(Moderata) soddisfazione dopo Durban
La 17a Conferenza dell’ONU di Durban si è conclusa domenica con un risultato giudicato - soprattutto dai partecipanti - piuttosto positivo: in futuro tutti i paesi saranno obbligati a ridurre le proprie emissioni in base alle quantità di gas serra emesse e alle loro possibilità.
In base all’intesa raggiunta a Durban, i grandi emettitori di gas serra – quali Cina, Brasile, India e Sudafrica e Stati Uniti – sono disposti ad avviare un processo che si concluderà nel 2015 e sfocerà in un trattato sul clima giuridicamente vincolante.
In particolare, il testo in questione non prevede più una distinzione tra Stati industrializzati e Stati in via di sviluppo, come avvenuto finora, ma obbligherà tutti i paesi a ridurre le proprie emissioni in base alle quantità di gas emessi e alle proprie possibilità.
«Grazie a questo cambio di paradigma le trattative hanno fatto un grande passo avanti», ha dichiarato dal canto suo Bruno Oberle, direttore dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) e responsabile della delegazione svizzera.
Soddisfatta anche l’UE: stando alla commissaria europea Corinne Hedegaard, a Durban sono stati ottenuti risultati più ambiziosi del previsto, smentendo chi riteneva che ci si sarebbe limitati ad applicare quanto già deciso a Copenaghen e Cancun.
Passo dopo passo
L’adesione dei paesi emergenti e degli Stati Uniti è stata la condizione che ha spinto l’Unione europea, la Nuova Zelanda, l’Australia e la Svizzera a sostenere un secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto. Il trattato può quindi essere prorogato senza restrizioni a partire dal 2013.
Un risultato simile era atteso già nel 2009, alla Conferenza di Copenhagen; l’esito fu però diverso. Secondo l’UFAM, «grazie a un’accorta direzione dei lavori alla Conferenza di Cancún (in Messico) nel 2010 è stato possibile ristabilire la fiducia nei negoziati internazionali e gettare le basi per il successo di Durban».
Alla loro 17a Conferenza le 194 Parti alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici sono riuscite a trovare un accordo anche sulle modalità relative al Fondo verde per il clima (Green Climate Fund), adottato nel 2010. Questi fondi sono destinati a sostenere le misure di mitigazione e di adattamento previste dai paesi in via di sviluppo. Un aumento di tali fondi non era all’ordine del giorno a Durban.
Nel quadro della Convenzione sui cambiamenti climatici a Durban è stato pure istituito uno strumento per gestire le sfide a cui sarà confrontato il settore agricolo e definito il processo da seguire per ridurre la deforestazione, che contribuisce per quasi un quinto alle emissioni di gas serra.
La stampa non esulta
Il tenore dei pochi commenti della stampa svizzera è meno entusiasta: secondo la Neue Zürcher Zeitung, a Durban l’unico risultato davvero degno di nota è l’essere riusciti a evitare un naufragio dell’intero processo.
A parte questo, osserva il quotidiano zurighese, non è ancora stata imboccata la via che conduce a un accordo globale sugli obblighi di tutela ambientale per i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. Anzi: «Finora si è rimasti allo stadio delle semplici dichiarazioni. Tutte le decisioni dure e davvero importanti per la protezione del clima sono state rinviate».
Dal canto suo, la Basler Zeitung fa notare che il prolungamento del protocollo di Kyoto non farà risparmiare una sola tonnellata di CO2, dal momento che – per esempio – la Svizzera e l’Unione europea continueranno ad attenersi ai loro obiettivi di riduzione interni (-20% entro il 2020). Inoltre, continua il quotidiano basilese, «anche se nel 2015 si dovesse raggiungere un nuovo accordo climatico, ciò non significa che gli obiettivi di riduzione saranno più ambiziosi».
Lapidario anche Le Temps: «Dopo due settimane di discussioni la conferenza sul clima di Durban si è conclusa con un accordo minimo, che ha come principale interesse quello di confermare il riorientamento della lotta contro il riscaldamento climatico e i gas a effetto serra».
In un comunicato, la sezione svizzera del WWF ha salutato i progressi effettuati a Durban, indicatori di «una presa di coscienza», ma sottolinea nel contempo che l’esito è insufficiente.
Secondo l’organizzazione ambientalista, infatti, l’esito della conferenza in Sudafrica non può essere considerato soddisfacente dal momento che l’accordo globale diventerebbe effettivo soltanto dal 2020.
Inoltre, non è ancora chiaro in che misura gli Stati dovranno contribuire alla riduzione dei gas a effetto serra, e in che misura il futuro accordo sarà vincolante.
In conclusione: «Tutti sanno che il cambiamento climatico non concede tregua, ma noi continuiamo a perdere tempo». Di conseguenza, secondo il WWF l’esempio deve venire dagli Stati: la Confederazione potrebbe per esempio aumentare a 40% l’obiettivo di riduzione delle emissioni.
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