Perché un Paese di ferrovie come la Svizzera mantiene una fitta rete di autostrade
A fronte del crescente bisogno di mobilità della popolazione, alcune autostrade svizzere sono prossime alla saturazione. Lo scorso anno sono state perse in ingorghi quasi 50'000 ore. Ma secondo gli specialisti consultati da swissinfo.ch le radici del problema non sono da cercare nell'infrastruttura.
Il prossimo 24 novembre l’elettorato svizzero sarà chiamato a esprimersi sulla Fase di potenziamento 2023 delle strade nazionali, il più grande progetto autostradale degli ultimi decenni.
Le autorità intendono ampliare diversi tratti esistenti per eliminare le strozzature in particolare sulla A1, il lungo asse autostradale che attraversa il Paese da ovest a est. Un progetto aspramente criticato da chi sostiene una mobilità più dolce.
Le questioni in gioco nella votazione popolare, così come gli argomenti chi è favorevole e contrario, sono illustrati nel dettaglio qui.
Poiché la congestione stradale e le incognite sul futuro della mobilità sono problemi comuni a molti Paesi, abbiamo voluto inquadrare la situazione svizzera nel contesto internazionale.
Le autostrade svizzere sono vittime del loro stesso successo? A eccezione di un netto rallentamento durante la pandemia di Covid-19, il numero di veicoli che le percorrono non smette di crescere.
Nel Rapporto annuale sull’andamento della viabilità sulle strade nazionaliCollegamento esterno (definizione nel riquadro), l’Ufficio federale delle strade (USTRA) riferisce che lo scorso anno sono stati percorsi sulla rete quasi 30 miliardi di kilometri, con un aumento dell’1,5% rispetto al 2022 e di oltre il 130% dal 1990. Quasi metà del traffico transita su queste arterie principali, benché esse costituiscano in kilometri solo il 3% di tutte le strade percorribili.
In Svizzera, la responsabilità delle infrastrutture stradali è condivisa tra Confederazione, Cantoni e Comuni.
La prima gestisce le strade nazionali, ovvero gli assi principali, di interesse per l’intero Paese. Si tratta perlopiù di autostrade (4 corsie o più) o semi-autostrade (2 o 3 corsie a scorrimento veloce), che collegano tra loro le diverse regioni e la Svizzera al resto d’Europa, fungendo inoltre da circonvallazione nelle aree urbane.
Attualmente, la Svizzera conta poco più di 2’250 kilometri di strade nazionali, di cui 1’550 di autostradeCollegamento esterno e 440 di semi-autostrade.
L’incremento demografico spiega solo in parte l’aumento del traffico, considerato che quest’ultimo negli ultimi trent’anni è cresciuto ben più rapidamente della popolazione. “Un’altra spiegazione è la crescita economica”, indica il portavoce dell’USTRA Lorenzo Quolantoni. “Inoltre, è aumentato il bisogno di mobilità della popolazione, sia nel tempo libero che per motivi di lavoro”.
Secondo Alexis Gumy, ricercatore associato al Laboratorio di sociologia urbana (LaSUR) del Politecnico federale di Losanna (EPFL),Collegamento esterno l’incremento del traffico individuale è in parte imputabile a una certa “dipendenza dal pendolarismo”, ossia la consuetudine di vivere in un Comune diverso da quello nel quale si lavora, a causa soprattutto della crisi degli alloggi che si aggrava nelle grandi città.
Il ricercatore aggiunge che dopo il Covid-19 gli stili di vita sono cambiati, contribuendo a far aumentare il traffico stradale: le consegne a domicilio, esplose nel periodo della pandemia, sono ormai entrate nelle nostre abitudini. Tra il 2019 e il 2023, il fatturato del commercio elettronico in SvizzeraCollegamento esterno è aumentato ad esempio di oltre il 40%.Collegamento esterno Il telelavoro, invece, è meno diffuso rispetto al periodo dell’emergenza sanitaria.
Code da record
Questo elevato volume di traffico sfocia in un congestionamento esponenziale. Nel 2023, la durata complessiva degli ingorghi ha fatto un balzo del 22% rispetto all’anno precedente e sfiorato le 49’000 ore. Un record, secondo quanto riferito dall’USTRA.
La maggior parte delle code non scaturisce da incidenti o cantieri bensì dal traffico intenso, e la loro durata cresce più rapidamente della circolazione stradale. Per l’USTRA, è la prova che “la rete ha raggiunto il punto di saturazione. La minima perturbazione ha grandi conseguenze sulla fluidità del traffico”, desume il portavoce Lorenzo Quolantoni.
