La Svizzera si scolla l’etichetta di paradiso fiscale
Dopo i senatori, i deputati hanno accettato giovedì dieci nuove convenzioni di doppia imposizione che rispettano i criteri dell'OCSE. Un passo necessario affinché la Svizzera non sia più considerata un paradiso fiscale.
Queste convenzioni di doppia imposizione (CDI) non sono una novità. Già da tempo la Svizzera ne ha sottoscritte diverse decine. Tali trattati servono principalmente affinché delle aziende o dei privati cittadini stabiliti nei due paesi non siano sottoposti a una doppia tassazione.
La novità risiede nel fatto che la Svizzera ha negoziato delle nuove CDI o ha adattato quelle già esistenti integrandovi l’articolo 26 del Modello di convenzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Questa norma prevede che i paesi firmatari concedano l’assistenza amministrativa in materia fiscale. In altre parole, i due Stati devono collaborare per lottare contro l’evasione.
Il risultato di questa nuova disposizione è che la Svizzera non potrà più limitarsi a concedere assistenza amministrativa solo per i casi di frode fiscale (che implicano una falsificazione di documenti), ma dovrà farlo anche in caso di evasione fiscale (semplice omissione di dichiarare dei soldi al fisco). A livello internazionale, la Svizzera era del resto l’unico paese a fare questa «sottile» distinzione tra frode ed evasione fiscale.
«Lista grigia»
Malgrado la norma costituisca una nuova breccia nel muro del segreto bancario, il governo ha deciso di riprenderla nel marzo del 2009, piegandosi di fronte all’ormai insostenibile pressione internazionale.
Diversi paesi, tra cui la Francia e la Germania, rimproveravano alla Svizzera di favorire l’evasione fiscale, che andava a rimpinguare le casseforti elvetiche. Una situazione intollerabile in un momento in cui molti Stati mancavano di liquidità a causa della crisi finanziaria mondiale. Le tensioni sono giunte al culmine nell’aprile 2009, quando, su pressione del G20, l’OCSE ha inserito la Svizzera nella cosiddetta «lista grigia» dei paradisi fiscali.
Per essere cancellata da questa lista, la Svizzera ha quindi dovuto sottoscrivere 12 CDI comprendenti la norma dell’articolo 26, un obiettivo raggiunto nel settembre 2009. Lo scambio di informazioni secondo i parametri dell’OCSE diventerà operante al momento dell’entrata in vigore delle nuove CDI.
Maggioranza chiara
Finora, la Svizzera ha negoziato delle nuove CDI con più di 20 Stati. Il parlamento ha accettato un primo pacchetto comprendente dieci convenzioni. Alla Camera alta (Consiglio degli Stati) il «sì» è stato pressoché unanime. Alla Camera bassa (Consiglio nazionale) le uniche opposizioni sono venute dai ranghi dell’Unione democratica di centro (UDC, destra nazional-conservatrice).
Questo partito teme che la collaborazione amministrativa sia solo un primo passo. «Come Stato sovrano, non dovremmo lasciarci dettare simili esigenze, altrimenti ne seguiranno altre che indeboliranno la piazza economica e finanziaria svizzera», ha spiegato il deputato dell’UDC Hansjürg Walter. Per il partito, questo prossimo passo potrebbe essere lo scambio automatico d’informazioni, ciò che significherebbe la fine definitiva del segreto bancario.
L’argomento non ha convinto gli altri partiti. Le domande d’assistenza amministrativa devono riguardare una banca precisa e i sospetti devono essere fondati, ha spiegato il deputato e presidente del Partito popolare democratico Christophe Darbelley. «Le convenzioni di doppia imposizione escludono le famose ‘fishing expedition’, la pesca a strascico generalizzata alla ricerca di prove senza essere in possesso di indizi», ha aggiunto.
La Camera bassa ha quindi accettato le dieci nuove convenzioni con una chiara maggioranza, grazie ai voti del centro-destra, il cui obiettivo era di allontanare definitivamente lo spettro della «lista grigia», e della sinistra. Verdi e socialisti avrebbero voluto regole ancora più severe, ma hanno comunque votato «sì», ritenendolo un passo nella giusta direzione.
Un’incognita pesa però ancora sulle CDI: la destra conservatrice potrebbe infatti far appello al verdetto popolare. Ogni nuova convenzione sottostà infatti al referendum facoltativo.
Olivier Pauchard, swissinfo.ch
(traduzione di Daniele Mariani)
Le due Camere del parlamento hanno accettato dieci convenzioni di doppia imposizione che rispettano i criteri dell’OCSE.
Le nuove regole si applicheranno con Francia, Gran Bretagna, Messico, Danimarca, Stati Uniti, Austria, Norvegia, Finlandia, Lussemburgo e Qatar.
Tutte le convenzioni accettate dal parlamento sono sottoposte al referendum facoltativo.
I parlamentari delle due Camere hanno espresso il desiderio che non venga concessa assistenza amministrativa nel caso in cui la richiesta si basa su dati rubati.
Per ora non è stata presa nessuna decisione. Questi casi saranno regolamentati in un secondo tempo, quando verrà preparata la legge di applicazione delle nuove CDI.
Proprio mercoledì, il ministero delle finanze tedesco ha confermato di aver acquistato in Svizzera un cd-rom contenente i dati di presunti evasori fiscali. In Italia, le autorità fiscali stanno pure analizzando i dati trasmessi dalla Francia e contenuti in un altro cd-rom, fornito da un ex dipendente di una filiale svizzera della banca HSBC.
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