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Il segreto bancario non protegge chi froda il fisco

Keystone

La decisione dell'autorità di vigilanza bancaria svizzera di trasmettere i dati dei clienti UBS sospettati di frode fiscale alle autorità americane è «accettabile», secondo il presidente della Confederazione: chi froda il fisco non può appellarsi al segreto bancario.

L’UBS ha sbagliato e quindi deve pagare. Il compromesso raggiunto dalla banca elvetica, dall’autorità di vigilanza FINMA e dal Dipartimento di giustizia statunitense ottiene anche l’approvazione del governo elvetico, per il quale i reati di frode fiscale non vanno tollerati.

L’accordo prevede che UBS trasmetta i dati di circa 250 suoi clienti americani alle autorità giudiziarie statunitensi. La principale banca elvetica dovrà inoltre pagare 780 milioni di dollari (400 al fisco e 380 alla Sec, l’autorità di sorveglianza del mercato americano) per evitare una procedura penale e il ritiro della licenza.

«Una procedura penale nei confronti di UBS sarebbe catastrofica», ha detto Hans-Rudolf Merz nel corso di una conferenza stampa tenutasi giovedì a Berna. «L’UBS è fondamentale per la stabilità della piazza finanziaria e dell’economia elvetica», ha ribadito Merz.

Accordo conforme alla legge

Nel mese di dicembre 2008, ha spiegato il ministro delle finanze, gli Stati Uniti hanno fissato il 18 febbraio 2009 quale ultimo termine per risolvere la vertenza tra UBS e il fisco americano. «Abbiamo così avvertito la FINMA di esaminare tutte le misure possibili per evitare un procedimento penale. Il Consiglio federale ha sicuramente un grosso peso politico e avrebbe potuto svolgere un ruolo più influente, ma non può intervenire nelle decisioni di questo organo indipendente».

Come comunicato dalla FINMA, in vigore dall’inizio dell’anno in risposta alla crisi finanziaria, l’intesa con il Dipartimento di giustizia americano è «conforme all’articolo 26 della Legge federale sulle banche».

Nella fattispecie, ha sottolineato Hans-Rudolf Merz, la trasmissione dei dati di alcuni clienti americani di UBS non è in contrasto con il segreto bancario svizzero. «Il segreto bancario – ha ribadito più volte davanti alla stampa – protegge la sfera privata, non chi froda il fisco».

«Sono consapevole che è tutt’altro che facile spiegare al contribuente che una parte dell’aiuto federale [6 miliardi conessi nell’ottobre 2008, ndr] serve per coprire questo accordo», ha ammesso Merz, che resta comunque ottimista sul futuro delle relazioni tra Svizzera e USA, sostenendo che il caso UBS costituisce un caso particolare.

Nel pomeriggio, uno studio legale di Zurigo ha annunciato di voler sporgere denuncia contro il presidente della FINMA Eugen Haltiner, accusandolo di aver istigato UBS a violare il segreto bancario.

Segreto bancario indebolito

La pressione esercitata dagli Stati Uniti per ottenere una lista di nomi di una parte della clientela americana di UBS è giudicata scandalosa dai partiti di destra, che intendono difendere ad ogni costo il segreto bancario elvetico. La sinistra critica invece il comportamento della piazza finanziaria e delle autorità.

«La forza ha avuto il sopravvento sul diritto», ha reagito Damien Cottier, portavoce del Partito liberale radicale. «Una domanda di assistenza giudiziaria sarebbe stata accettata dalla Svizzera, anche perché UBS ha effettivamente commesso degli errori».

La trasmissione dei nomi alle autorità americane, ha detto il presidente dei popolari democratici Christophe Darbellay, «indebolisce il segreto bancario». Per rafforzarlo, l’Unione democratica di centro propone di ancorare tale principio alla Costituzione.

Per il presidente dei socialisti, Christian Levrat, le pressioni esercitate dagli Stati Uniti sono «inaccettabili», siccome rappresentano un attacco ai principi dello Stato di diritto. «L’errore principale – ha aggiunto Levrat – risiede comunque nella nostra definizione del segreto bancario: bisogna sopprimere la differenza fatta dalla Svizzera tra evasione e frode fiscale e intensificare la collaborazione con le autorità estere».

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Questo contenuto è stato pubblicato al Il segreto bancario svizzero – sancito in particolare dalle disposizioni del Codice civile sulla sfera privata, dalla legislazione in materia di protezione dei dati e dalle legge sulle banche – garantisce la confidenzialità delle informazioni ai clienti delle banche elvetiche nei confronti dei privati e delle amministrazioni. Ci sono tuttavia dei limiti al segreto bancario:…

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UBS senza scelta

Nei casi in questione vi sono indizi di frode fiscale e quindi la trasmissione di dati sui clienti alle autorità americane è giustificata, scrive in una nota economiesuisse. È però sconcertante, aggiunge l’associazione mantello delle imprese svizzere, che due paesi amici non abbiano seguito la via regolare e non abbiano atteso la decisione sui ricorsi inoltrati al Tribunale amministrativo federale (TAF) contro la consegna dei dati da parte di alcuni clienti di UBS.

Aver concluso l’accordo mentre il TAF sta ancora esaminando la richiesta americana di assistenza amministrativa è un fatto «problematico», ha ammesso lo stesso Merz.

Per il professore all’Istituto di diritto economico all’Università di Berna, Peter V. Kunz, il comportamento delle autorità è, da un punto di vista democratico e legale, piuttosto «ambiguo». «La FINMA ha creato un precedente che potrebbe istigare dei paesi europei ad agire allo stesso modo degli USA».

Gli Stati Uniti, deplora infine l’Associazione svizzera dei banchieri (ASB), avrebbero dovuto seguire la via dettata dagli accordi esistenti tra Berna e Washington in materia di assistenza amministrativa e di doppia imposizione.

«UBS non aveva ad ogni modo altra scelta», ha commentato Pierre Mirabaud, presidente dell’ASB, rammentando la minaccia di ritiro della licenza negli Stati Uniti che aleggiava sulla banca elvetica.

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Il caso UBS fa seguito alle rivelazioni dell’ex amministratore patrimoniale della banca Bradley Birkenfeld.

Nel giugno 2008 il dipendente di UBS si è dichiarato colpevole di fronte a una corte federale della Florida, riconoscendo di aver incitato i suoi clienti a ingannare il fisco americano, nascondendo fino a 200 milioni di dollari (circa 208 milioni di franchi) in Svizzera e Liechtenstein.

In seguito, la banca ha riconosciuto i fatti davanti al Senato. L’UBS si è quindi impegnata a chiudere 19’000 conti di cittadini americani gestiti dalla Svizzera e ha deciso di cessare di offrire questo genere di conti.

Nella vicenda si attende anche una sentenza del Tribunale amministrativo federale, presso il quale clienti dell’UBS hanno presentato ricorso contro la divulgazione della loro identità alle autorità americane nell’ambito dell’assistenza giudiziaria.

Il Senato americano terrà un’udienza speciale dedicata all’UBS martedì 24 febbraio.

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