Paradiso non può attendere
In Ticino, le strutture di accoglienza per persone richiedenti asilo non hanno quasi più posti disponibili.
N. è fuggito dall’Afghanistan da ragazzino. Alla fine di un viaggio lunghissimo ed estenuante è stato accolto in Ticino. Oggi vive nel foyer per minorenni non accompagnati di Paradiso. È uno fra i cento o quasi ospiti di questa struttura. Uno fra cento… Uno fra tanti perché quando parlano, educatori e operatori del settore non lo nascondono: c’è carenza cronica di personale per accudire al meglio gli ospiti.
Ma a guardare da vicino la rete dell’accoglienza alle persone richiedenti asilo in Ticino, emerge anche altro, a partire dalla sua estrema complessità e dalle sue criticità.
Centri d’accoglienza: una carenza che si fa sentire
Novecento persone da accogliere, di cui molti minorenni non accompagnati, 24 strutture per dare loro alloggio e che non bastano mai. Il tutto con fondi che il Consiglio di Stato ha deciso di tagliare. È questa la cornice in cui il Canton Ticino si muove nel campo dell’accoglienza di chi richiede asilo. Il 4% di tutti coloro che fuggono dal proprio Paese per cercare rifugio in Svizzera approda sul territorio cantonale. Lo prevede la chiave di ripartizione fra Cantoni. Un sistema macchinoso e mutevole, tra successi e insuccessi, sforzi e sfide, Ticino compreso. E il Cantone fa fatica.
Un Cantone diviso in due
Trovare alloggio per quasi mille persone non sembra un esercizio facile. Che siano foyer per minori non accompagnati, centri per adulti o famiglie, pensioni o appartamenti, le strutture di accoglienza per richiedenti asilo non hanno quasi più posti disponibili. Da anni il Cantone cerca nuovi spazi. Spesso però si scontra con l’opposizione della popolazione o delle autorità comunali.
Il risultato è che il Ticino che sembra essere diviso in due. Il Luganese e il Sopraceneri ospitano la maggior parte delle strutture, il Sottoceneri invece non ne ha quasi: al posto dei centri cantonali, ospita però quelli federali di Chiasso e Balerna. Il risultato: alcuni centri sono sovraffollati.
Un palazzone fatiscente
Lo è soprattutto quello di Paradiso, che ospita ragazzi fino ai 18 anni. Doveva chiudere i battenti già una decina di anni fa: è ancora lì arroccato sui suoi sei piani di balconi sostenuti da pali di legno. Attualmente ci vivono 96 adolescenti, alcuni già da anni, in camere comuni e un livello di comfort ai minimi. Chiuderà soltanto quando sarà pronto il nuovo centro di Camorino, vicino all’Ufficio della Circolazione e alla Polizia, pronto non prima della primavera dell’anno prossimo dopo una serie di rimandi e ritardi. Ma nemmeno questo sarà sufficiente. E allora la risposta continueranno a essere alloggi provvisori, come pensioni e alberghi. Inadatti ma indispensabili.
Chi è di scena: soprattutto Croce Rossa
“A volte mi sento di dire che facciamo piccoli miracoli”, dice Debora Banchini Fersini, direttrice di Croce Rossa Sezione Sottoceneri, l’organismo che da decenni si occupa della prima fase dell’accoglienza dei e delle richiedenti asilo in Ticino. Vitto, alloggio, corsi di integrazione e linguistici: tutto fa capo a Croce Rossa con un contratto di prestazione che si rinnova di anno in anno. Nel 2023 il suo valore ammontava a 20,2 milioni di franchi.
Soccorso Operaio Svizzero (SOS Ticino, contratto per 2,9 milioni di CHF l’anno scorso) invece si occupa della cosiddetta seconda fase dell’accoglienza, quella che prevede l’accompagnamento di chi richiede asilo nel mondo del lavoro e l’assegnazione di appartamenti sul territorio.
L’articolo originale è stato pubblicato da RSICollegamento esterno e tradotto dalla redazione di “dialogo”, un’offerta della SSR che propone contenuti da tutta la Svizzera tradotti in tutte le lingue nazionali e in inglese, oltre a uno spazio di dibattitoCollegamento esterno, anche questo tradotto e moderato.
C’è posto anche per diverse altre associazioni: in Ticino in molti si occupano dell’accoglienza e dei bisogni dei e delle richiedenti asilo. Propongono progetti e ricevono piccoli finanziamenti dal Cantone. Ma spesso ambirebbero a un coinvolgimento più importante. “Noi vogliamo essere un aiuto” spiega alla RSI Lara Robbiani, direttrice dell’Associazione DaRe, “ma sembra che diamo fastidio, mentre nella Svizzera interna non è così”.
Accogliere richiedenti asilo in Ticino significa anche dover accogliere critiche, anche pesanti e anche dal mondo politico, nessun’area esclusa.