Gli ingorghi si concentrano soprattutto attorno alle grandi aree urbane e in particolare sulla A1, autostrada lunga poco più di 400 kilometri che collega Ginevra alla frontiera orientale del Paese passando per gli agglomerati di Losanna, Berna e Zurigo. La A2, che attraversa la Svizzera dal confine con l’Italia a sud a quello con la Germania a nord, è un altro punto problematico della rete perché passa dalla galleria del San Gottardo, ai cui portali si formano code di continuo e non più soltanto nei periodi delle vacanze scolastiche.
Altre tratte, percorse dal frontalierato, come la A24 in Ticino verso l’Italia e la A20 tra il Canton Neuchâtel e la Francia, registrano gli ingorghi più persistenti, cioè di una durata particolarmente lunga in rapporto alla distanza percorsa.
Benché i problemi di traffico siano comuni alla maggioranza delle aree urbane, diversi agglomerati svizzeri figurano entro le prime quaranta posizioni della graduatoria dei più congestionati al mondoCollegamento esterno stilata dal gigante delle tecnologie GPS TomTom.
Stando ai calcoli dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE)Collegamento esterno, gli ingorghi in Svizzera hanno causato nel 2019 circa 73 milioni di ore di perdita di tempo, per un valore economico stimato di 3 miliardi di franchi. Hanno inoltre “conseguenze dannose per la popolazione e l’ambiente”, sottolinea Lorenzo Quolantoni dell’USTRA, “per via del traffico da evitare, dei rischi accresciuti per la sicurezza e l’aumento delle emissioni sonore e inquinanti”.
Una rete autostradale “di lusso”
Negli ultimi quindici anni, le autostrade europee sono state estese in media del 70%, a quanto riporta la Commissione economica per l’Europa UNECECollegamento esterno, ma con grandi disparità tra i Paesi.
Progettata negli anni 1960 e realizzata in modo progressivo, la rete svizzera si è allungata di “appena” il 14% dal 2005 ed è attualmente “completata per il 98%”, riferisce Quolantoni, precisando che il 24 novembre non si vota su progetti di estensione ma di ampliamento di tratte esistenti.
Nondimeno, in rapporto alla popolazione e alla superficie del Paese il reticolo autostradale svizzero è denso e, considerato il territorio montuoso, serve tutte le regioniCollegamento esterno e le città principali, con oltre una ventina di tratte che attraversano la Svizzera in lungo e in largo. La rete conta quasi 500 raccordi autostradali, “un numero molto elevato”, che consente di raggiungere rapidamente l’entrata più vicina alleggerendo in questo modo i centri abitati dai veicoli, osserva il portavoce dell’USTRA.
Anastasios Kouvelas, responsabile per l’ingegneria del traffico all’Istituto per la pianificazione del traffico e per i sistemi di trasporto (IVT)Collegamento esterno del Politecnico federale di Zurigo (ETH), ritiene che le capacità autostradale in Svizzera sia sufficiente. La buona qualità dell’offerta e il fatto di avere un’autostrada vicino casa stimolano il pendolarismo, puntualizza da parte sua Alexis Gumy dell’EPFL. “Ovviamente, questo non aiuta il traffico”.
La Svizzera investe dunque molto nelle proprie autostrade. Nel 2021, ha vi ha speso oltre 2 miliardi di franchiCollegamento esterno (2,1 miliardi di euro), l’importo più elevato tra i Paesi OCSECollegamento esterno per i quali si dispone di dati comparabili. È anche uno dei Paesi che hanno sborsato di più per la manutenzione (oltre 300 milioni di franchi).
“L’infrastruttura autostradale svizzera”, precisa il portavoce dell’USTRA, “conta un gran numero di ponti, viadotti e gallerie, nel confronto internazionale. La rete delle strade nazionali è pertanto molto complessa e necessita di importanti lavori di manutenzione”, che perturbano vieppiù anch’essi la viabilità.
L’automobile è regina
La Svizzera è conosciuta come uno dei Paesi in cui si viaggia di più in treno, e vanta una quota di spostamenti in automobile inferiore alla media europea. Ma l’auto privata resta di gran lunga il mezzo di trasporto prevalente, soprattutto nel quotidiano.
Le famiglie senza automobile sono una minoranza: l’80% dei nuclei familiariCollegamento esterno ne possiede almeno una. A titolo di paragone, la quota è dell’85% in Francia e del 62% in DanimarcaCollegamento esterno. Il numero di auto in circolazione è aumentato di continuo negli ultimi decenni e ammonta oggi a 4,8 milioni, ovvero 540 veicoli ogni mille abitanti (un tasso vicino alla media europeaCollegamento esterno).
Insomma, sebbene la Svizzera non abbia una tradizione industriale nel ramo automobilistico, “il mito e il costume dell’auto persistono”, conferma il ricercatore del LaSUR Alexis Gumy. “È ancora associata a un’idea di libertà, e ritenuta un bene necessario per il successo economico”.
