Pensionamento: la Svizzera s’ispira ai sistemi europei
Uno studio realizzato su incarico dell'Ufficio federale delle assicurazioni sociali ha analizzato le soluzioni adottate in alcuni paesi europei per riformare i regimi di previdenza per la vecchiaia.
L’invecchiamento demografico costituisce una delle sfide più importanti cui devono far fronte i sistemi di previdenza per la vecchiaia. Dagli anni Novanta, diversi paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) hanno quindi modificato il loro sistema pensionistico.
Le esperienze maturate sono state oggetto di uno studio – commissionato dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas) – eseguito dal professor Giuliano Bonoli e dal suo gruppo di esperti dell’Istituto di alti studi in amministrazione pubblica (IDHEAP) di Losanna. L’obiettivo era quello di fornire alla Confederazione maggiori informazioni in vista di future riforme.
Gli autori hanno paragonato le nuove tendenze in materia di sistemi pensionistici in cinque paesi dell’Ocse – Germania, Francia, Italia, Paesi bassi e Svezia – e si sono interessati agli obiettivi e ai fattori di successo di queste riforme. I cinque stati in questione sono stati scelti poiché hanno effettuato le riforme nonostante un clima politico teso.
Riforme radicali meglio accettate
Uno degli aspetti emersi dallo studio, ha spiegato Bonoli, «è il fatto che le riforme radicali sono adottate più facilmente rispetto alle riforme puntuali». È però necessario che il cambiamento poggi su principi ampiamente riconosciuti.
Tra questi figurano segnatamente: rendere flessibile l’età del pensionamento, far dipendere il livello di prestazioni dall’evoluzione demografica ed economica e introdurre compensazioni sociali che prendono in considerazione i fattori penalizzanti.
Esempi concreti
Nei paesi considerati, il pensionamento flessibile è spesso legato a fattori come la considerazione dei lavori usuranti – basandosi sulla speranza di vita per una data categoria professionale – o sulla durata effettiva della vita attiva. In Italia, per esempio, i contributi pagati prima dei 18 anni sono moltiplicati per 1,5.
Un esempio di compensazione sociale è quello attuato dalla Svezia in materia di compiti educativi: durante il periodo della maternità, viene garantito un accredito integrale dei contributi anche per chi lavora a tasso d’occupazione ridotto.
Un altro strumento di riforma è costituito dai meccanismi d’adeguamento autonomi: «Concretamente, si tratta di meccanismi che non richiedono continuamente una decisione politica. Una volta definiti, hanno un impatto automatico sull’adeguamento delle rendite», spiega a swissinfo Giuliano Bonoli.
«Per esempio, se un salariato arriva all’età di pensionamento con una speranza di vita di due anni superiore rispetto a quella attuale, percepirà una rendita leggermente inferiore rispetto a quelle versate oggigiorno».
Bonoli aggiunge: «In Svizzera, disponiamo già di un meccanismo di questo tipo. L’indicizzazione delle rendite viene infatti effettuata automaticamente a scadenze biennali, tenendo conto della media tra i salari e i prezzi».
Soluzione combinata
Secondo lo studio, la Svizzera potrebbe trarre vantaggi combinando tra loro diverse misure, sopprimendo segnatamente la nozione di età di pensionamento ordinario e introducendo una maggiore flessibilità.
Le rendite dovrebbero ad esempio poter essere percepite a partire da un’età minima di 60-62 anni, con prestazioni ridotte in taluni casi. Un limite superiore, per esempio situato a 70 anni, potrebbe essere a sua volta introdotto. Secondo gli esperti dell’IDHEAP, si dovrebbe inoltre autorizzare una rendita parziale.
Lo studio ipotizza pure l’introduzione di un sistema di coefficiente di sforzo professionale e famigliare. Ciò farebbe dipendere l’età pensionabile da fattori quali il numero di anni di contributi e gli accrediti educativi. Le persone che hanno cominciato a svolgere impieghi poco qualificati in giovane età sarebbero così avvantaggiate.
In generale, il documento caldeggia di far dipendere direttamente le prestazioni dall’evoluzione demografica ed economica. Per esempio, secondo lo stato del conto capitale dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS), l’adeguamento delle rendite potrebbe essere basato su un indice misto, limitato al rincaro o sospeso.
Una possibile modalità di finanziamento, indicata dagli autori dello studio tra le meno problematiche a livello economico, consiste nell’attribuzione di tre punti IVA all’AVS.
«Alimentare il dibattito politico»
Yves Rossier, direttore dell’Ufas, ha sottolineato che lo scopo dello studio presentato lunedì non è quello di interferire con l’undicesimo progetto di riforma dell’AVS attualmente in corso, bensì di «fornire nuovi elementi al dibattito politico in previsione dei futuri cambiamenti».
Dal canto suo, Giuliano Bonoli preconizza una soluzione globale: «In Svizzera, andrebbero studiate approfonditamente le interazioni tra la previdenza professionale (secondo pilastro) e un’AVS modificata secondo i parametri di flessibilità, compensazioni sociali e adeguamento alla situazione economica».
«L’ideale sarebbe fare in modo che le persone svantaggiate dalle misure di austerità possano nel contempo disporre di un secondo pilastro elevato», conclude Giuliano Bonoli.
swissinfo, Andrea Clementi
L’assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti (AVS) è il fondamento della previdenza sociale svizzera. Con le rendite di vecchiaia, l’AVS permette agli assicurati di ritirarsi a una certa età dalla vita professionale e contribuisce a garantire una sicurezza materiale per il pensionamento.
L’AVS è una componente della rete di assicurazioni sociali della Confederazione basata sul concetto dei cosiddetti tre pilastri. L’AVS e l’assicurazione per l’invalidità, unitamente alle prestazioni complementari, costituiscono il primo pilastro. Esso deve garantire un minimo esistenziale ed è obbligatorio.
La previdenza professionale (cassa pensioni), anch’essa obbligatoria per i salariati, costituisce il secondo pilastro, mentre la previdenza personale facoltativa rappresenta il terzo pilastro.
Il 30 novembre 2008, il popolo svizzero si esprimerà sull’iniziativa dell’Unione sindacale svizzera «Per un’età di pensionamento flessibile», che intende consentire a persone con un reddito da attività lucrativa non superiore a 119’340 franchi di beneficiare di una rendita AVS non ridotta a partire da 62 anni.
Il governo e il parlamento hanno raccomandato di respingere l’iniziativa, giudicandola troppo onerosa e incompatibile con l’evoluzione demografica e le tendenze a livello europeo.
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