“Madame la présidente”, amata e criticata
Seconda donna della storia elvetica ad assumere la carica di presidente della Confederazione, Micheline Calmy-Rey gode di ampia popolarità nell'opinione pubblica.
Le sue posizioni e la sua “diplomazia pubblica” suscitano invece parecchi mugugni all’interno del parlamento. Coraggiosa ed indipendente dicono gli uni. Cocciuta e egocentrica, ribattono gli altri.
A volte la storia offre spunti curiosi. Nel 1999 Ruth Dreifuss, socialista e ginevrina, aveva aperto una breccia diventando la prima donna ad accedere alla più alta carica politica dello Stato. Otto anni dopo, ecco un nuovo incarico presidenziale attribuito ad una donna. E guarda caso (oppure no) anche Micheline Calmy-Rey è socialista e ginevrina.
In un microcosmo politico federale ancora piuttosto “macho” (il gentil sesso è rappresentato da due ministre su sette e dal 25% dei parlamentari), il Partito socialista e la città di Calvino si apprestano dunque a festeggiare l’evento in pompa magna.
“Si tratta sicuramente di un avvenimento di cui rallegrarsi”, dice a swissinfo Liliane Maury-Pasquier, consigliera nazionale socialista. “Sono molto felice e spero che, nel suo anno presidenziale, Micheline Calmy-Rey porterà alto lo stendardo delle donne socialiste in politica e continuerà a difendere i colori di una Svizzera impegnata per la difesa dei diritti umani”.
Decisamente meno entusiasta la reazione di Luzi Stamm, consigliere nazionale dell’Unione democratica di centro (UDC) e presidente della Commissione degli affari esteri della Camera del popolo: “Felicito Calmy-Rey per il nuovo incarico. Ma, come gran parte degli esponenti del mio partito, condanno le sue scelte in materia di politica estera, caratterizzate da un attivismo e da alcune ‘sparate’ molto dannose per la Svizzera”.
Nuova diplomazia
Nel corso dei suoi cinque anni in governo, tutti trascorsi alla testa del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), Micheline Calmy-Rey ha rotto con gran parte delle tradizioni diplomatiche del passato, che professavano discrezione e parecchio silenzio sulla scena internazionale.
Subito dopo l’elezione nell’esecutivo federale, esige un incontro durante il Forum di Davos con l’allora segretario di Stato americano Colin Powell, il cui paese si prepara ad invadere l’Iraq. Di fronte al suo rifiuto per dei “negoziati dell’ultima ora”, convoca una conferenza umanitaria per tentare di attenuare le conseguenze della guerra.
Con il sostegno del suo Dipartimento, vedono la luce sia l’Iniziativa di Ginevra, progetto alternativo per portare la pace in Medio Oriente, che il nuovo Consiglio dei diritti umani dell’ONU. La ministra ipotizza pure l’inserimento della Svizzera nel Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Sviluppando un concetto di neutralità attiva, la Calmy-Rey cerca insomma d’incrementare la visibilità della Svizzera a livello internazionale. “E ci è riuscita realmente”, rileva Liliane Maury-Pasquier. “La Svizzera gode di vantaggi dovuti alla sua neutralità. Calmy-Rey li ha fatti valere nella ricerca di soluzioni durante le crisi internazionali “.
“Certo, ha dato visibilità alla Svizzera”, concorda Luzi Stamm. “Ma si è trattato di una visibilità negativa: il suo atteggiamento ha rafforzato l’idea che la Svizzera non sia più uno Stato neutrale”.
Altri sviluppi
Neutralità
Anno elettorale
Molto a suo agio nei contatti con i media e spesso sorridente (ma, a quanto si dice all’interno del DFAE, dura ed esigente nei confronti di collaboratori e dipendenti), la ministra si è attirata i favori di buona parte della popolazione e dei media.
Allo stesso tempo, alcune sue dichiarazioni hanno suscitato numerose critiche sia all’estero che in Svizzera, soprattutto provenienti dai partiti di destra.
Un suo discorso a favore di un “indipendenza formale” del Kosovo aveva ad esempio irritato non poco la Serbia. Durante il conflitto tra Israele e Hezbollah della scorsa estate, aveva poi condannato in modo ritenuto poco diplomatico lo “sproporzionato” uso della forza da parte dell’esercito con la stella di Davide.
Un rapporto di una Commissione parlamentare pubblicato lunedì ha inoltre messo in discussione le sue qualità di conduzione strategica in ambito di politica di aiuto allo sviluppo. “È possibile che abbia lasciato un po’ troppa indipendenza ai responsabili del settore, ma ciò non significa che non abbia lavorato bene. Anzi”, commenta Liliane Maury-Pasquier.
Da notare infine che l’anno presidenziale di Micheline Calmy-Rey coinciderà con le elezioni federali di ottobre 2007.
“Grazie al ruolo di presidente avrà più peso ed influenza. Potrebbe così garantire dei vantaggi elettorali al suo partito”, sostiene Luzi Stamm. “Probabilmente tenterà di essere ancora più attiva in materia di politica estera per profilarsi maggiormente in vista delle elezioni. E la cosa ci preoccupa non poco”.
swissinfo, Marzio Pescia e Marc-André Miserez
Micheline Calmy-Rey è nata a Chermignon, nel canton Vallese, l’8 luglio 1945. È sposata, madre di due figli e nonna di tre nipotini.
Nel 1968 ha ottenuto la licenza presso l’Istituto universitario di Alti studi internazionali di Ginevra. In seguito ha diretto per 20 anni un’azienda famigliare legata al commercio di libri.
Nel 1979 si è iscritta al Partito socialista ginevrino, che ha presieduto dal 1986 al 1990 e dal 1993 al 1997.
Nel 1981, è stata eletta nel parlamento cantonale di Ginevra, dove si è occupata prevalentemente di finanze pubbliche. Nel 1998 è entrata nel governo cantonale (Dipartimento delle finanze). In 4 anni riorganizza profondamente i suoi servizi e gestisce con successo la ristrutturazione della Banca cantonale ginevrina, sommersa da crediti a rischio.
Il 4 dicembre 2002 Micheline Calmy-Rey viene eletta in Consiglio federale, dove succede a Ruth Dreifuss. Assume la direzione del Dipartimento federale degli affari esteri, al quale imprime un nuovo stile di “diplomazia pubblica”, al servizio della pace, del diritto internazionale, dei diritti umani e della lotta contro la povertà.
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