L’accordo UBS-USA dinnanzi al parlamento
Durante la sessione estiva, in corso da lunedì, le Camere federali dovranno esprimersi sul controverso accordo concluso con Washington per la trasmissione dei dati di 4'450 clienti dell'UBS agli Stati uniti. Dopo l'ondata di critiche iniziali, il progetto dovrebbe essere approvato dal parlamento.
Un “compromesso tra due Stati sovrani”: con queste parole la ministra elvetica di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf aveva definito l’accordo concluso nell’agosto del 2009 tra il governo svizzero e l’amministrazione americana sul caso UBS.
Nel documento la Confederazione si impegnava a fornire entro la fine dell’anno scorso alle autorità fiscali americane informazioni relative a 4’450 conti di clienti della banca sospettati di evasione o frode fiscale negli Stati uniti. L’amministrazione americana aveva chiesto all’inizio dell’anno scorso i dati relativi a 52’000 detentori di conti presso l’UBS.
Dopo la firma dell’accordo, i dirigenti della banca elvetica e i membri del governo svizzero avevano tirato un sospiro di sollievo. Troppo presto: nel gennaio scorso, il Tribunale amministrativo federale (TAF) aveva infatti dichiarato illegale la consegna dei dati UBS agli Stati uniti.
Grattacapi per il governo
In base alla Convenzione contro la doppia imposizione conclusa da Berna e Washington, la Svizzera può fornire assistenza amministrativa agli Stati uniti soltanto in caso di “truffe o delitti analoghi”, vale a dire in presenza di un “comportamento fraudolento” nei confronti del fisco.
L’assistenza amministrativa non è invece prevista per i casi di evasione fiscale, ossia di mancata dichiarazione di reddito o di sostanza, ha ricordato il Taf. Nel caso dei conti UBS in questione, il sospetto di frode fiscale riguardava soltanto 250 dossier, mentre gli altri 4’200 concernevano casi di evasione fiscale.
Solo il parlamento, e non il governo, ha inoltre il diritto di decidere in merito alla concessione di assistenza amministrativa in caso di evasione fiscale. La decisione del Taf ha creato non pochi grattacapi al Consiglio federale.
Grandi rischi
Agli occhi del governo, un rifiuto dell’assistenza amministrativa sui dossier richiesti da Washington potrebbe pregiudicare gravemente le attività dell’UBS negli Stati uniti. Accusata di aver aiutato migliaia di clienti a frodare il fisco americano, la più grande banca svizzera rischia infatti di perdere la licenza che le permette di operare sul territorio degli USA e quindi di indebolire fortemente la sua posizioni rispetto alla concorrenza.
Costretto a trovare in poco tempo una soluzione legale, il governo ha così deciso di introdurre retroattivamente un protocollo di emendamento all’accordo si assistenza amministrativa concluso con Washington. In virtù di tale protocollo, l’accordo UBS con gli Stati uniti non ha più il valore di un semplice accordo d’intesa, ma viene trasformato in un trattato internazionale.
Grazie a questo espediente giuridico, il trattato può ora essere sottoposto all’approvazione del parlamento. Inoltre, il Consiglio federale può applicare il documento sin dalla sua firma, prima ancora dell’approvazione delle Camere federali. In altre parole, il governo e l’Autorità di sorveglianza dei mercati finanziari (Finma) non avrebbero più violato la legge fornendo i nominativi de 4’450 conti agli Stati uniti.
Destra e sinistra contrari
In una prima fase, il progetto del governo ha suscitato quasi soltanto reazioni negative da parte dei partiti. Critiche sono giunte perfino dai due partiti di centro. Per il presidente del Partito liberale radicale (PLR) Fulvio Pelli, l’UBS doveva “assumersi da sola le proprie responsabilità”, dal momento che era stata lei a “provocare questa catastrofe”.
Poi, sia il PLR che il Partito popolare democratico (PPD) hanno finito per accettare la proposta di trattato formulata dal governo. Ai loro occhi, la posta in gioco è troppo grande, dal momento che un rifiuto rischierebbe di compromettere seriamente non solo la posizione dell’UBS, ma anche le relazioni tra la Svizzera e l’amministrazione americana.
