“La via bilaterale tra Berna e Bruxelles è un vicolo cieco”
L'accordo tra la Svizzera e l'Unione Europea è fatto su misura per la Confederazione, secondo gli ospiti del nostro dibattito Let's Talk. Ma per Gilbert Casasus, professore emerito di Studi europei, e il politologo Pascal Sciarini, la via bilaterale non è una soluzione a lungo termine.
Dopo un decennio di negoziati tumultuosi, la Svizzera e l’Unione Europea (UE) hanno finalmente trovato un terreno comune per stabilizzare le loro relazioni bilaterali.
Il 20 dicembre, a Berna, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha salutato un “accordo storico”. Da parte svizzera, il ministro degli Esteri Ignazio Cassis è stato più riservato, affermando che “la delegazione svizzera ha raggiunto gli obiettivi prefissati”.
Nel nostro dibattito filmato Let’s Talk, Gilbert Casasus, professore emerito di Studi europei all’Università di Friburgo, ritiene che il termine “storico” debba essere usato con cautela e non si applichi al 20 dicembre 2024. “La mancanza di entusiasmo dimostra che abbiamo raggiunto un accordo abbastanza positivo dopo negoziati difficili, ma che questo non provoca una gioia sfrenata”, afferma.
>> Il nostro articolo che spiega i nuovi accordi:

Altri sviluppi
Una panoramica sugli accordi bilaterali tra Svizzera e UE
“Un errore politico”
Il politologo Pascal Sciarini ritiene che il nuovo pacchetto di accordi non sia una rivoluzione. “Ci sono stati dei progressi, ma non sono fondamentalmente diversi dall’accordo quadro”, ha dichiarato a Let’s Talk. Quest’ultimo è stato seppellito nel 2021, quando il Consiglio federale ha posto fine unilateralmente ai negoziati.
Per Gilbert Casasus, l’accordo quadro avrebbe rappresentato una nuova tappa nel riavvicinamento tra Svizzera e UE. “Oggi, con accordi settoriali separati, stiamo semplicemente seguendo la logica del percorso bilaterale intrapreso all’inizio del secolo. Possiamo quindi dire che la Svizzera ha vinto nel 2024 evitando di entrare in questa ulteriore fase”, afferma.
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La presidente della Confederazione svizzera, Karin Keller-Sutter, ha recentemente suscitato polemiche definendo, in un’intervista al quotidiano Le Temps, “liberale, in un certo senso molto svizzero” il discorso antieuropeo pronunciato dal vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco.
Questa dichiarazione, che contrasta con le reazioni indignate di altri leader europei, è “un errore politico” agli occhi di Gilbert Casasus. “Non è un buon segno per le relazioni tra la Svizzera e l’Unione Europea”, afferma l’esperto d’integrazione europea.
Pascal Sciarini è d’accordo. “Nell’attuale contesto di tendenze autoritarie, i commenti di Karin Keller-Sutter sono difficili da capire”, commenta. A suo avviso, in futuro la Confederazione dovrà scegliere da che parte stare. “L’Europa non è solo il principale partner commerciale della Svizzera, ma anche il gruppo con cui condividiamo valori politici e democratici”, sottolinea.
“Donald Trump sta abbandonando l’Europa”
Pur sottolineando l’importanza di nuovi accordi tra Berna e Bruxelles, i due esperti mettono in discussione l’attuale approccio bilaterale della Confederazione. “È un vicolo cieco a lungo termine”, afferma Gilbert Casasus. Egli invita a ripensare i modelli in un momento in cui è in corso una trasformazione fondamentale della politica mondiale. “Donald Trump sta abbandonando l’Europa, ma gli europei non hanno ancora colto appieno questo cambiamento di paradigma”, avverte.
Pascal Sciarini usa anche il termine “stallo”. Sottolinea che la via bilaterale è stata accettata da Bruxelles in un momento in cui la Confederazione aveva presentato domanda di adesione. “Per l’UE si trattava di una via transitoria per dare alla Svizzera il tempo di aderire all’Unione”, sottolinea.
