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L’accordo fiscale con Londra apre nuovi fronti

Durante la visita a Bruxelles di Eveline Widmer-Schlumpf, martedì scorso, il presidente della Commissione europea Manuel Barroso ha espresso alcune riserve nei confronti della convenzione firmata da Berna e Londra Keystone

La firma di una nuova convenzione fiscale con la Gran Bretagna ha riacceso in Svizzera le speranze di salvare il segreto bancario. Le modifiche previste dovranno però superare l’esame di Bruxelles, che intende chiudere ben presto le scappatoie fiscali ancora aperte.

La nuova convenzione fiscale con la Gran Bretagna, firmata martedì a Bruxelles, si basa sul cosiddetto modello Rubik, già impiegato per l’accordo concluso con la Germania. In base a tale modello, la Svizzera si impegna ad imporre un’imposta alla fonte sugli interessi, i dividendi e gli altri redditi di capitale derivanti da valori patrimoniali depositati nelle banche elvetiche dai cittadini dei paesi europei interessati.

L’aliquota fiscale e i criteri di tassazione vengono stabiliti in modo da corrispondere a quelli in vigore nello Stato che ha sottoscritto la convenzione con la Svizzera. I proventi di questa imposta vengono poi riversati al paese firmatario.

Il modello Rubik dovrebbe inoltre permettere di rilevare retroattivamente anche i patrimoni già depositati in Svizzera e quindi di regolarizzarli nei confronti dello Stato di residenza. Il nome del detentore del conto o di titoli non viene invece comunicato alle autorità fiscali dei paesi europei.

Con questa modello di convenzione fiscale, proposto dall’Associazione svizzera dei banchieri, le autorità elvetiche sperano di salvare il segreto bancario, sottoposto a grandi pressioni da parte dell’UE. Bruxelles mira infatti a far adottare anche dalla Svizzera il principio dello scambio automatico d’informazioni bancarie, già applicato da alcuni paesi europei.

Sfera privata rispettata

Anche la nuova convenzione fiscale con la Gran Bretagna rispetta la tutela della sfera privata dei clienti bancari in vigore in Svizzera, pur garantendo il soddisfacimento delle pretese fiscali avanzate dal governo britannico.

L’accordo stabilisce che sui futuri redditi e utili da valori patrimoniali dei cittadini del Regno Unito sarà riscossa un’imposta con effetto liberatorio, la quale sarà riversata alle autorità britanniche. Le aliquote ammontano al 48% sui redditi da interessi, al 40% sui dividendi, al 27% sugli utili in capitale e al 48% sugli altri redditi.

Per i valori patrimoniali già collocati in Svizzera si procederà a un’imposizione a posteriori con un’aliquota compresa tra il 19 e il 34% a seconda della durata della relazione con il cliente nonché l’importo del capitale. Al posto dell’imposizione forfettaria per il passato, il contribuente può dare il suo consenso alla trasmissione alle autorità britanniche dei dati necessari ai fini di una tassazione individuale.

Chiunque si oppone espressamente all’imposizione forfettaria oppure all’imposizione individuale deve chiudere i suoi conti in Svizzera. Quale segno della loro buona volontà di attuare la convenzione, le banche svizzere si impegnano inoltre a fornire a Londra una prestazione sotto forma di un acconto di 500 milioni di franchi, che verrà restituito attraverso le imposte liberatorie prelevate.

Riserve della Commissione europea

Com’era prevedibile, l’accordo con la Gran Bretagna ha suscitato un certo scetticismo da parte della Commissione europea. “La Commissione non accetterà mai un accordo bilaterale tra un paese membro e uno Stato terzo, come la Svizzera, se non è in totale armonia con il diritto europeo”, ha dichiarato martedì il Commissario europeo Manuel Durao Barroso, precisando di voler esaminare attentamente il testo.

