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Naturalizzazioni, opinioni a confronto

Breve dibattito fra fautori e contrari sulla naturalizzazione degli stranieri con due consiglieri nazionali che hanno definito in prima persona il dibattito alle camere.

Difende le due revisioni legislative Vreni Hubmann, socialista zurighese e relatrice della commissione delle Istituzioni politiche. Contro il progetto, invece, interviene Hans Fehr dell’Unione democratica di centro.

swissinfo: Cominciamo dai promotori: signora Hubmann,questa legge intende facilitare la naturalizzazione degli stranieri nati e cresciuti in Svizzera. Perché questo passo?

Vreni Hubmann: Gli stranieri sono arrivati in Svizzera perché l’economia ha bisogno di loro. Adesso i loro figli crescono nel nostro paese, frequentano le nostre scuole. L’unica cosa che li distingue dagli svizzeri è l’esclusione dal dibattito politico.

La riforma è diretta a questi giovani; vogliamo offrire un contributo verso una vera integrazione. Lo facciamo con questa naturalizzazione semplificata per la seconda generazione e con quella automatica per la terza generazione, cioè per i figli di chi è già cresciuto in Svizzera.

swissinfo: Signor Fehr, lei (come il suo partito) combatte strenuamente questa revisione. Non condivide il traguardo dell’integrazione degli stranieri?

Hans Fehr: Ma abbiamo già delle facilitazioni per chi è cresciuto in Svizzera. Ogni anno di formazione fra i 10 e i 20 anni conta doppio. Questo permette una naturalizzazione molto più rapida per chi cresce nel nostro paese.

Per noi, non ci vogliono ulteriori alleggerimenti delle regole, altrimenti ci precipitiamo sulle posizioni massimaliste della sinistra che vuole una svendita della nazionalità svizzera.

Questa vuole semplicemente correggere le statistiche, portando il numero degli stranieri sotto il 20% della popolazione. È un imbroglio che va combattuto.

swissinfo: Come risponde, signora Hubmann, all’accusa di voler abbellire le statistiche?

Hubmann: Questa non è la ragione della riforma. Si vuole integrare veramente nella vita sociale del paese i giovani cresciuti qui. E poi c’è una giungla amministrativa che va riformata.

Un esempio concreto: uno dei miei allievi al ginnasio, ha dovuto aspettare oltre tre anni prima che la sua pratica venisse sbrigata e inoltre si è ritrovato, lui studente non salariato, a dover pagare numerose migliaia di franchi per la procedura. Molti giovani rinunciano a questo diritto perché non possono permetterselo. Noi vogliamo lanciare loro un messaggio positivo.

Fehr: Vede, si vuole praticamente imporre a questa gente di diventare svizzera. Si può proprio parlare di brogli statistici. Quando a mia volta facevo l’insegnante avevo degli allievi italiani che non volevano naturalizzarsi. Dicevano: «vivo volentieri in Svizzera, ma non vedo la necessità di averne la nazionalità».

Poi ci sono degli imbrogli nella definizione: nel testo si parla di seconda generazione già per chi ha frequentato alcuni anni di scuola.

Hubmann: Credo che i miglioramenti non cambino la sostanza già riconosciuta dal diritto attuale. Quello che cambia è il fatto che con un passaporto svizzero le opportunità nel mondo del lavoro saranno migliori. È qui che dobbiamo intervenire per evitare l’emarginazione, già a livello di apprendistato.

Fehr: Decisiva non è la nazionalità, ma le competenze linguistiche e professionali. Qui invece si vuole svendere il passaporto senza ragione.

Poi non vedo cosa ci sia da correggere: nel 1990 abbiamo avuto 6’000 naturalizzazioni, nel 2002 erano già 40’000, di cui un terzo facilitate. Nel contesto europeo siamo già in testa alle statistiche, prima della Svezia e prima dell’Austria.

swissinfo: Le posizioni sono evidentemente inconciliabili, ma nella legge ci sono anche alcune riforme incontestate che riguardano soprattutto gli svizzeri all’estero, signora Hubmann:

Hubmann: Sì, sono soprattutto gli svizzeri dell’estero che potranno riacquistare la cittadinanza, se l’anno persa – per esempio sposandosi. E anche i loro figli, se dimostreranno di avere un contatto con la patria, potranno continuare ad essere anche svizzeri.

So che molti svizzeri all’estero, che ritornano per le vacanze e parlano ancora la lingua, tengono alla nazionalità. Potranno approfittare di questa novità, se la maggioranza del popolo dirà sì al secondo tema che tocca la terza generazione.

swissinfo: Quali saranno le conseguenze, se la legge non dovesse superare lo scoglio del popolo?

Hubmann 8; Già nel 1993 si è votato su una simile revisione. In quell’occasione, una maggioranza del popolo aveva detto sì alle riforme, ma non la maggioranza dei cantoni. Un no, sarebbe un problema, perché la nostra economia e le assicurazioni sociali hanno bisogno di queste nuove forze: la popolazione svizzera invecchia e diminuisce.

Nessuno è obbligato a diventare svizzero, ma diamo il benvenuto a chi accetta di assumersi tutte le responsabilità legate alla cittadinanza. Il motore del progresso è ormai in buona parte legato a chi è arrivato da fuori, per questo abbiamo bisogno di questa riforma.

swissinfo: E, signor Fehr, se la riforma dovesse essere accettata, farete nuovamente ricorso al referendum per combattere ulteriori disposizioni?

Fehr 9: Credo che ricorreremo alla democrazia diretta, perché con le nuove basi ci sarà una svendita della nazionalità senza pari. Inoltre la signora Hubmann dice che le assicurazioni sociali ne hanno bisogno, ma anche questo argomento non tiene.

In Olanda uno studio ha dimostrato che gli stranieri arrivati hanno causato più costi rispetto ai benefici apportati. Per noi, chi vuole la cittadinanza deve continuare a meritarsela, senza automatismi assurdi.

swissinfo, intervista a cura di Christian Raaflaub e Daniele Papacella

Un tema, due domande in voto il 26 settembre:

– Naturalizzazione agevolata per i giovani della seconda generazione
– Naturalizzazione alla nascita per la terza generazione

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