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Non dimentichiamoci delle altre crisi

Keystone

Il responsabile della Direzione dello sviluppo e della cooperazione Walter Fust auspica che la generosità non si limiti alle vittime del maremoto asiatico.

Congiuntamente al vice segretario ONU per le questioni umanitarie, ha lanciato martedì un appello per non calare un velo sulle altre crisi del pianeta.

A fine novembre, le Nazioni Unite avevano lanciato un appello per un fondo mondiale di 1,7 miliardi di dollari per far fronte, nel 2005, a 14 crisi umanitarie, per la maggior parte definite “urgenze dimenticate”. Sono 26 milioni le persone che si trovano in situazioni precarie, soprattutto in Africa.

La conferenza dei Pesi donatori – prevista per martedì a Ginevra – mira a valutare i contributi finanziari in risposta a tale richiesta di solidarietà.

Jan Egeland, responsabile ONU per le questioni umanitarie, spera che l’impegno dei governi sarà all’altezza degli sforzi forniti in favore delle vittime dello tsunami che ha sconvolto le coste dell’Oceano Indiano.

Dal canto suo, il direttore della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) Walter Fust insiste sulla trasparenza degli aiuti e sulla responsabilità dei vari Paesi di fronte alle loro promesse di donazioni.

swissinfo lo ha avvicinato durante la conferenza stampa che ha preceduto l’apertura della conferenza.

swissinfo: Nel suo discorso, ha parlato della necessità di migliorare gli sforzi in materia di trasparenza e di efficacia…

Walter Fust: Ho una certa esperienza per quel che riguarda gli interventi di aiuto immediato e in passato ho sentito numerose dichiarazioni di ogni tipo. I buoni propositi si traducono però raramente in azioni concrete.

Bisogna perciò instaurare un sistema trasparente, accessibile e pubblico, che permetta di vedere chi ha mantenuto le proprie promesse. Sono sicuro che un sistema del genere spingerà tutti i governi a rispondere più rapidamente alle crisi umanitarie.

Una perdita di credibilità in questo ambito, non farebbe che nuocere alle vittime. E non meritano certo questa sorte.

swissinfo: Come si deve procedere per garantire questa trasparenza?

W. F.: L’ufficio di coordinamento delle questioni umanitarie presso l’ONU (OCHA) può facilmente mettere in pratica la supervisione e il monitoraggio degli aiuti forniti dai vari Paesi. Una funzione che può però anche essere svolta da una ditta privata o da un’altra organizzazione.

Una cosa è sicura: i mezzi moderni di comunicazione informatica offrono la possibilità di applicare questo sistema.

swissinfo: Numerose organizzazioni insistono affinché i soldi raccolti per lo tsunami non siano prelevati dalle somme già previste per altre situazioni di crisi. Come evitare questo rischio?

W. F.: È proprio per questa ragione che la ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey ha precisato, fin dall’inizio, che i 25 milioni sbloccati dal governo svizzero il 28 dicembre non saranno prelevati dalla somma già stanziata, ma si ricorrerà a fondi supplementari.

Non vogliamo che le vittime di crisi e conflitti in Africa paghino per le vittime del maremoto asiatico. Molti miei colleghi di altri Paesi mi hanno confermato che intendono procedere allo stesso modo.

Ogni giorno, 25’000 persone muoiono di fame. È dunque molto importante mostrare alla gente quanto sia vitale raggiungere gli obiettivi del Millennio, vale a dire diminuire significativamente la povertà, la fame e gli ostacoli all’educazione nel mondo.

swissinfo: Jan Egeland spera che il livello raggiunto dagli aiuti promessi alle vittime dello tsunami diventi uno standard per le altre crisi umanitarie. La Svizzera potrà aumentare il suo sforzo finanziario in caso di nuove crisi?

W. F.: La Svizzera ha un budget regolare per l’aiuto umanitario che cresce continuamente. Oggi, esso ammonta a circa 280 milioni di franchi, di cui un terzo per le agenzie dell’ONU, un terzo per il CICR e il resto per aiuti bilaterali o per altre ONG.

Dato l’ammontare dei doni in favore delle vittime dello tsunami, non preleveremo nulla da questi 280 milioni per appoggiare le organizzazioni svizzere impegnate ad alleviare le conseguenze di questa catastrofe nel Sud-Est asiatico.

Ma ci sono molte altre ONG elvetiche attive nel contesto delle crisi africane. E queste organizzazioni temono di non potere più contare sui doni del pubblico per fronteggiare le altre crisi che si presenteranno nel corso dell’anno.

swissinfo: Qual è la situazione in Svizzere per quel che riguarda appunto la trasparenza e la giusta allocazione dei fondi nei casi di crisi?

W. F.: La trasparenza delle operazioni può essere garantita per i soldi gestiti dalla DSC. L’accesso alle informazioni sarà inoltre migliorato tramite internet.

swissinfo: Spetta dunque alle varie organizzazioni elvetiche mettere in atto il loro proprio sistema?

W. F.: È una cosa che discuteremo direttamente con i responsabili. Credo tuttavia che in futuro la Catena della solidarietà esigerà, da tutte le ONG con le quali lavora, una tale trasparenza.

swissinfo, intervista di Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione: Luigi Jorio)

Oltre alla tragedia che ha colpito il Sud-Est asiatico a fine 2004, 26 milioni di persone nel mondo sono vittime di altre crisi umanitarie.

Nel novembre 2004, le Nazioni Unite hanno lanciato un appello globale di 1,7 miliardi di dollari in favore delle vittime di 14 crisi maggiori.

Nella sola Repubblica democratica del Congo, tre milioni di persone sono morte durante gli ultimi anni a causa di malattie curabili.

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