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L’anima soffocata dell’Aquila

Il dolore di amici e parenti ai funerali di Stato Keystone

Mentre la popolazione rende omaggio alle vittime, nel capoluogo della regione Abruzzo si continua a cercare possibili superstiti. Reportage del giornalista svizzero Aldo Sofia, da lunedì sui luoghi del devastante terremoto.

Gli antichi vicoli sono transennati. E anche quando non lo sono, rimangono comunque desolatamente vuoti. Tutti. Immaginarli animati da chiacchiere, incontri, commerci di una vita normale diventa impossibile. Perché il rumore che regna, qui, è il silenzio.

Nelle minuscole piazze, nelle ampie corti dei palazzi signorili, sui sagrati delle Chiese: solo un surreale silenzio. L’antico centro medievale dell’Aquila è una città fantasma.

Non ha più i suoi 25 mila abitanti. Alcuni uccisi dal terremoto. Tutti gli altri evacuati. Tutti ad aspettare laggiù, nelle tendopoli.

La Piazza del Duomo squarciata

La mano crudele e impietosa del terremoto non ha soltanto sfregiato profondamente la parte storica della città abruzzese. È come se ne avesse voluto soffocare anche l’anima.

Camminare tra i calcinacci, schivare pezzi di muro rovinati sul massicciato, alzare gli occhi sugli edifici con fessure e squarci vistosi. Guardare con inquietudine grondaie e cornicioni pericolosamente pencolanti, e sentire solo lo scricchiolio un po’ sinistro dei propri passi.

L’antica Aquila, città chiusa, isolata da un fitto cordone di polizia. Troppo pericoloso attraversarla. Un’altra forte “scossa di assestamento” (ma quando finirà l’assestamento?) potrebbe provocare altri crolli.

Gli uomini della protezione civile sono inquieti. Solo pochi giornalisti sono autorizzati ad entrare. Siamo fra quelli che lavorano nelle due postazioni televisive accampate sull’ampia Piazza del Duomo, quella della cupola squarciata, uno dei tanti simboli di questa tragedia.

Alle postazioni ci dobbiamo spesso arrivare a piedi. Il passo è più che sostenuto, qualche piccola corsa, la terra che trema diventa comunque una minaccia costante, che senti sempre in agguato.

Alla ricerca dei superstiti

Davanti all’entrata di una casa, due specialisti della marina militare italiana. Si avvicinano ai muri con uno strumento che ha tutta l’apparenza di una cinepresa.

“No, non stiamo filmando – ci dice il tenente Ugo Deceglia – : si tratta di un rilevatore di calore, e dove c’è calore ci potrebbe essere il corpo di una vittima. Il nostro reparto ha individuato così quattro persone tra le macerie, che poi si sono salvate. Purtroppo, l’ultima volta è successo ieri mattina, sono passate altre 24 ore, adesso è una corsa contro il tempo”.

Il suo commilitone Samuele Pasanisi descrive quello che spesso gli capita di vedere quando prudentemente entrano in un androne: “È come se ci fosse stato un bombardamento, sembra un film”.

Un silenzio da brividi

Un padre e il figlio attraversano la Piazza del Duomo, alcuni sacchetti di plastica nelle mani. Su questa piazza ogni giorno si teneva il grande mercato. Lunedì all’alba era invece nera di gente fuggita precipitosamente dalle proprie case. C’erano anche loro.

“All’inizio le urla, poi, mentre aspettavamo i soccorsi, solo silenzio, ma un silenzio che a ripensarci mi tornano i brividi”. Comunque il padre ripete più volte che in quella casa per ora non è proprio il caso di tornarci.

Ci sono entrati velocemente alcuni vigili del fuoco, per recuperare quel poco che era possibile, il necessario per sopravvivere.

Hanno un negozio di ferramenta da un’altra parte della città. È rimasto in piedi. Potrebbe diventare la loro casa. Provvisoria, ma chissà per quanto tempo. “Speriamo che non ci rubino tutto”, mormora il figlio.

Mobilitazione nazionale

Incontriamo i poliziotti anti-sciacallaggio. Si avventurano tra le viuzze, schivando auto demolite, travi e pezzi di cornicioni. La cosa strana è che controllano soprattutto le porte chiuse. Ma forse non è strano. Sono poche, e sembrano istintivamente le più sospette.

Arriva un gruppo di vigili del fuoco. “Di Lecco”, ci tengono a precisare, ma precisando che la mobilitazione è nazionale. “Lavoriamo a fianco di colleghi venuti da tutta Italia”.
Scrutano il fondo di una strada che davvero sembra aver subìto un bombardamento.

“Ci ha chiamato il sacerdote della zona, dice che non riesce a rintracciare due anziani parrocchiani, teme che siano rimasti là sotto”, spiega Fabio Adiamoli. “Attenti, che qui basta una scossa secca come quella di stanotte per far venir giù un bel po’ di roba”. E il capogruppo Giorgio Stucchi:

“Molti vecchi avranno fatto fatica a fuggire, è possibilissimo che alcuni siano in campi di raccolta dove stanno ancora facendo il censimento, ma è giusto venire a verificare”. E qualcuno, quando siamo arrivati, ci aveva detto che la maggioranza degli abitanti del centro era formata da gente anziana.

