Lo scudo italiano cerca capitali in Svizzera
Comunque vada, gli svizzeri ci perdono. E' quanto emerso nel corso di un pomeriggio di studio dedicato al terzo scudo presentato dal Ministero del Tesoro italiano. Le conseguenze sulla piazza finanziaria ticinese saranno inevitabili.
Nel presentare il terzo scudo fiscale, il ministro italiano delle finanze Giulio Tremonti ha dichiarato che “Il vero beneficio è chiudere la caverna di Alì Babà. È inutile fare la lotta all’evasione se non si chiudono i paradisi fiscali”. Il testo finale sarà noto entro il 7 agosto.
E’ ancora troppo presto per stabilire in che termini qualitativi e quantitativi lo scudo fiscale inciderà sulla piazza finanziaria ticinese, dove aleggia una comprensibile preoccupazione.
Il presidente dell’Associazione bancaria ticinese Claudio Generali, interpellato subito dopo la presentazione del testo, preferisce per ora rimanere cauto: se il terzo scudo fiscale era ormai dato per scontato da tempo, è prematuro pronunciarsi sulle conseguenze.
A perderci saranno gli svizzeri
Ma per Andrea Manzitti – avvocato, professore a contratto di Diritto tributario all’Università Bocconi di Milano – comunque vada, gli svizzeri ci perdono. Al pomeriggio di studio “Lo scudo cerca capitali in Svizzera” organizzato giovedì scorso vicino a Lugano dal Centro competenze tributarie della SUPSI (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana), l’avvocato è stato molto chiaro.
Lo scudo, in effetti, prende particolarmente di mira la Svizzera. Chi detiene capitali non dichiarati in un Paese dell’Unione europea (UE) o dello Spazio economico europeo (SEE, da cui è esclusa la Svizzera ) potrà regolarizzare le violazioni mantenendo i capitali all’estero. Gli italiani con soldi non dichiarati in Svizzera dovranno invece rimpatriarli in Italia, Svizzera dunque esclusa dallo “scudo senza rimpatrio” e porta chiusa alla “regolarizzazione” in loco.
Alla sala stracolma di persone attive nel settore bancario e parabancario, Manzitti – che è stato anche consulente giuridico del ministro Giulio Tremonti – ha detto: “L’agenzia delle entrate italiana farà di tutto per aumentare il successo di questo terzo scudo. Occorre però tenere presente che in Italia le agevolazioni sono come sempre seguite da un giro di vite. Per cui chi intende aderire allo scudo deve farlo bene, per non correre il rischio di sanzioni retroattive”.
Orizzonte non molto sereno
Si ritiene che nei forzieri elvetici siano custoditi centinaia di miliardi che appartengono a residenti in Italia. “Il Ticino – ricorda a swissinfo il professor Marco Bernasconi, esperto in questioni fiscali e tributarie – potrebbe subire le conseguenze più gravi poiché è il porto naturale dove vengono collocati, da diversi decenni, i capitali che dall’Italia hanno preso la strada per l’estero”.
“Del resto la preoccupazione di un deflusso verso l’Italia – precisa Bernasconi – sembra essere dimostrata dal fatto che qualche istituto bancario svizzero stia attivando dei segmenti strutturali in Italia per raccogliere i capitali che stanno per rientrare”. Anche l’inasprimento delle sanzioni – che sono state raddoppiate portando la multa sino a quattro volte l’imposta sottratta – potrebbe incidere: oggi nessuno può dire quale sarà l’atteggiamento del contribuente italiano con capitali neri in Svizzera.
Se, oltre alle sanzioni più severe, ci si avvia verso la probabile estensione dello scambio di informazioni tra Svizzera e Italia nel quadro dei negoziati relativi alle Convenzioni sulla doppia imposizione, “il fenomeno del rientro dei capitali potrebbe favorire un importante deflusso di denaro dalle banche svizzere, e soprattutto ticinesi, verso l’Italia”.
Uno scudo molto insidioso
Per Marco Bernasconi, insomma, ci sono seri motivi per essere preoccupati. E lo afferma con il suo classico aplomb e un’aria un po’ sorniona. Lo scambio di informazioni che il Consiglio federale ha deciso di estendere a livello internazionale, pesa molto sul nuovo corso dei rapporti fiscali.
“Significa infatti che alle comunità internazionali si daranno informazioni fiscali – spiega il professore – non soltanto in caso di frode, ma anche in caso di sottrazione semplice e anche se il fisco straniero ha bisogno di informazioni per accertare redditi e capitali dei propri contribuenti. E’ vero che questo scambio di informazioni avverrà caso per caso, ma comunque chi risiede in Italia, Germania o Stati Uniti, sa che le cose sono cambiate e che il fisco del proprio paese può accedere, al compimento degli accordi bilaterali, informazioni che prima non poteva nemmeno sognare di avere”.
