Medio Oriente: si riaccendono le speranze
Per l'esperto di Medio Oriente Pascal de Crousaz, la morte di Arafat potrebbe rilanciare i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi.
Come spiega nell’intervista a swissinfo, la Svizzera potrebbe svolgere un ruolo nella ricostruzione dello stato palestinese.
swissinfo: Il governo israeliano ha spesso ripetuto, riferendosi specialmente a Yasser Arafat, che non c’erano interlocutori credibili con i quali negoziare la pace. Un argomento che ora viene a mancare.
Pascal de Crousaz: Per il primo ministro israeliano Sharon, la tesi secondo cui Arafat era l’ostacolo a ogni progresso nel processo di pace poteva essere un pretesto per non negoziare. E questo per poter reprimere l’Intifada e rafforzare la colonizzazione dei territori più importanti per il governo di Israele, vale a dire la Cisgiordania.
Ora, la scomparsa del leader palestinese annulla questo argomento. E i dirigenti israeliani sono già pronti a porre drastiche condizioni per la ripresa del dialogo con la nuova dirigenza palestinese. Cosa che non è di buon augurio.
Ma in seno al Likud, il partito di Sharon, si sta delineando una corrente pragmatica, con un ministro come Ehud Olmert e forse anche lo stesso Sharon. Inoltre, sembrerebbe che alcuni ufficiali dell’esercito israeliano, stanchi di questa guerra d’usura nei territori occupati, spingano il governo alla ripresa dei negoziati.
Se lo stato ebreo si vedesse riconosciute le prerogative cui tiene maggiormente, come quella di conservare certi blocchi di colonie in Cisgiordania, potrebbe mostrarsi più flessibile su altri aspetti.
Ma questa eventuale apertura dipende fortemente dalle pressioni esercitate dai garanti della «Road Map», che sono l’ONU, gli Stati Uniti, l’Unione europea e la Russia. Pressioni che dovrebbero inoltre spingere Israele a non complicare eccessivamente il compito dei nuovi dirigenti palestinesi, riprendendo le operazioni militari nei campi di rifugiati o eliminando i capi palestinesi radicali.
swissinfo: E in campo palestinese, quale tendenza si sta profilando?
P.d.C.: Si sta installando una direzione collegiale, costituita da persone che sono nel contempo puntigliose sui diritti del popolo palestinese, ma anche pragmatiche e dotate di una lunga esperienza negoziale.
Finora, questa direzione collegiale non ha fatto errori, come ha riconosciuto anche il segretario di stato americano Powell. Certo, le spettano ancora enormi compiti, come la riforma delle istituzioni palestinesi o la spartizione del potere.
Ma può approfittare di un momento di grazia da parte delle fazioni palestinesi, consapevoli che una lotta fratricida equivarrebbe a un suicidio della causa palestinese.
Perché questa direzione collegiale possa continuare ad operare e vedersi magari legittimata dagli elettori, bisogna assolutamente che riesca a migliorare in fretta le drammatiche condizioni di vita dei Palestinesi. E bisogna pure che riesca a riaccendere le speranze dell’aspirazione nazionale palestinese.
Per questo, avrà bisogno di un massiccio sostegno della comunità internazionale.
swissinfo: I garanti della «Road Map» hanno già fatto qualcosa per rilanciare il processo di pace?
P.d.C.: C’è già tutta una serie di segni positivi. La scorsa settimana c’è stata una riunione a Washington e questa settimana il primo ministro britannico si è recato nella capitale americana. In tutta evidenza, Blair spinge la nuova amministrazione americana a risolvere il conflitto arabo-israeliano, il dossier che ha qualificato di più urgente.
Ora, la Gran Bretagna gode di molto credito a Washington quale alleato irriducibile, e in cambio offre il suo sostegno alle operazioni in Afghanistan e in Iraq, oltre ad appoggiare in Europa le elezioni irachene e gli sforzi europei per la soluzione della crisi irachena.
E sembra che Washington sia molto ricettiva sotto questi aspetti.
swissinfo: Questa nuova dinamica potrà rilanciare anche l’iniziativa di Ginevra, il prototipo di accordo di pace sostenuto dalla Svizzera?
P.d.C.: In effetti, la «Road Map» formula una serie di tappe per giungere a una pace definitiva, e l’iniziativa di Ginevra si inserisce perfettamente in questo processo, poiché traccia il contenuto di questa pace definitiva.
Ma il documento non sarà ripreso tale quale, perché non piace al governo di Sharon. Tuttavia, le idee che contiene – creative, originali e ragionevoli – appariranno certamente nei negoziati per lo statuto finale dello stato palestinese.
swissinfo: Fin dalla conferenza di Madrid agli inizi degli anni 90, la Svizzera si è vista affidare gli aspetti umanitari del conflitto arabo-israeliano. Un ruolo che potrebbe essere riattivato?
P.d.C.: Si assisterà probabilmente a un’inversione dell’ordine delle priorità. L’impasse politica prevalsa questi ultimi anni ha favorito le iniziative di tipo umanitario, per cercare di alleviare le conseguenze umane del conflitto.
Ma oggi le opportunità di risolvere il cuore politico del conflitto fa passare in secondo piano le questioni umanitarie.
La Svizzera potrà però assumere un ruolo importante nell’enorme lavoro di ricostruzione dello stato palestinese, sia sul piano materiale che istituzionale o legislativo.
swissinfo, intervista di Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione dal francese: Fabio Mariani)
1988: il Consiglio nazionale palestinese proclama lo stato di Palestina e riconosce il principio di due stati, israeliano e arabo
1993: Yasser Arafat e Yitzhak Rabin firmano l’accordo di Oslo
2000: i negoziati tra Arafat ed Ehud Barak a Camp David falliscono e comincia la secondi Intifada
2003: firma dell’iniziativa di Ginevra
Pascal de Crousaz ha studiato storia del Medio Oriente all’università di Haïfa, in Israele.
È autore di una tesi intitolata: «La via verso Oslo: governanti, società civili e origini dell’inizio di risoluzione del conflitto arabo-israeliano, 1988-1993».
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