Nuova luce sugli orrori del Guatemala
La storia recente del Guatemala è segnata da una delle più lunghe e sanguinose guerre civili dell'America latina. Un gigantesco archivio di polizia scoperto pochi anni fa getta nuova luce sugli orrori di quegli anni. I documenti sono conservati in forma digitale a Berna.
Nel 1996 un accordo di pace ha messo fine in Guatemala a una guerra civile durata 36 anni. Durante il conflitto 250’000 persone hanno perso la vita o sono scomparse.
Già tre anni dopo la firma dell’accordo, la commissione nazionale incaricata di indagare le violazioni dei diritti umani nel paese centro-americano si era lamentata del fatto che le autorità civili e militari del paese ostacolavano le ricerche sui crimini commessi durante il conflitto armato e non permettevano l’accesso a documenti rilevanti.
Da questo punto di vista, la situazione è cambiata repentinamente nel luglio del 2005, quando collaboratori della Procura guatemalteca per i diritti umani ha rinvenuto in un vecchio deposito di munizioni un enorme archivio, che custodisce atti della polizia del Guatemala degli ultimi 120 anni.
Nel frattempo 200 esperti nazionali e internazionali hanno visionato, identificato, ripulito, classificato e ordinato circa 80 milioni di documenti. Messi in fila uno accanto all’altro, i documenti del più grande archivio di polizia dell’America latina raggiungerebbero una lunghezza di circa 8 chilometri.
La Svizzera, un rifugio sicuro per i documenti
Il passo successivo è stato quello di digitalizzare il delicato materiale archivistico. Esperti svizzeri partecipano alla messa in sicurezza elettronica dei documenti.
Il ministero degli esteri elvetico (DFAE) ha finanziato le attività di slavaguardia dei documenti con 100’000 dollari. «Il DAFE sosterrà anche in futuro le autorità guatemalteche per i diritti umani», ha assicurato a swissinfo.ch Mô Bleeken, senior advisor del ministero degli esteri per la prevenzione della violenza.
La Procura guatemalteca per i diritti umani necessita ogni anno di circa due milioni di dollari per proseguire nel lavoro di elaborazione e digitalizzazione dell’archivio di polizia.
La guerra è finita, l’impunità rimane
La guerra civile in Guatemala è finita tredici anni fa. Il paese centro-americano è retto oggi da un sistema democratico, con un presidente e un parlamento eletti dal popolo.
Strutture clandestine di potere continuano tuttavia a rapire, torturare e assassinare rappresentanti della società civile, studenti, avvocati e sindacalisti. La cultura dell’impunità prosegue.
La scoperta dell’archivio di polizia ha fornito alle autorità inquirenti uno strumento di grande importanza per far luce sui crimini contro l’umanità avvenuti in Guatemala. Il tasso di violenza nel paese è in continuo aumento. Gli ambienti che si occupano di diritti umani ritengono che l’archivio di polizia possa essere in pericolo.
Sette milioni di documenti in Svizzera
Per questo motivo la Procura guatemalteca per i diritti umani e l’Archivio federale di Berna si sono accordati per inviare in Svizzera una parte importante dei documenti digitalizzati.
«Alcune settimane fa sono giunti in Svizzera attraverso la posta diplomatica 2,7 terabyte di documenti digitali, vale a dire circa 7 milioni di documenti e materiali probatori», spiega Guido Koller dell’Archivio federale svizzero. «Attendiamo nei prossimi mesi altri documenti dal Guatemala».
Se in Guatemala i documenti sono in pericolo a causa della crescente violenza, quali garanzie di sicurezza può dare la Svizzera? «L’Archivio federale è uno degli archivi più avanzati a livello mondiale nella conservazione di materiali digitali. Conserviamo in maniera sicura anche atti svizzeri rilevanti per la sicurezza dello stato», assicura Guido Koller.
