La Svizzera tra rivoluzione e tradizione
L'Atto di mediazione è l'espressione di esperienze interne e dettati esterni. Una lettura e un bilancio con gli occhi di oggi.
Incontro con Denis Tappy, professore di diritto all’Università di Losanna.
Ricordate il giuramento dei tre Svizzeri sul Rütli…il 1° agosto 1291, data della fondazione della Confederazione? La Svizzera, un paese costruito sulle nozioni d’indipendenza e di democrazia? Tutti stereotipi che il XIX secolo, in cerca d’identità nazionale, ha ampiamente contribuito a rinforzare.
Dal XVI secolo al 1798, la Confederazione elvetica, quei tredici Stati dominati da nobili e notabili, è un conglomerato con dei paesi sudditi e alleati. Allora la nozione di democrazia è ancora molto lontana dalla nostra.
L’uguaglianza e la libertà, secondo un’accezione moderna, sono arrivate con il regime della Repubblica Elvetica. Un cambiamento imposto dalla Francia nel 1798 con la forza delle armi. Ma questa fase ha lasciato dei brutti ricordi in Svizzera, come conferma il prof. Denis Tappy:
«La letteratura storica, in particolare del Diciannovesimo secolo, è stata molto dura nei confronti di questo periodo, percepito come una parentesi caratterizzata da disordini militari e dall’assenza di indipendenza nazionale. Ciò in rapporto ad un passato del quale si ingigantiscono l’indipendenza e le strutture cantonali democratiche».
L’Esperienza repubblicana
Eppure l’intervento francese del 1798 è stato sostenuto da alcuni cittadini svizzeri. Fra questi c’erano il basilese Peter Ochs e il vodese Frédéric-César Laharpe. Il loro scopo? Nel momento in cui la Rivoluzione aveva trionfato in Francia, volevano abolire un sistema atavico in cui le città opprimevano le campagne (come a Basilea), e in cui un cantone poteva assoggettare una regione (Berna con Vaud).
La Repubblica elvetica, costruita sul modello francese, con un potere centrale forte e dei cantoni relegati ad esecutori, in semplice unione amministrativa, va in questo senso. «Nei suoi presupposti – commenta Denis Tappy – vi è un certo numero di libertà nuove: sono citate per la prima volta le libertà di coscienza, d’opinione, di culto, di stampa. E naturalmente la soppressione dello statuto di suddito».
E aggiunge: «Il 1798 è percepito, in ogni caso dagli ex cantoni sudditi, come la nascita della libertà». Eppure il periodo prima della Mediazione è anche ritenuto un periodo di occupazione militare, l’apice dello sfruttamento strategico del territorio da parte francese, come dimostra lo smembramento del Vallese per gli interessi sul Sempione. L’Elvetica è segnata infine dalla guerra civile fra i nuovi partiti, le correnti federaliste e unitarie.
La lotta tra conservatori e giacobini
«I ‘federalisti’ erano coloro che volevano rompere con l’idea di un governo centrale forte, e ritornare – nel caso dei più estremisti – alla Confederazione antica, compreso il ritorno di paesi sudditi sotto la dominazione dei loro antichi padroni. Per i più moderati si trattava di ritornare ad una forma rinnovata della Confederazione antica, in cui ci fosse posto per i nuovi cantoni», spiega Dennis Tappy.
«Gli ‘unitari’ erano i partigiani della Repubblica Elvetica, anche se con sensibilità diverse al loro interno. Alcuni auspicavano più potere per i cantoni, una forma di federalismo molto vicina a quella che conosciamo oggi. E poi vi erano gli estremisti, che volevano l’abolizione dei diritti feudali, che avrebbero disturbato l’ordine pubblico dal 1802».
Federalisti e unitari, due correnti antagoniste che incarnavano due visioni opposte della struttura statale, ma anche due sensibilità diverse nei confronti delle «idee nuove», quelle della Rivoluzione.
Significativo esempio del caos dell’epoca: in quattro anni, nella Repubblica elvetica si sono susseguite cinque costituzioni senza riuscire ad evitare l’esplodere della guerra civile. Nel 1802, «vi è una linea di fronte che passava pressappoco tra Friburgo e il lago di Morat. Alla fine al governo unitario ubbidivano solamente il Canton Vaud e una parte del Ticino», ricorda Denis Tappy.
Di fronte al caos, le due parti avevano almeno un punto in comune: entrambe auspicavano l’intervento della Francia per riportare la pace. I federalisti dall’inizio dell’insurrezione, e gli unitari a partire dal momento in cui videro trionfare i federalisti.