L’automobile è inoltre spesso percepita come il mezzo di trasporto più accessibile, quando in realtà è il più caroCollegamento esterno sia per chi la usa che per la collettività, se si tiene conto dei costi complessivi.
“È anche vero che l’accesso alle infrastrutture autostradali”, riconosce il ricercatore, “non è molto caro in Svizzera, in confronto ad altri Paesi”. Il contrassegno autostradale svizzero (“vignetta”) consente un uso illimitato dell’intera rete per un anno a 40 franchi, un prezzo inferioreCollegamento esterno a quanto richiesto in Paesi con un sistema equivalente o che riscuotono un pedaggio in base alla distanza percorsa.
Al contempo, “la mobilità sostenibile è costosa e non tutti possono permettersela”, constata Gumy. In settembre, il Sorvegliante dei prezzi ha espresso indignazione per il “grande divarioCollegamento esterno” tra i prezzi dei trasporti pubblici in Svizzera -quasi raddoppiato dagli anni 1990- e quello dell’automobile, che è rimasto relativamente stabile.
La questione è anche ambientale poiché sebbene le emissioni pro capite di gas a effetto serra da trasporto su strada siano diminuite negli ultimi trent’anni in Svizzera, esse rappresentano tuttora quasi un terzo delle emissioni totali, che il Paese si è impegnato a ridurre nel quadro degli Accordi di Parigi.
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Aumentare la capacità è la soluzione?
Tutto questo contribuisce a mettere sempre più vetture sulle strade e a esacerbare le strozzature, le quali non potranno essere risolte se non con “lavori di ampliamento mirati”, per usare le parole delle autorità. Ma è davvero la soluzione? Molti specialisti, come quelli interpellati da swissinfo.ch, non la pensano così.
A lungo termine potrebbe persino accadere l’opposto, per il principio del “traffico indotto”. Numerosi studi condotti in diverse città (riassunti in questa rassegna in franceseCollegamento esterno, del 2012, o quest’altraCollegamento esterno in inglese, più recente) mostrano che un aumento di capacità della rete allevia in effetti il problema, ma solo a breve termine: da due a cinque anni. Una delle ragioni è che la possibilità di spostarsi più facilmente incentiverebbe le automobiliste e gli automobilisti “latenti” a prendere la macchina.
“In generale, in una decina d’anni si ritorna a una situazione di congestione ma con 40’000 veicoli in più, ossia la capacità di una nuova autostrada”, riassume Alexis Gumy. Un traffico destinato a riversarsi sul resto della rete e che rischia di creare ingorghi altrove, in particolare in corrispondenza delle uscite autostradali, aggiunge Anastasios Kouvelas.
L’USTRA non nega che il traffico sulle autostrade aumenterà, se i progetti di potenziamento saranno realizzati. Non si tratterà però di traffico nuovo, chiarisce il portavoce Lorenzo Quolantoni, ma “solo di riportare sulle strade nazionali il flusso di veicoli” che la saturazione attuale spinge verso la rete secondaria.
L’Ufficio assicura che “gli allargamenti funzionano” e cita come prova la terza canna del tunnel del Gubrist (circonvallazione nord di Zurigo). Secondo Quolantoni, “il traffico vi scorre più fluido dall’apertura nell’agosto 2023”, ovvero poco più di un anno fa.
Gli esempi precedenti di allargamento sono rari, in Svizzera. Si può però evocare la galleria del Baregg, tra i cantoni Argovia e Zurigo: il collo di bottiglia in effetti scomparve nel 2003, ma vent’anni dopo il potenziamento figura di nuovo tra i punti problematici della rete autostradale.
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Qual è, in conclusione, la soluzione, considerando che la domanda di mobilità non farà che aumentare in futuro?
Lo specialista in ottimizzazione delle infrastrutture stradali Anastasios Kouvelas ritiene che si possano sfruttare di più le tecnologie intelligenti per “monitorare e intervenire in modo dinamico in caso di congestione”, in particolare aprendo al traffico una o più corsie della carreggiata opposta. La messa a disposizione della corsia d’emergenza o l’adattamento dinamico dei limiti di velocità sono già impiegati in alcuni luoghi in Svizzera, ma molto più sviluppati ad esempio in Germania, spiega il ricercatore.
Gli altri approcci riguardano piuttosto l’influenzare la domanda, favorendo altre forme di trasporto (car pooling, mezzi pubblici) o incentivando il traffico in ore non di punta.
Secondo Alexis Gumy, i problemi di congestione stradale possono essere ridotti solo marginalmente con nuove opere pubbliche, perché “hanno radici strutturali e soprattutto sono il segno che è il momento di pensare diversamente. Se il traffico tornerà un giorno a essere scorrevole”, conclude, “è perché avremo fatto grandi passi con altre forme di mobilità.”
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Testo originale riletto e verificato da Samuel Jaberg
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