Micheline Calmy Rey difende la Svizzera a Bruxelles
La ministra degli affari esteri è lunedì a Bruxelles per sostenere la posizione elvetica nei negoziati, ormai ad un punto morto, sul secondo pacchetto di bilaterali.
Il Consiglio federale auspica una conclusione simultanea di tutti gli accordi e rifiuta di separare i dossier.
Il governo svizzero non intende fare ulteriori concessioni nell’ambito dei negoziati bilaterali tutt’ora in corso. Questo il messaggio che Micheline Calmy-Rey è incaricata di trasmettere all’Unione Europea (UE).
Nelle relazioni tra la Confederazione ed i Quindici, l’approccio bilaterale resta tuttavia prioritario. L’ha ricordato il governo elvetico al termine di una seduta straordinaria la scorsa settimana.
Una posizione chiara, ancor più rinforzata dalla decisione del Consiglio federale di non ritirare la sua domanda d’adesione all’UE, ma di non citarla nemmeno tra gli obiettivi della legislatura 2003-2007.
Il programma della consigliera federale prevede un incontro con Romano Prodi, presidente della Commissione europea, e con Chris Patten, commissario incaricato delle relazioni esterne.
Subito o più tardi?
Durante la sua seduta settimanale, il 28 gennaio scorso, il Consiglio federale ha ribadito di volere “un risultato equilibrato sull’insieme dei negoziati” ed “una conclusione simultanea di tutti gli accordi”.
Secondo il governo, le soluzioni dovranno tener conto degli “interessi legittimi della Svizzera”.
Al contrario, l’esecutivo europeo, favorevole alla separazione dei dossier, vorrebbe già concludere quegli accordi i cui negoziati sono terminati. Si tratta, ad esempio, dell’accordo sulla fiscalità del risparmio che Berna non ha tuttavia ancora firmato.
“Una rapida conclusione dell’accordo sulla fiscalità sarebbe nell’interesse della Svizzera”, sostiene la Commissione in un rapporto presentato il 12 gennaio agli Stati membri dell’UE.
Secondo l’UE, l’accordo “garantisce il segreto bancario ed offre considerevoli vantaggi finanziari alle imprese svizzere”.
Ma la Confederazione non ha fretta. Tanto più che intende utilizzare l’accordo sulla fiscalità per ottenere delle concessioni nell’ambito di Schengen (il trattato che regola la cooperazione tra le polizie e le autorità giudiziarie, al quale anche la Svizzera intende aderire).
Punto morto
I negoziati su Schengen e sulla lotta contro la frode sono in effetti ad un punto morto. La Svizzera richiede un’eccezione sull’assistenza giudiziaria (per salvare il proprio segreto bancario e l’accordo sulla fiscalità) ma Bruxelles non ci sta.
“L’UE offre alla Svizzera esattamente quello che chiedeva e cioè un modello simile a quelli conclusi con Norvegia e Svezia”, sostiene la Commissione, secondo la quale un’eccezione per la Svizzera costituirebbe un “pericoloso precedente”.
La richiesta elvetica di accordi “su misura” irrita Bruxelles. A grande maggioranza, gli Stati membri dell’UE condividono il punto di vista della Commissione. Solo la Germania sarebbe disposta a più flessibilità nei confronti di Berna.
Libera circolazione
Nell’agenda di lunedì pure dei colloqui riguardo all’estensione della libera circolazione delle persone ai 10 nuovi membri dell’Unione. Le discussioni attuali vertono sul periodo di transizione. Al proposito, la prossima seduta negoziale è in programma il 4 febbraio a Berna.
Un’ultima questione certamente evocata sarà la partecipazione finanziaria della Svizzera al Fondo di coesione europeo, nel quadro dell’allargamento dell’UE.
Berna non ha ancora risposto alla richiesta dei quindici: Bruxelles ritiene che il contributo elvetico dovrebbe essere paragonabile a quello norvegese (circa 335 milioni di franchi svizzeri all’anno).
swissinfo, Barbara Speziali, Bruxelles
(traduzione: swissinfo, Marzio Pescia)
Micheline Calmy-Rey, lunedì a Bruxelles, è incaricata di difendere la posizione svizzera nel dossier “bilaterali bis”.
I nuovi negoziati, che riguardano 10 nuovi accordi bilaterali, si erano aperti nel giugno del 2001. Il Consiglio federale auspica la conclusione simultanea di tutti i negoziati, mentre l’esecutivo europeo vorrebbe già mettere al sicuro quei dossier per i quali si è già trovato un accordo.
In causa, l’accordo sulla fiscalità dei risparmi, che Berna non ha ancora firmato. Le autorità elvetiche vorrebbero infatti scambiarlo con delle concessioni nell’ambito di Schengen, ottenendo un’eccezione sull’assistenza giudiziaria.
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