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L’onda di Fukushima scuote il parlamento elvetico

La Camera del popolo ha approvato la mozione del popolare democratico Roberto Schmidt che sostiene nelle grandi linee il piano governativo di abbandono dell'atomo Keystone

La Svizzera ha compiuto un nuovo passo verso l'abbandono graduale dell'atomo. La Camera del popolo ha approvato tre mozioni che vanno nella direzione indicata dal governo. Il cammino verso la chiusura delle centrali nucleari è però ancora lungo e ricco di incognite.

Non costituiscono una rivoluzione verde e nemmeno l’avallo definitivo al piano governativo di uscire a tappe dal nucleare. Ma le decisioni adottate l’8 giugno 2011 dalla maggioranza del Consiglio nazionale (Camera bassa del parlamento) segnano un cambiamento di rotta nella politica energetica della Confederazione.

“Abbiate il coraggio di prendere questa decisione di principio”, ha detto ai deputati la ministra dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni Doris Leuthard, prima del voto. E una maggioranza composta di parlamentari di sinistra, verdi e di centro ha effettivamente adottato la decisione di principio di voltare le spalle all’energia nucleare.

Si tratta di una scelta che è una chiara conseguenza della catastrofe di Fukushima, ripetutamente evocata mercoledì alla Camera del popolo. Lo “spaventoso disastro” in Giappone ha costituito un punto di “rottura nella politica energetica. Fukushima ci insegna che anche in un paese con una tecnologia d’avanguardia il peggiore incidente può accadere in qualsiasi momento”, ha detto per esempio il deputato socialista Eric Nussbaumer.

“Fukushima ha messo davanti agli occhi di molti il significato di rischio residuo e ha dimostrato che l’energia nucleare non è sostenibile”, ha rincarato il Verde liberale Martin Bäumle.

Nella politica energetica della Svizzera c’è dunque un prima e un dopo Fukushima. Perché dopo quella terribile sciagura la maggioranza della gente e dei politici si è resa conto del pericolo dietro l’angolo, hanno osservato diversi deputati.

Oltre al peso di Fukushima, anche quello elettorale

Dai sondaggi è emerso che la maggioranza della popolazione svizzera non vuole più vivere con quel rischio. Una volontà popolare, che con l’approssimarsi della scadenza delle elezioni federali del 23 ottobre, ha pesato sulle decisioni parlamentari.

L’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che combatte l’abbandono dell’atomo, ha chiesto invano che la sessione straordinaria sull’energia nucleare e le energie rinnovabili fosse rinviata dopo le elezioni. La sua mozione d’ordine in tal senso è stata respinta con 126 voti contro 64 e 2 astensioni.

 I rappresentanti dell’UDC hanno accusato i popolari democratici (PPD) e i borghesi democratici (PBD, centro destra) di avere cambiato posizione sulle centrali nucleari dopo Fukushima, per “tatticismo elettorale”. A loro volta i sostenitori dell’uscita dal nucleare hanno accusato l’UDC di voler aggiornare le decisioni parlamentari per sottrarsi al giudizio dell’elettorato.

Scontro di ideologie

Tutto il dibattito fra i sostenitori e gli oppositori dell’energia nucleare è peraltro stato alquanto “elettrico”. Gli esponenti dell’UDC e del Partito liberale radicale (PLR, destra) hanno rimproverato ai fautori dell’abbandono dell’atomo di voler chiudere le centrali nucleari senza che ci sia un’alternativa valida. A loro avviso, in tal modo si mettono a repentaglio l’approvvigionamento energetico e l’economia della Svizzera.

Le energie rinnovabili non basteranno a sostituire l’energia nucleare, hanno affermato, tacciando anche di “venditori di illusioni” i loro antagonisti. Hanno inoltre sottolineato che le energie rinnovabili, così come quelle importate dall’estero, sono più care e incideranno negativamente sulla competitività dell’industria elvetica. Per alcune industrie che consumano molta energia, hanno anche paventato il rischio di una dislocazione all’estero.