Da parte sua, il Partito socialista (PS) ha approfittato dell’occasione per condizionare un suo “sì” all’approvazione da parte del parlamento di una serie di regolamentazioni del settore finanziario, destinate ad evitare nuove crisi come quella degli ultimi due anni e a limitare le retribuzioni dei manager delle grandi banche. Alcune proposte dei socialisti, tra cui una nuova tassa sui bonus dei manager, sono state riprese in seguito dal governo.
Fino a pochi giorni fa, anche l’Unione democratica di centro (UDC) si era schierata contro l’accordo, definito “una violazione del segreto bancario” da parte del suo leader Christoph Blocher. Detenendo, assieme ai Verdi, una maggioranza di seggi alla Camera del popolo, PS e UDC minacciavano di far saltare il trattato voluto dal governo.
Inchiesta parlamentare
La settimana scorsa, l’UDC ha tuttavia compiuto un voltafaccia, affermando di voler approvare l’accordo, a condizione che non venga introdotta la nuova tassa sui bonus dei dirigenti bancari, proposta dai socialisti. Il trattato dispone ora dei numeri sufficienti per superare la prova del parlamento. Ora, sia il PS che l’UDC intendono però esigere che il trattato venga sottoposto a referendum facoltativo.
Entrambi gli schieramenti politici sono inoltre favorevoli alla creazione di una Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi). I due partiti vogliono infatti fare luce sulle ragioni che hanno spinto il governo ad adottare una procedura d’urgenza per concedere assistenza amministrativa sul caso UBS agli Stati uniti, senza consultare il parlamento.
A detta dei due partiti di centro, una Cpi andrebbe invece istituita soltanto se dovessero sussistere questioni fondamentali senza risposta, dopo la pubblicazione di un rapporto sulla vicenda dalla parte della Commissione di gestione delle due Camere, che si sta chinando da mesi sul dossier UBS-USA. La pubblicazione del rapporto è attesa per il 31 maggio.
Andreas Keiser, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento Armando Mombelli)
Altri temi importanti della sessione Parlamento (31 maggio – 18 giugno):
La Camera del popolo è chiamata ad esprimersi sull’iniziativa dell’UDC “Per l’espulsione degli stranieri che commettono reati” e sul controprogetto elaborato dal Consiglio degli Stati, su iniziativa di PLR e PPD, per evitare l’accettazione da parte del popolo di un nuovo testo che si scontrerebbe con il diritto internazionale.
Il Consiglio nazionale si chinerà inoltre sulla revisione della legge sul CO2, che mira a introdurre una tassa sui combustibili fossili, allo scopo di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra.
Pure all’esame della Camera del popolo le iniziative popolari “Per la tutela contro la violenza delle armi” e “Per imposte eque. Basta con gli abusi nella concorrenza fiscale”, nonché il programma d’impulso per l’accoglienza extrafamiliare dei bambini e un progetto di promozione delle reti di cure nell’ambito dell’assicurazione malattia.
La Camera dei cantoni è chiamata invece ad esaminare l’iniziativa “contro le retribuzioni abusive” e il controprogetto diretto elaborato da una commissione per ottenere il ritiro del testo, promosso dall’imprenditore sciaffusano Thomas Minder.
I “senatori” affronteranno la prima parte della sesta revisione dell’assicurazione invalidità (AI), che prevede un nuovo giro di vite per gli aventi diritto alla rendita. Ai consiglieri agli Stati sarà pure sottoposta una soluzione per rendite anticipate, nell’intento di far avanzare l’11esima revisione dell’AVS.
In programma vi è inoltre un credito di quasi 3 miliardi di franchi per migliorare il traffico negli agglomerati e eliminare i punti congestionati delle autostrade e un progetto inteso a evitare che i fondi dirottati dai dittatori, dopo essere stati bloccati in Svizzera, non finiscano nuovamente in mani criminali.
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