Un’eredità cantonale
L’Atto di mediazione sarebbe dunque un abile compromesso tra federalismo e centralità? Niente affatto! A proposito di potere centrale si tratta di una restaurazione quasi totale dell’autorità decentrata. Unica autorità centrale rimase la Dieta, con qualche piccolo ritocco.
Di conseguenza, un potere centrale molto debole. L’Atto di mediazione non è dunque all’origine del nostro attuale Stato federativo: «Se la continuità statale che rimonta al 1803 è molto netta, si tratta di una continuità all’interno di ciascun cantone. I cantoni non hanno più conosciuto rotture istituzionali a partire dal 1803», sottolinea Denis Tappy.
Il gusto della libertà e dell’uguaglianza
Se l’Atto di mediazione rappresenta un ritorno all’indietro per quanto riguarda il centralismo del potere, rende definitiva una parte delle libertà acquisite durante la Repubblica Elvetica.
Il sistema precedente era caratterizzato da «un sistema di tredici cantoni a statuto molto differente, con l’aggiunta dei paesi sudditi, legati da reti d’alleanze variabili e complicate, che si chiamava all’epoca il ‘corpo elvetico’», ricorda Denis Tappy.
L’Atto di mediazione garantì che non vi fossero più in Svizzera né paesi soggetti, né privilegi di rango o di famiglia, «secondo una formula che è poi entrata nelle successive costituzioni federali e si trovava ancora in quella abrogata il 1° gennaio 2000».
Ed è la conferma dell’abolizione degli statuti di disuguaglianza che ha permesso a sei regioni di accedere allo status di Cantoni: Vaud, Argovia, Turgovia, Ticino, San Gallo e i Grigioni, che devono la loro esistenza costituzionale all’Atto di Mediazione.
Più in generale, si può constatare che la maggior parte delle frontiere cantonali si sono fissate in quell’epoca. «L’Atto di mediazione è decisivo per la struttura territoriale della Svizzera e per il suo federalismo. È stato semplicemente completato nel 1815 dall’entrata nella Confederazione di tre cantoni, il Vallese, Ginevra e Neuchâtel», spiega Denis Tappy.
Il dopo Mediazione
L’abrogazione dell’Atto di mediazione, alla fine del 1813, comporterà una sorta di vuoto istituzionale. Certi cantoni tenteranno persino una restaurazione integrale. Così a Berna un proclama domanderà ai «fedeli soggetti di Vaud e d’Argovia» di ritornare all’obbedienza che non avrebbero mai dovuto abbandonare! Si sfiorerà la guerra civile.
Paradossalmente sarà l’intervento delle grandi potenze, vincitrici su Napoleone, ad imporre il rispetto dei 19 cantoni, frutto dell’Atto di Mediazione. In un contesto da Ancien Régime, ma senza più paesi sudditi.
Dopo essere stata così legata alla Francia, ci si può stupire che al Congresso di Vienna, nel 1815, la Svizzera non sia stata smembrata e assegnata alle diverse potenze.
Per Dennis Tappy, la spiegazione è duplice. Intanto «sarebbe stato contrario allo spirito stesso del Congresso di Vienna, che pretendeva, anche se non fu realizzato che in parte, di operare una restaurazione degli Stati che erano stati travolti durante l’epoca napoleonica».
In seguito: «Vi è stato l’interesse delle potenze per il mantenimento della neutralità elvetica, che in quel momento viene proclamata come un diritto, ma anche come un dovere della Svizzera».
swissinfo, Bernard Lechot
(traduzione: Raffaella Rossello)
Denis Tappy insegna storia del diritto e diritto di procedura civile a Losanna. Recentemente ha partecipato al volume collettivo intitolato “Vaud sotto l’Atto di Mediazione, 1803-1813, la nascita di uno Stato confederato”.
1798: La Francia del Direttorio annette Ginevra e invade la Confederazione. Solo il Canton Berna resiste, nella battaglia di Grauholz il 5 marzo 1798.
Lo stesso anno Parigi trasforma la Confederazione in uno Stato centralizzato, «La Repubblica elvetica, una ed indivisibile».
1799: gli eserciti europei si disputano le trasversali alpine. Battaglia di Zurigo.
30 settembre 1802: Bonaparte annuncia che giocherà il ruolo di «Mediatore» negli affari della Confederazione svizzera.
Dicembre 1802: “La Consulta elvetica” si rende a Parigi per realizzare una nuova costituzione.
19 febbraio 1803: firma dell’Atto di Mediazione.
20 dicembre 1813: la Confederazione lascia che le truppe prussiane, austriache e russe attraversino il Reno a Basilea.
29 dicembre 1813: un’ «intesa» tra i cantoni antichi mette fine al regime della Mediazione.
9 giugno 1815: firma dell’atto finale del Congresso di Vienna.
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