Il referendum greco scuote i “confusi” europei

L'agenda del G20 sarà probabilmente stravolta dalla crisi europea, ritiene Charles Wyplosz. AFP

Il vertice del G20 a Cannes si apre nello scompiglio. L'improvvisa decisione del governo greco d'indire un referendum sul piano di salvataggio europeo rischia di far saltare l'accordo raggiunto faticosamente per risolvere la crisi del debito della zona euro.

Charles Wyplosz, professore di economia all’Istituto di alti studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra, saluta la mossa ellenica. Auspica che scuota i “confusi” e “divisi” europei.

Il salvataggio è un “inutile piano di austerità imposto ai greci”. Il referendum è almeno l’occasione di introdurre un elemento di democrazia nel processo, spiega il professore a swissinfo.ch.

Il primo ministro George Papandreou ha colto tutti di sorpresa lunedì annunciando di voler sottoporre a votazione popolare il pacchetto di misure per il salvataggio della Grecia. In più chiederà un voto di fiducia al parlamento, per garantire il sostegno alla sua politica per il resto del suo mandato di quattro anni, che scade nel 2013.

Il governo greco ha approvato all’unanimità le proposte di Papandreou. Il voto di fiducia è in programma venerdì 4 novembre. Il referendum “il prima possibile”, forse già in dicembre.

swissinfo.ch: Cosa ci si può aspettare da questo vertice del G20?

Charles Wyplosz: Non molto come al solito. È probabile che l’agenda del vertice sia in parte stravolta dalla crisi europea. Ma il vertice non può fare granché. È probabile che si assista alla continuazione dei recenti incontri della zona euro, mentre il resto del mondo si lamenta degli europei che imbrogliano le carte invece di affrontare la crisi.

È anche stata preparata tutta una serie di altre questioni e dossier in materia di movimenti di capitali e di controlli sui capitali. Ma probabilmente questi temi passeranno in secondo piano. Inoltre ci sarà la discussione annuale sulle valute e poteri di voto del Fondo monetario internazionale (FMI).

Gli Stati Uniti e l’Europa rischiano di entrare in una recessione. Ma il presidente Barack Obama, avendo fallito il tentativo di fare avallare il suo programma occupazionale dal Congresso, si ritrova ora con le mani legate. E gli europei sono completamente confusi su quel che si dovrebbe fare. Quindi è improbabile che questo vertice si caratterizzi per l’audacia.

Credo che l’importanza del G20 sia nettamente sopravvalutata. Non è il luogo per negoziare e prendere decisioni. È troppo grande e con troppe diversità. È molto utile: non ho nulla contro chi discute e scambia opinioni. Ma ogni volta che ci sono enormi aspettative, segue un’enorme delusione.

swissinfo.ch: Qual è la sua reazione alla decisione della Grecia di proporre un referendum popolare sul piano di salvataggio concordato la scorsa settimana?

C.W.: Sono assolutamente entusiasta di questo referendum. Gli europei sono per lo più confusi e sulla strada sbagliata. Perciò hanno bisogno di un forte scossone per ripartire e creare una nuova base.

Sono profondamente colpito dall’inutile austerità imposta ai greci. La situazione in Grecia si sta deteriorando giorno dopo giorno. Non si sta riducendo il deficit di bilancio, mentre l’economia sta retrocedendo.

Tutto questo è stato deciso in un modo molto antidemocratico ed imposto al governo greco. La sua sovranità non è stata rispettata. Quindi questo referendum è una buona occasione per introdurre un elemento di democrazia in questo processo, che è stato straordinariamente tecnocratico.

È anche un modo molto importante per rammentare ai leader politici che stanno provocando un dolore tremendo, imponendo nel bel mezzo di una recessione una cura di austerità, che è destinata a fallire.

swissinfo.ch: Il pacchetto per risolvere la crisi del debito europeo rischia di essere sottoposto all’esame di altri membri del G20, come gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Quali reazioni si attende?

C.W.: Gli europei hanno cominciato a corteggiare la Cina e il Brasile e qualche altro paese per ottenere un po’ di denaro. Ciò è ridicolo. Essi hanno i mezzi necessari per risolvere i loro problemi, ma sono troppo confusi e troppo divisi. Sono sicuro che altri daranno un po’ di soldi come gesto simbolico e in modo da avere una certa presa sugli europei.

Spero vivamente che gli altri membri del G20 alzino il tono con gli europei per dire loro che non possono continuare a mescolare le cose in tal modo. Sono due anni che vanno nella direzione sbagliata ad ogni svolta.

swissinfo.ch: La Svizzera ha superato meglio la crisi economica 2007-2008 rispetto ai suoi vicini. Ma nonostante gli sforzi per controllare il franco, di recente aziende elvetiche quali il Credit Suisse, Novartis, Schindler e Kudelski hanno annunciato tagli occupazionali e delocalizzazioni. Come pensa che evolva la situazione?

C.W.: La Svizzera è profondamente integrata in Europa. Così quando ci sono problemi in Europa, anche la Svizzera ne risente. Le esportazioni sono state colpite ed alcune imprese potrebbero decidere di traslocare. La Svizzera non può aspettarsi di non essere minimamente toccata quando attorno ad essa l’Europa sta crollando.

swissinfo.ch: Alcune lobby sostengono che la Banca nazionale svizzera (BNS) dovrebbe alzare il tasso minimo di cambio di franchi 1.20 per 1 euro per salvaguardare l’occupazione. È un’ipotesi realistica?

C.W.: Gli industriali si battono chiaramente per i propri interessi, che non sono necessariamente quelli del resto della popolazione.

La BNS ha fatto una scommessa molto coraggiosa che sta funzionando. Ma se la situazione peggiorasse seriamente in Europa e vi fosse una vera e propria crisi bancaria in Europa, ciò che è molto probabile, la pressione si concentrerebbe di nuovo sul franco svizzero.

Così, ovviamente, più alta è la soglia, più difficile e più impegnativo sarà per la BNS mantenere la sua linea. Che il cambio con l’euro si collochi a franchi 1.20 o 1.30 non cambia la vita della BNS, ma accentua semplicemente il rischio.

Di nazionalità francese, nato nel 1947, Charles Wyplosz è professore di economia internazionale presso l’Istituto di alti studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra.

Attualmente è direttore del Centro Internazionale di Studi monetari e bancari.

In precedenza, è stato vice decano di ricerca e sviluppo presso l’istituto di management INSEAD e direttore del programma di dottorato di ricerca in economia presso l’Ecole des Hautes Etudes en Science Sociales di Parigi. Ha conseguito un dottorato in economia all’Università di Harvard.

È consulente di vari funzionari e organizzazioni, fra cui il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, il Parlamento europeo, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, l’ONU, la Banca asiatica di sviluppo, il ministro delle finanze francese e il governo della Federazione russa.

L’accordo europeo del 27 ottobre prevede in particolare che le banche creditrici dimezzino il valore nominale dei titoli di debito sovrano della Grecia e che gli Stati europei proseguano il sostegno finanziario ad Atene.

In cambio vi sarebbe un rafforzamento del controllo dei creditori sull’andamento budgetario della Grecia, un’accelerazione del programma di privatizzazioni e la continuazione di severe misure di austerità.

Concretamente, accettando le perdite del 50% sui titoli in loro possesso, le banche consentirebbero un ritorno del debito greco ad un livello sostenibile, ovvero al 120% del prodotto interno lordo, nel 2020.

Obiettivo che sarebbe raggiunto anche grazie ad un contributo ulteriore del programma di aiuti pari a 130 miliardi di euro entro il 2014.

Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi

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