La Russia verso un regime quasi monopartitico
Alle elezioni legislative russe di domenica si profila un plebiscito per Vladimir Putin, che terminerà in marzo il suo secondo mandato presidenziale. La repressione dell'opposizione suscita soltanto critiche isolate.
La Svizzera – rileva Andreas Gross, deputato e osservatore per il Consiglio d’Europa – continua comunque a sviluppare le relazioni con un Paese in forte crescita economica.
«I risultati si conoscono già: questa votazione si trasformerà in un plebiscito per il presidente», afferma Thérèse Obrecht – giornalista e autrice del libro «Russia, la legge del potere. Studio di una parodia democratica» –, riassumendo un’impressione largamente condivisa dalla stampa svizzera alla vigilia delle elezioni legislative del 2 dicembre.
Al termine di una campagna caratterizzata da una forte intimidazione nei confronti dell’opposizione, il partito di Vladimir Putin – «Russia unita» – è indicato ampiamente in vantaggio dai sondaggi. La formazione potrebbe addirittura aggiudicarsi due terzi dei voti, conquistando così l’80% dei seggi della Duma (450 in totale), la camera bassa del parlamento.
I rimanenti posti dovrebbero essere divisi tra i partiti che riusciranno a ottenere il 7% dei voti. E, sempre secondo le previsioni, soltanto i comunisti paiono per ora raggiungere questo obiettivo.
«Ormai non siamo più molto distanti da un regime a partito unico», commenta Thèrese Obrecht, durante vari anni corrispondente a Mosca per diversi media elvetici.
I fantasmi del KGB
Per spiegare la repressione nei confronti della società civile e dei partiti d’opposizione, peraltro tutt’altro che pericolosi per il governo attuale, Thérèse Obrecht evoca il ritorno delle vecchie paure del KGB, i servizi segreti dell’Unione sovietica, da cui proviene Vladimir Putin.
«Il potere russo teme una rivoluzione “arancione”, come quella avvenuta in Ucraina nel 2004. Per questo motivo, continua ad accusare le organizzazioni non governative (ONG) di essere finanziate da forze straniere», spiega Thérèse Obrecht. Dal canto suo, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ha rinunciato a inviare propri scrutatori in occasione delle elezioni legislative.
«I russi hanno posto talmente tanti ostacoli che gli osservatori hanno dovuto rinunciare alla loro missione: ciò indebolisce assai la qualità del nostro lavoro», si rammarica il deputato zurighese Andres Gross, partito venerdì alla volta di Ekaterinburg. In Siberia sorveglierà lo scrutinio per conto del Consiglio d’Europa.
Un attore sempre più importante
Di fronte a questa situazione, i paesi occidentali hanno globalmente mantenuto un basso profilo. Soltanto gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno espresso la loro disapprovazione.
«Se non si può contribuire a cambiare la situazione è forse meglio tacere, soprattutto se si intende proteggere degli interessi economici piuttosto che i diritti umani» commenta amaramente Andreas Gross.
Dal canto suo, il portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri Lars Knuchel sottolinea che lo scottante tema è stato affrontato durante la recente visita a Mosca della presidente della Confederazione Micheline Calmy-Rey.
Crescita in chiaroscuro
La Russia sta vivendo un periodo di forte crescita, stimolata dall’aumento del prezzo degli idrocarburi: il paese è infatti il terzo produttore e il secondo esportatore mondiale di petrolio.
«L’economia russa si trova di una fase di pieno sviluppo – i tassi di crescita sono impressionanti – e diversificazione, segnatamente nel settore dei prodotti di consumo. Lo testimonia il fatto che nel paese circa 600 aziende locali collaborano con entità svizzere», sottolinea Daniel Hunn, responsabile delle questioni economiche all’ambasciata svizzera di Mosca.
Dal canto suo, Thérèse Obrecht relativizza queste considerazioni positive: «i russi hanno voluto l’ordine, ma ciononostante la corruzione è molto presente anche sotto il regime di Putin. Inoltre, gli oligarchi preferiscono depositare parte dei loro capitali all’estero poiché non hanno fiducia nel sistema bancario locale».
La giornalista ricorda infine che il 30% dei 144 milioni di abitanti vive in situazione di povertà.
swissinfo
Nel 2006, secondo le statistiche russe, gli investimenti elvetici nel paese ammontavano a 2’047 milioni di dollari.
La Svizzera risulta pertanto essere l’ottavo investitore straniero in Russia. Le aziende elvetiche sono rappresentate, tra le altre, da ditte quali Nestlé, ABB, Holcim, Kronostar, Omya, Barry Callebaut, Liebherr e Schindler.
Nel 2006, la Svizzera ha venduto alla Russia merci per 2,2 miliardi di franchi, principalmente prodotti farmaceutici, macchinari, orologi e gioielli. La Russia ha esportato verso la Confederazione per 1,9 miliardi, in particolare materie prime e prodotti chimici.
Queste cifre non tengono conto di ulteriori 12 miliardi di esportazioni russe dirette in Svizzera: si tratta essenzialmente di oro. Dal 1981, l’Amministrazione federale delle dogane fornisce infatti soltanto la cifra globale (nel 2006: importate 1’500 tonnellate per 30 miliardi di franchi).
Gli acquirenti elvetici trasformano l’oro in lingotti e lo rivendono, con un guadagno che nel 2006 ammontava a circa 6’000 franchi per chilo.
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