Niente referendum obbligatorio per i bilaterali
Ci vorranno 50'000 firme per portare alle urne e dunque combattere la partecipazione della Svizzera a Schengen.
Per il governo svizzero, l’accordo con l’Unione europea non corrisponde ai criteri costituzionali richiesti per un referendum obbligatorio. Questo vale anche per altri sei dossier in campo.
L’Associazione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), da quasi 15 anni in prima fila contro l’avvicinamento del paese all’Europa, dovrà raccogliere 50’000 firme per combattere la partecipazione svizzera allo spazio di Schengen/Dublino, l’unico dossier veramente controverso nella seconda tornata di accordi conclusi con l’Unione europea.
In questa nuova battaglia, l’ASNI sarà sostenuta dall’Unione democratica di centro, mentre gli altri partiti di governo salutano il procedere proposto dal governo.
Il Consiglio federale ha infatti proposto mercoledì alle Camere di sottoporre il progetto di adesione allo spazio di Schengen ad un semplice referendum facoltativo.
Quest’accordo bilaterale dovrà dunque superare,in caso di referendum, unicamente lo scoglio popolare. Non sarà quindi necessaria la doppia maggioranza che prevede, oltre alla consenso dei cittadini, anche il sostegno della metà più uno dei 26 cantoni.
Esegesi costituzionale
Secondo il governo, nessuno dei nove accordi, conclusi in maggio con l’Unione europea, adempie i criteri per essere oggetto di un referendum obbligatorio ed essere quindi sottoposto d’ufficio alla duplice maggioranza.
Addirittura, dei nove documenti, solo sette dossier saranno sottoposti a referendum facoltativo. Non si tratta, secondo il governo di una manovra per aggirare la democrazia diretta, ma di una questione tecnica: Schengen, come gli altri dossier, non esigono l’adesione ad un’organizzazione internazionale. Si tratta piuttosto di una serie di accordi di collaborazione.
Il testo, uscito dalle negoziazioni, garantisce inoltre che qualsiasi ulteriore aggiunta legale venga collegata ad una nuova negoziazione bilaterale. Su ogni modifica, il parlamento dovrà dunque esprimersi e il popolo potrà intervenire successivamente con il referendum. Il governo non registra dunque una perdita di sovranità.
I tempi dell’applicazione
Già a inizio giugno, il governo aveva deciso di sottoporre al parlamento i nove dossier in ordine sparso, senza dunque rischiare di perdere la battaglia su tutta la linea.
Mercoledì, i sette consiglieri federali hanno dunque intrapreso un ulteriore passo per facilitare l’iter degli accordi. Il parlamento, che prossimamente sarà chiamato a dibattere sui singoli punti dell’intesa con Bruxelles, potrà però scegliere un’altra strada. Il Consiglio federale preme comunque per una marcia forzata del percorso istituzionale: a fine anno si spera di aver concluso i dibattiti parlamentari e la consultazione dei cantoni.
Prima di una ratifica, si attende comunque una battaglia alle urne: l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) ha già annunciato l’intenzione di lanciare il referendum contro l’accordo su Schengen/Dublino.
swissinfo e agenzie
I bilaterali bis tra la Svizzera e l’UE sono stati conclusi il 19 maggio;
8 dei 9 accordi dovranno essere ratificati dal parlamento;
Quello riguardante la formazione è di competenza governativa.
Gli accordi si suddividono in nove capitoli:
1) Fiscalità del risparmio
2) lotta alla frode doganale
3) cooperazione in materia di giustizia, polizia, asilo e migrazione (Schengen/Dublino)
4) prodotti agricoli trasformati
5) ambiente
6) media
7) educazione, formazione professionale e gioventù
8) statistiche
9) pensioni
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