Diversamente dai primi due scudi fiscali, la nuova norma precisa che il contribuente italiano può fare capo allo scudo a condizioni di rimpatriare i soldi in Italia. In parole povere significa portare via i soldi dalla Svizzera, dal momento che la norma si applica solo al nostro Paese.
“Sappiamo che vi sono banche svizzere con filiali in Italia, per cui la perdita per queste banche a livello di gruppo non è totale. Ma per i comuni dove queste banche hanno sede, per lo Stato del cantone Ticino e per la Confederazione significa perdere il gettito di imposta”.
Marco Bernasconi non le manda a dire: le conseguenze per la piazza finanziare ticinese si annunciano piuttosto serie. “L’unica speranza riguarda la situazione interna italiana. Chi risiede in Italia e deve decidere di riportare i propri capitali in patria, valuterà sicuramente la situazione politica a livello di maggioranze e di opposizioni, a livello sociale, a livello economico e di debito pubblico. Le riserve potrebbero essere anche consistenti”.
“Amnistia fiscale: è giunto il momento”
In un clima di sicura incertezza, Marco Bernasconi torna a perorare la causa dell’amnistia fiscale: “Sono nemico di scudi, scudetti, condoni tombali o parziali, che vengono portati avanti in termini ricorrenti. In Svizzera l’ultima amnistia fiscale risale a quarant’ anni fa”.
E’ dunque giunto il momento? “Certo. L’amnistia è una misura che può essere presa in momenti particolari. E quello che stiamo attraversando è un momento particolare. Perché le finanze di comuni, cantoni e Confederazione hanno bisogno di ossigeno. Perché la nostra economia ha bisogno di capitali che oggi sono custoditi nelle banche del Lussemburgo o di Monte Carlo. L’amnistia sarebbe di aiuto soprattutto al Ticino. La classe politica saprà cogliere questa opportunità? Ne dubito”.
Per respingere gli attacchi, proteggere dalla crisi e dai postumi della bufera dei mercati finanziari internazionali, lo scudo di Helvetia non sarà più sufficiente. E comunque, per la Svizzera, non potrà più essere l’unica arma.
Françoise Gehring, Lugano, swissinfo.ch
Ecco i punti principali del terzo scudo fiscale presentato dal Ministero del tesorto italiano, che dovrà ancora passare dal vaglio del Parlamento e dell’Unione europea.
Aliquota del 5%: applicazione sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute almeno al 31 dicembre 2008 o rimpatriate e regolarizzate a partire dal 15 settembre 2009 e fino al 15 aprile 2010.
Anonimato: rimpatrio e regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell’imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente.
Confisca e sanzioni: aumento delle sanzioni per l’omessa dichiarazione di detenzione di investimenti e attività all’estero: potrà variare dal 10 al 50%, (mentre ora varia dal 5 al 25%) ma viene eliminata la possibilità di confisca.
Intermediari: per coloro che desiderano fare capo allo scudo, è necessario avvalersi di un intermediario finanziario (banche, poste italiane, ecc.) alle quali si indicano i capitali detenuti all’estero sino al 31.12.2008.
Termini e scadenze: non è quindi possibile scudare i capitali trasferiti all’estero nel 2009. A carico del contribuente vi sarà un’aliquota unica del 5%. Il rimpatrio o la regolarizzazione dovrà essere effettuata tra il 15 ottobre 2009 e il 15 aprile 2010.
Permessi: chi detiene capitali non dichiarati in un Paese dell’Unione europea (UE) o dello Spazio economico europeo (SEE, da cui è esclusa la Svizzera ) potrà regolarizzare le violazioni mantenendo i capitali all’estero.
Restrizioni: gli italiani con soldi non dichiarati in Svizzera dovranno invece rimpatriarli in Italia, Svizzera dunque esclusa dallo “scudo senza rimpatrio” e porta chiusa alla “regolarizzazione” in loco.
In base alle stime dei maggiori quotidiani italiani, i denari neri che gli italiani hanno affidato ai forzieri esteri ammontano a 500 miliardi. 300 sarebbero in Svizzera (di cui 200 in Ticino), 80 in Lussemburgo e il restante in altri paesi.
Con il terzo scudo fiscale, le aspettative del Ministero delle Finanze italiano Giulio Tremonti sono di incassare 3-4 miliardi di euro e di far rientrare un centinaio di miliardi.
I due scudi precedenti, secondo una stima del quotidiano italiano Il Sole 24 ore, avrebbero consentito l’emersione di circa 77 miliardi di euro dei quali 31 regolarizzati in forma anonima, e 46 miliardi costituiti da capitali rimpatriati.
I capitali regolarizzati depositati in Svizzera, sempre secondo la medesima fonte, sono stati di 22 miliardi, mentre quelli rientrati in Italia dalla Svizzera ammontano a circa 26 miliardi.
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