Pochi giorni fa era prevista una visita ad alcuni centri della Croce Rossa da parte di una delegazione della Commissione Socialità e sicurezza sociale del Gran Consiglio. Una visita pianificata da mesi. Da nostre informazioni, apparentemente nessun rappresentante dei partiti di centro-destra si è presentato a verificare di persona le condizioni di chi richiede asilo.
Il disagio di chi vive nei centri e di chi ci lavora
Per intercettare disagi e malumori è sufficiente parlare con gli e le ospiti di queste strutture. Dalle molte testimonianze raccolte, emergono le difficoltà di chi vive comunque nell’incertezza e nell’inquietudine per la propria situazione transitoria in attesa di un permesso che forse arriverà dopo anni. O forse non arriverà del tutto.
“Non so perché gli educatori non ci aiutano. C’è molta burocrazia, devono svolgere molti compiti e non vengono nelle nostre camere” racconta un ospite del foyer di Paradiso. “Non capiscono cosa c’è nella nostra testa, che noi abbiamo problemi… Noi siamo tanti, gli educatori un po’ pochi, forse è questo il problema”.
Questo è senz’altro uno dei nodi critici. Lo conferma chi ha lavorato in questa struttura: “La mole di lavoro era troppa per gli educatori. Io me ne sono andato perché non avevo strumenti sufficienti per aiutare i ragazzi. E piano piano se ne sono andati tutti”. Il turn over è stato notevole, soprattutto a Paradiso. Per sopperire alle defezioni, vengono assunti educatori ed educatrici in arrivo dall’Italia. A complicare la gestione delle risorse, si aggiunge l’imprevedibilità del numero di presenze delle persone richiedenti asilo, legata agli arrivi in Svizzera e alla successiva ripartizione cantonale. “Non possiamo assumere adesso un educatore per seguire cinque ragazzi se questi ragazzi non li ospitiamo ancora… ma quando arrivano io non ho un educatore nel cassetto” ammette Debora Banchini Fersini. “Siamo sempre sotto organico”. Anche perché il taglio delle risorse deciso dal Consiglio di Stato pesa: da 1 operatore sociale ogni 37 richiedenti asilo per gli adulti si è passati a 1 ogni 59.
L’ulivo di Cadro, fra carcere e discariche
Criticità che non riguardano solo Paradiso, ma anche il centro “Ulivo” per adulti e famiglie di Cadro, dove convivono 178 ospiti. Al centro di questa struttura c’è letteralmente la sicurezza: una torre di cemento da cui gli addetti al controllo osservano gli ospiti. “Siamo guardati a vista”, afferma una persona che da mesi abita lì. Il centro, realizzato nel 2017, sorge accanto a un centro di cremazione per carcasse di animali, almeno due discariche e vicino al penitenziario cantonale. È poco collegato a Lugano con i mezzi pubblici. Garantire la frequenza nelle diverse scuole dei bambini in età scolare è un rompicapo che obbliga Croce Rossa a gestire un complesso sistema di bus-navetta.
Porte chiuse?
I centri come Paradiso o Cadro non bastano, da anni. Il Cantone è alla continua ricerca di strutture alternative come alberghi e pensioni. Ma a volte le porte restano chiuse. L’ipotesi di trasformare l’ostello di Cresciano – una frazione di Riviera – in un centro per minori non accompagnati è stata respinta dalla comunità locale. Con una raccolta di firme è stato per ora bloccato il progetto. Si sta procedendo per vie legali e il Cantone non demorde. “È importante conoscere e cercare di non fomentare sempre il timore nella gente per fare in modo che vengano prese delle decisioni mosse solo dalla paura”, osserva la direttrice della Croce Rossa sezione Sottoceneri. “Quante persone vogliamo accogliere? Lo decide la politica. Però, dato questo, bisogna mettere in campo tutte le risorse possibili per fare in modo che le persone siano accolta con dignità e possano essere integrate”. Chi accogliamo oggi – conclude – “ha tantissimo da dare, ha voglia di ricominciare. È il valore di domani sul territorio ticinese”.
Una voglia di ricominciare che secondo molte testimonianze raccolte in questa inchiesta implica percorsi molto spesso tortuosi, soprattutto quando si cerca di entrare nel mondo del lavoro. I e le richiedenti asilo sono accompagnati dai cosiddetti job coach, anch’essi sotto organico e con un numero di casi quasi sempre troppo alto da gestire. Come ammette il capo dell’Ufficio richiedenti asilo e rifugiati del Cantone, Renzo Zanini, il Ticino è confrontato con tutta una serie di fenomeni che “rendono più difficile trovare lavoro per una persona afferente al settore dell’asilo qui in Ticino rispetto che in molti altri Cantoni della Svizzera”.
E non mancano casi in cui le persone richiedenti asilo sono impiegate con salari esigui e per stage che difficilmente si trasformeranno in impieghi stabili. La base per la ripartenza di una vita nuova. Iniziata con una fuga e un’accoglienza che a volte prosegue nell’incertezza.
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