Relazioni stabili tra Berna e Bruxelles sono particolarmente importanti per i circa 520’000 svizzere e svizzeri all’estero che vivono nei Paesi europei. Un fallimento degli accordi “avrà conseguenze per queste persone”, avverte Sciarini. “La libera circolazione potrebbe essere messa in discussione, così come alcuni regimi pensionistici e il riconoscimento dei diplomi”.
“Abbiamo completato una tappa di media montagna”
La protezione dei salari è uno dei principali ostacoli che potrebbero far deragliare il pacchetto di accordi. Inizialmente i sindacati la ritenevano inadeguata, ma ora le parti sociali e i Cantoni hanno raggiunto un accordo sulle misure da adottare.
“Ma la questione non è chiusa. Abbiamo completato una tappa di media montagna, ma ci sono ancora altre tappe alpine da percorrere”, afferma Gilbert Casasus. Ritiene che la protezione dei salari sia essenziale, poiché questo punto potrebbe far deragliare il progetto. “La politica sociale è sempre stata il tallone d’Achille della politica europea e potrebbe essere anche quello del Bilaterale III”, afferma.
Pascal Sciarini sottolinea che senza il sostegno dei sindacati, una votazione popolare sul pacchetto di accordi è destinata a fallire. “Dovremo riuscire a formare un’alleanza che comprenda la sinistra, i sindacati, la destra liberale e la comunità imprenditoriale, come è avvenuto durante le votazioni sugli Accordi bilaterali I e II”, spiega.
L’altra principale opposizione proviene dalla destra conservatrice. L’Unione democratica di centro (UDC) ha infatti già denunciato quello che definisce “un trattato di sottomissione”, sostenendo che ratificarlo equivarrebbe ad abbandonare la democrazia diretta della Svizzera.
Pascal Sciarini ritiene che questa argomentazione possa colpire l’elettorato, ma insiste sulla sua infondatezza. “Non vedo come la nostra democrazia diretta possa essere minata. Al contrario, se ha un problema con una direttiva europea, la Svizzera può avere una propria legislazione”, afferma il politologo.
“L’intero Consiglio federale deve sostenere il progetto”
Il futuro di questi accordi è ora in bilico in Svizzera, poiché il Consiglio federale dovrà convincere il Parlamento e il popolo. Secondo Pascal Sciarini, una votazione popolare non avrà luogo prima del 2028. “Gli accordi finali saranno pubblicati in primavera. Poi il Consiglio federale pubblicherà il suo messaggio e il dossier sarà presentato al Parlamento. Non saremo pronti a chiedere al popolo di votare nel 2026, e non vogliamo farlo nel 2027 per non disturbare le elezioni federali”, spiega.
Per Gilbert Casasus, la ratifica svizzera tramite referendum è una spada di Damocle che pende sul destino degli accordi. “L’esito del voto dipenderà da chi siederà in Consiglio federale in quel momento, ma anche dalla tempistica del voto, se sarà a maggioranza semplice o doppia e in quale contesto internazionale e nazionale”, sottolinea.
La ministra delle Finanze Karin Keller-Sutter ha già dichiarato alla stampa che il Consiglio federale non farà campagna a favore degli accordi tra Berna e Bruxelles, ma si limiterà a presentare i vantaggi e gli svantaggi. Secondo Pascal Sciarini, questa non è la strategia giusta. “Se vogliamo avere una possibilità di vincere questa votazione, l’intero Consiglio federale deve sostenere il progetto che ha voluto”, afferma.
Il politologo ritiene che il ruolo del Governo, della sua leadership e della sua credibilità siano decisivi. “I nostri studi dimostrano che, tra coloro che sono esitanti, quelli che hanno fiducia nel Governo sono pronti a sostenere i bilaterali”, afferma il politologo.
Testo riletto e verificato da Pauline Turuban
Traduzione di Marija Milanovic
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