Non tutti i materiali e i documenti dell’archivio di polizia guatemalteco hanno tuttavia la stessa importanza. Alla Procura guatemalteca per i diritti umani interessano soprattutto i documenti prodotti dopo la metà degli anni Cinquanta del secolo scorso.
Dopo una breve parentesi democratica, nel 1954 l’esercito prese il potere in Guatemala con un colpo di stato contro il presidente di origini svizzere Jacobo Arbenz Guzman. Negli anni successivi le violazioni dei diritti umani furono numerosissime. Il picco delle atrocità fu raggiunto durante i regimi di Carlos Manuel Arana Osorio (1970-1974), Fernando Romeo Lucas Garcia (1978-1982) ed Efrain Rios Montt (1982-1983).
Diritto collettivo alla verità
Nel rapporto intitolato «Il diritto di sapere», pubblicato di recente, il procuratore per i diritti umani del Guatemala, Sergio Fernando Morales Alvarado, esprime la speranza che grazie all’archivio di polizia diventi possibile ricostruire le catene di comando all’interno delle forze armate e degli organi di polizia, in modo da poter giungere ai responsabili delle violazioni dei diritti umani e da tradurli in giustizia.
L’archivio di polizia del Guatemala ha assunto anche un grande valore simbolico. La montagna di dati promette di impedire che la storia degli orrori che hanno insanguinato il paese centro-americano scompaia nell’oblio.
Sergio Morales conclude il rapporto con queste parole: «Non solo le famiglie delle vittime hanno il diritto di sapere cos’è accaduto ai loro parenti. Anche l’intera società ha un diritto collettivo a conoscere la verità, in modo che gli orrori della guerra civile non si ripetano».
Erwin Dettling, swissinfo.ch
(traduzione: Andrea Tognina)
Le autorità del Guatemala non hanno finora compiuto sforzi decisivi per tradurre in giustizia esponenti dell’esercito accusati di violazioni dei diritti umani e di genocidio durante il conflitto armato (1960-1996).
Nelle indagini sui crimini commessi durante la guerra non si registrano progressi significativi. I rappresentanti delle organizzazioni per i diritti umani sono esposti a minacce, tentativi di intimidazione e aggressioni.
Le organizzazioni per i diritti umani ritengono che durante la guerra il 90% dei crimini siano stati compiuti da esponenti delle forze armate e della polizia.
La maggior parte delle vittime e dei superstiti non hanno ricevuto finora nessuno tipo di risarcimento, né morale, né in denaro.
Secondo le statistiche della polizia ogni anno in Guatemala sono assassinate varie migliaia di persone.
Con una media di 47 omicidi ogni 100’000 abitanti il Guatemala occupa il terzo posto nella classifica dei paesi più violenti dell’America latina dopo il Salvador e l’Honduras.
Il numero di criminali condannati è molto basso. Solo sull’1% circa degli omicidi è fatta luce.
Con 108 omicidi ogni 100’000 abitanti la capitale Città del Guatemala è il luogo più violento dell’intero continente americano.
La guerra civile in Guatemala è iniziata nel 1960, sei anni dopo il colpo di stato contro il presidente Jacobo Arbenz, eletto democraticamente. Il putsch è stato sostenuto dalla CIA.
Nei successivi 36 anni formazioni guerrigliere di sinistra si sono scontrate con l’esercito. Nel corso della guerra sono state uccise svariate decine di migliaia di persone, in moltissimi casi civili. Il tributo di sangue di gran lunga più alto è stato pagato dalle popolazioni indigene.
Il rapporto della commissione ufficiale «per il chiarimento storico», pubblicato nel 1999, è giunto alla conclusione che la strategia anti-insurrezionale del governo ha assunto le caratteristiche di un genocidio.
I colloqui tra governo e guerriglia sono iniziati nel 1991, dopo la fine della guerra fredda. Nel dicembre del 1996 le due parti hanno firmato un accordo di pace.
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