Argomenti contestati dagli antinucleari, secondo i quali, al contrario, gli investimenti nelle energie rinnovabili permetterebbero la creazione di molti impieghi e il rafforzamento dei poli di ricerca svizzeri. D’altro canto, hanno rilevato, il prezzo dell’energia nucleare continua ad aumentare, mentre quello delle energie rinnovabili diminuisce. A medio termine, dunque, il vantaggio economico che ha reso attrattiva l’energia nucleare svanirà, hanno previsto.

Doris Leuthard ha inoltre promesso soluzioni per le industrie, assicurando di avere già progetti nel cassetto. Sollecitata da un paio di deputati, la ministra non ha però voluto rivelare i dettagli.

Non si costruiscono più centrali atomiche

Alla fine la maggioranza dei deputati ha accolto le proposte di non permettere la costruzione di nuove centrali nucleari e di disattivare quelle esistenti quando non rispondono più alle esigenze di sicurezza. Parallelamente dovranno essere adottate misure mirate per incoraggiare l’uso di energie rinnovabili e il rafforzamento dell’efficacia energetica.

Sono anche state sollecitate strategie per garantire un approvvigionamento elettrico senza nucleare e che dipenda il meno possibile dall’estero e che non minacci la piazza economica svizzera.

Il governo federale è incaricato di modificare di conseguenza la Legge federale sull’energia nucleare (LENu) e di presentare al parlamento uno scenario di abbandono progressivo del nucleare. Il governo ha peraltro già messo in consultazione un progetto in tal senso il 25 maggio.

Avanti lentamente

La sinistra rosso-verde avrebbe voluto disattivare già ora o almeno in tempi brevi le vecchie centrali di Mühleberg e di Beznau. Ma le loro proposte sono state bocciate. PPD, PBD e Verdi liberali, infatti, sono d’accordo di abbandonare l’atomo, ma solo gradatamente. Su questo punto si sono perciò schierati con l’UDC e il PLR.

La Camera del popolo ha anche approvato alcune mozioni e postulati che propongono misure per incentivare le energie rinnovabili. Al vaglio dei deputati restano ancora parecchie proposte, sulle quali si pronunceranno giovedì.

La palla passerà poi nel campo del Consiglio degli Stati (Camera alta) nella prossima sessione. Se il segnale è lanciato, la partita non è ancora vinta. La revisione della legge sull’approvvigionamento elettrico dovrà ancora essere sottoposta al parlamento l’anno prossimo. E l’ultimo ad avere la parola potrebbe ancora essere il popolo, nel caso in cui fosse lanciato il referendum.

Dopo la catastrofe di Fukushima, l’11 marzo scorso, è stata depositata una vera e propria montagna di atti parlamentari riguardanti l’energia nucleare e quelle rinnovabili. Le Camere federali hanno perciò deciso di dedicarvi una sessione straordinaria.

La prima ad occuparsene è stata la Camera del popolo, la mattina dell’8 giugno. In totale, all’ordine del giorno c’erano ben 134 atti parlamentari –  68 mozioni, 43 interpellanze, 23 postulati – che sono stati riuniti in due grandi capitoli di discussione.  Il primo riguarda l’energia nucleare, il secondo le energie rinnovabili.

Sul fronte dell’atomo, sono state approvate tre mozioni che chiedono l’abbandono progressivo del nucleare. Una è stata presentata dal Gruppo dei Verdi, una da quello borghese democratico e una dal deputato popolare democratico Roberto Schmidt. Quest’ultima è molto vicina alle linee generali del progetto presentato dal governo il 25 maggio. Non fissa però nessuna data entro la quale dovrebbero essere disattivati i cinque reattori nucleari che ci sono attualmente in Svizzera. Le tre mozioni sono state combattute dal gruppo UDC, mentre il PLR si è astenuto e tutti gli altri gruppi le hanno sostenute.

Per mancanza di tempo, la Camera del popolo mercoledì non è riuscita a pronunciarsi su tutte le mozioni e i postulati inerenti le energie rinnovabili. Le votazioni in merito proseguiranno giovedì.

Gli atti parlamentari che hanno superato l’esame della Camera del popolo dovranno ancora essere sottoposti alla Camera dei Cantoni. La sessione straordinaria, inizialmente programmata per il 16 giugno, avrà luogo nella sessione parlamentare d’autunno.

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