Un terremoto devastante

A gettare una prima occhiata ci è andato, da solo, il comandante Luigi Federici, un veterano. Torna dopo una quindicina di minuti. Brutta scena, anche per chi di brutte scene deve averne viste molte.

” Sì, di terremoti ne ho visti, ma con queste conseguenze mai. Là in fondo c’è un palazzo letteralmente sfondato, c’è rimasto in piedi solo un grande muro, e tutto attorno solo rovine. Ora chiamiamo le unità cinofile. Vedremo se occorrerà il nostro intervento”.

Riferisce ai suoi uomini. Lo sento mormorare in dialetto lombardo: “Se dobbiamo entrare, voi state ben attenti, e speriamo che su quel muro non si appoggi nemmeno un uccello”.

I quadri delle lauree

Torno in Piazza Duomo. Proprio a fianco dell’arcivescovado c’è una strana animazione. Sono arrivati i proprietari dell’antica farmacia, insieme a un gruppo di pompieri. Davanti all’entrata, grossi pezzi della parte di tetto caduto domenica notte.

“Allora, gli stupefacenti stanno in un armadio chiuso a chiave, e insieme alle bombole di gas sono le cose più importante da tirar fuori. Poi, se pensate di poterlo fare – dice il giovane Antonio ai vigili del fuoco – sotto il bancone ci sono tre contenitori di documenti”.

“Dovete scusarmi, ma se riusciste a portarmi anche i quadri delle lauree in farmacia….”, è la timida richiesta di suo padre.

A turno i pompieri entrano ed escono di corsa. Alla fine riescono a consegnare quanto è stato chiesto. Il tutto in tre, quattro minuti, non di più, perché anche oggi la terra ha tremato. Giovanni Marulli tiene strette in mano gli attestati recuperati, nelle loro belle cornici in legno.

“L’abbiamo persa”

“Io sono ingegnere, la farmacia l’aveva avviata addirittura la nonna di mia moglie, che ne era la proprietaria, e che presto avrebbe affidato la gestione a mio figlio Antonio”.

E sua moglie? Molto dignitoso, solo gli occhi si fanno lucidi: “L’abbiamo persa, ieri le abbiamo fatto il funerale nel nostro paese d’origine, fuori l’Aquila. Noi abitiamo tre case più giù dalla farmacia. Ci siamo salvati, io, i miei due figli, e anche due nipotini, il più piccolo di appena sedici mesi”.

“L’unica arcata dell’appartamento che non ha retto, ma proprio l’unica, le è piombata addosso in quei maledetti venti secondi”.

swissinfo, Aldo Sofia, L’Aquila

Venerdì si sono svolti a L’Aquila i funerali di Stato per le vittime del sisma. La cerimonia – tenutasi nel piazzale della caserma della Guardia di Finanza – è stata presieduta dal segretario di Stato vaticano, monsignor Tarcisio Bertone, e concelebrata da tutti i vescovi dell’Abruzzo e del Molise.

Stando alle stime, circa 8’000 persone hanno reso omaggio alle 205 bare, in rappresentanza delle 292 persone decedute (secondo l’ultimo bilancio).

«In questa vostra città e nei paesi vicini, che hanno conosciuto altri momenti difficili nella loro storia si raccoglie oggi idealmente l’Italia intera, che ha dimostrato, anche in questa difficile prova, quanto siano saldi i valori della solidarietà e della fraternità che la segnano in profondità», ha detto il cardinal Bertone nell’omelia.

Il prelato ha aggiunto di «sentire nascere la speranza del cuore, perché s’avverte già nell’aria che sotto le macerie c’è la voglia di ripartire, di ricostruire, di tornare a sognare».

Alla cerimonia hanno partecipato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il presidente del Senato, Renato Schifani, quello della Camera, Gianfranco Fini e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

La Protezione civile italiana ha attivato un numero speciale a cui possono rivolgersi per informazioni tutti coloro che hanno parenti nella zona sinistrata.

Dalla Svizzera si può chiamare direttamente lo 0039 06 68 201

Informazioni sono ottenibili anche per e-mail:
salaoperativa@protezionecivile.it

Secondo le cifre fornite dall’ambasciata d’Italia a Berna, in Svizzera vivono circa 24mila abruzzesi.

Un decimo (2’860 persone) risiede in Ticino. Circa 150 famiglie provengono dalla provincia dell’Aquila.

Nella zona dell’Aquila sono registrati 104 svizzeri.

Numero di conto postale per la raccolta di fondi: 25-3856-3.

Le offerte possono essere effettuate sul conto postale della Catena della solidarietà 10-15000-6 con l’annotazione «Terremoto Italia», oppure direttamente via internet.

Nelle prime 24 ore, ha indicato giovedì l’associazione, sono già entrati 100 mila franchi.

Molte persone si sono annunciate dalla Svizzera italiana, come indicherebbero i cognomi dei donatori. In media, il singolo contributo supera i cento franchi, ciò che è molto se confrontato con altre azioni simili.

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