In Svizzera, la firma dell’accordo ha suscitato reazioni prevalentemente positive. Molti si chiedono però, tenendo conto della posizione di Bruxelles, se potrà effettivamente entrare in vigore o se non verrà invece bloccato dalla Commissione europea.

“La convenzione è chiaramente in contrasto con i principi fondamentali della tassazione dei risparmi prevista dall’UE”, ritiene Mark Morris, consulente fiscale attivo a Zurigo. In particolare la clausola relativa all’applicazione di una tassa liberatoria impedirebbe in pratica all’UE di imporre anche alla Svizzera il principio dello scambio automatico d’informazioni.

Più ottimista Dieter Freiburghaus, docente presso l’Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica di Losanna. “L’UE continuerà ad avanzare delle obiezioni contro questo accordo, dal momento che punta a lungo termine sullo scambio automatico d’informazioni. Ma attualmente sarà costretta ad accettare la revisione della convenzione”.

“Molti Stati hanno urgentemente bisogno di denaro: preferiscono quindi dare la priorità a soluzioni pragmatiche e a mettere da parte l’idealismo”, aggiunge l’esperto losannese.

Troppe scappatoie

Bisognerà inoltre vedere se la modifica della convenzione fiscale verrà accettata dal parlamento britannico. All’inizio di questo mese, una sottocommissione parlamentare ha formulato delle riserve nei confronti dell’accordo, temendo che “potrebbe favorire coloro che cercano di deliberatamente di sfuggire al fisco”.

A detta di alcuni, la nuova convenzione contiene troppe scappatoie e non permetterà quindi di raggiungere l’obbiettivo di far confluire da 5 a 10 miliardi di franchi nelle casse del fisco britannico.

“Si tratta di un formaggio svizzero pieno di buchi”, ha commentato il gruppo di pressione Tax Justice Network, secondo il quale l’accordo chiude gli occhi sui “trust”, istituti fiduciari che consentono di celare i nomi dei beneficiari.   

“Ognuno potrebbe eludere il sistema Rubik, creando un trust ad esempio a Panama”, dichiara Mark Morris. A suo avviso, gli evasori fiscali avranno comunque ben presto vita dura: una serie di emendamenti sono già previsti da Bruxelles per colmare le lacune lasciate dalla direttiva fiscale varata dalla Commissione europea.

“Questi emendamenti svuoteranno praticamente gli accordi conclusi in base al sistema Rubik”, aggiunge il consulente.

Gli accordi firmati con Germania e Gran Bretagna prevedono una regolarizzazione degli averi non dichiarati detenuti in Svizzera dai cittadini di questi due paesi.

La regolarizzazione del passato avviene attraverso il pagamento di un’imposta forfettaria unica sul capitale depositato riscossa da un agente pagatore (di regola una banca) e versata in modo anonimo (il nome del cliente non è menzionato) alle autorità fiscali tedesche o britanniche. Il tasso di imposizione varia dal 19 al 34%.

Per i futuri redditi del capitale è stata pure convenuta un’imposta liberatoria prelevata su interessi e dividendi. Per la Germania il tasso applicato è del 26,375%, ciò che corrisponde all’aliquota in vigore in questo paese. Per la Gran Bretagna varia invece dal 27 al 48%, a seconda delle categorie di rendita del capitale.

In Germania, l’accordo siglato con la Svizzera non è ancora stato ratificato dal parlamento. Il Partito socialdemocratico e i Verdi lo contestano, poiché ritengono l’accordo troppo favorevole a chi ha frodato il fisco.

Per quanto concerne il trattato con la Gran Bretagna, sono state apportate alcune modifiche nella struttura giuridica per soddisfare le esigenze della Commissione europea, che lo riteneva incompatibile su alcuni punti con la legislazione comunitaria. L’accordo, che deve essere ancora approvato dai parlamenti svizzero e britannico, dovrebbe entrare in vigore all’inizio del 2013.

Traduzione e adattamento di Armando Mombelli

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