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La crisi del latte si riversa in mezza Europa

Keystone

Negli scorsi mesi in Svizzera il prezzo del latte è calato in media del 30%. Nel 2009 i contadini ricevono per ogni litro di latte prodotto circa 55 centesimi, la metà rispetto a 10 anni fa. Quanto basta per alimentare una vera e propria guerra.

L’ondata di protesta iniziata la settimana scorsa in Francia contro l’abbassamento dei prezzi del latte, si è estesa… a macchia d’olio. Manifestazioni si sono tenute anche in Germania, Austria, Paesi Bassi, Italia e Svizzera. In molti casi gli allevatori hanno distribuito gratuitamente il latte, in altri l’hanno riversato per strada.

Col prezzo del latte dimezzatosi, precipitando a 20 centesimi (di euro) al litro, i produttori sostengono di non avere nessuna speranza di coprire i costi. Il clima è molto teso anche in Svizzera, dove le azioni di protesta si moltiplicano mentre si sta definendo il sistema nazionale delle quote di produzione. Il governo, per calmare il gioco, ha assicurato aiuti finanziari.

Rispetto al mese di gennaio, i contadini svizzeri sono stati confrontati con un calo del 30% del prezzo del latte: mentre in gennaio per ogni litro di latte prodotto ricevevano 76 centesimi, oggi ne ricevono circa 55, la metà rispetto a 10 anni fa. Insomma la collera monta, come il latte che bolle, e i contadini lanciano un appello allo sciopero.

Contadini al fronte

A Sempach, alla fine del mese di agosto, diecimila contadini hanno reclamato il diritto di applicare un giusto prezzo al latte che producono, inaugurando nel contempo una serie di proteste. Secondo Uniterre, il sindacato svizzero degli agricoltori, questo è soltanto l’inizio. L’autunno si annuncia dunque sotto i colori della protesta contadina.

Detto fatto. Da diversi giorni azioni di protesta sono state organizzate in diverse località svizzere. Domenica scorsa circa 150 agricoltori al volante dei loro trattori hanno manifestato a Losanna, mentre qualche giorno prima i produttori di latte del Chablais hanno occupato la piazza di Monthey e di Aigle per vendere il loro latte direttamente ai consumatori. Stesso scenario sulla piazza ginevrina di Glariers.

L’associazione BIG-M (Bäuerliche Interessengemeinschaft für Marktkampf) ha deciso di seguire il movimento partito dalla Romandia e ha lanciato un appello allo sciopero. Circa 400 contadini (300 nella Svizzera romanda e 100 nella Svizzera tedesca) hanno già cessato le forniture.

Troppo latte

L’origine del problema sta nella sovrapproduzione: la Svizzera produce attualmente circa 4 milioni di tonnellate di latte all’anno, ossia il 5% in più della domanda del mercato. Inevitabile, quindi, il crollo dei prezzi. La crisi si è acuita anche perché dal 30 aprile di quest’anno, il contingentamento lattiero appartiene al passato.

In Svizzera lo Stato ha garantito per molti anni un prezzo fisso per il latte, regolando cosi la produzione con il contingentamento. Con questo sistema – introdotto nel 1977 per cercare di porre un freno alla sovrapproduzione – ad ogni produttore veniva attribuita una quantità di latte che poteva vendere a un prezzo garantito. I produttori di latte hanno avuto a possibilità di abbandonare anticipatamente il contingentamento lattiero a partire dal primo maggio del 2006.

Spinti dalle riforme della politica agricola svizzera, gli attori del settore, riuniti sotto il cappello della Federazione svizzera dei produttori di latte (28 mila produttori rappresentati da 38 organizzazioni), hanno cercato di trovare delle soluzioni per fare fronte all’emergenza, senza tuttavia riuscire a trovare un’intesa su un modello comune. Gli interessi regionali sono spesso divergenti.

Rivendicazioni e aiuti

Mentre la protesta del latte acquista sempre più forza, i produttori svizzeri affinano le loro rivendicazioni: definire un prezzo giusto per il latte (1 franco per 1 litro); permettere all’industria lattiera, e soltanto ad essa, di stabilire un’adeguata quota di produzione annua; lasciare ai produttori il compito di fissare il prezzo del prodotto.

Per riuscire nel loro intento, i produttori di latte devono restare uniti: i loro principali partner commerciali sono veri e propri giganti, come Emmi, Cremo, Nutritec e Elsa. Uniti riusciranno a trattare meglio anche con gli attori dell’industria casearia, secondo cui la politica conservatrice dei produttori di latte è all’origine della crisi nel settore.

Per cercare di portare un po’ di calma, la consigliera federale Doris Leuthard ha incontrato alcuni esponenti del settore lattiero; attende in particolare dall’Interprofessione del latte svizzero – l’organizzazione mantello della produzione lattiera – proposte al riguardo al più tardi entro metà ottobre. Intanto la Confederazione, consapevole della gravità della situazione, ha fornito il suo contributo alla soluzione del problema, stanziando un credito aggiuntivo di 14 milioni di franchi.

Secondo Albert Rösti, presidente della Federazione dei produttori svizzeri di latte (PSL), per uscire da questa crisi occorre puntare sul dialogo; l’Interprofessione del latte svizzero deve inoltre essere l’espressione di tutti i produttori, o della maggioranza.

“Soluzioni radicali come le proteste o lo sciopero – sottolinea Rösti – non servono a portare i necessari correttivi. La Svizzera, che continua ad avere una propria politica agricola e un proprio regolamento del mercato lattiero, deve trovare soluzioni adeguate alla propria realtà”.

Andrea Ornelas, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento dallo spagnolo Françoise Gehring)

Il mercato del latte è sotto forte pressione da alcuni mesi, in particolare dalla fine del regime di contingentamento lattiero il primo maggio scorso.

Dopo 32 anni durante i quali era il governo a decidere le quantità che ogni produttore doveva fornire, i contadini oggi possono inondare il mercato a loro piacimento e i grandi distributori hanno gioco facile per rendere la concorrenza più accanita. Di conseguenza i prezzi sono crollati.

Alla fine del 2007, gli allevatori svizzeri possedevano 1,57 milioni di bovini, di cui 710’000 vacche. Nel frattempo, però, la pressione sul prezzo del latte è aumentata.

Inoltre, dallo scorso mese di aprile, i produttori di latte non sono più sottoposti al regime del contingentamento lattiero, che per anni ha garantito loro un prezzo fisso.

È chiaro che i 27’000 produttori vogliono vendere il loro latte al miglior prezzo possibile. Pochi però sono disposti a ridurre la loro mandria.

Il 14 marzo 2008 il Consiglio federale ha conferito un mandato negoziale congiunto per un Accordo di libero scambio nel settore agroalimentare (ALSA) e un Accordo in ambito sanitario.

L’apertura dei mercati rappresenta una notevole sfida per l’agricoltura. Il libero scambio non riguarda soltanto le materie prime agricole (latte, bestiame da macello), bensì anche i livelli a monte e a valle della filiera, ossia i mezzi di produzione (sementi, macchinari) e i prodotti dell’industria di trasformazione (formaggio, yogurt).

Siccome gran parte dell’economia lattiera elvetica è esposta alla concorrenza estera, il prezzo medio del latte svizzero subisce i contraccolpi dell’evoluzione dei prezzi sul piano internazionale e soprattutto delle condizioni di smercio nell’UE.

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