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Referendum contro il lavoro domenicale

Per i referendisti la domenica non è giorno di shopping Keystone

Dopo aver raccolto oltre 80'000 firme, il comitato “No all’estensione del lavoro domenicale” ha depositato martedì il suo referendum.

Il popolo svizzero si pronuncerà al più presto il 25 settembre sull’apertura domenicale dei negozi nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti.

A giudicare dal numero di firme raccolte a dalla facilità con la quale i referendisti hanno ottenuto il sostegno dei cittadini, si direbbe proprio che il popolo svizzero non ne vuole sapere del lavoro domenicale.

A poco più di due mesi dal lancio del referendum “No all’estensione del lavoro domenicale”, la coalizione formata dai sindacati, dal Partito socialista e da ambienti ecclesiastici ha raccolto 80’288 firme.

“Con questo referendum, vogliamo protestare contro il fatto che un numero crescente di persone deve lavorare la domenica, in condizioni sempre più precarie”, afferma il presidente dell’Unione sindacale svizzera (Uss) Paul Rechsteiner.

La domenica è sacra

Il referendum fa seguito alla modifica della Legge sul lavoro accolta dal Parlamento nella scorsa sessione autunnale. La nuova normativa prevede che i commerci presenti negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie, con un volume d’affari di almeno venti milioni di franchi l’anno, possano rimanere aperti la domenica.

Con la sua azione, il comitato referendario intende inoltre opporsi alla mozione, accettata dal Consiglio degli Stati, che chiede di “estendere le possibilità di lavorare la domenica”.

La lotta contro il lavoro durante i giorni festivi non è comunque cosa nuova, come ricorda il presidente dell’Uss: “Il popolo aveva già espresso la sua opposizione all’estensione del lavoro domenicale appena una decina di anni fa”.

Un giorno, il settimo della settimana, che rimane quindi “sacro”, come conferma un comunicato del Comitato ecumenico per la domenica: “Ancora oggi, associamo la domenica alla tranquillità, al riposo, a un momento riservato alla famiglia, agli amici o semplicemente a sé stessi”.

Solo svantaggi per i lavoratori

Un’estensione del lavoro domenicale è però vista di cattivo occhio soprattutto dalla maggior parte dei lavoratori.

Per chi deve rinunciare al giorno di riposo per recarsi in negozio, il lavoro domenicale è infatti sinonimo di svantaggi a livello sociale. A questo si aggiunge il fatto che queste persone sono solitamente meno pagate di quelle che lavorano in settimana.

Secondo i referendisti, il blocco dell’estensione del lavoro permetterebbe dunque di arginare, allo stesso tempo, l’aumento del lavoro precario.

Una votazione carica di significati

Se dalla prossima votazione popolare – prevista al più presto per il 25 settembre – dovesse scaturire un chiaro “no”, le ripercussioni sul mondo del lavoro potrebbero essere importanti, e non soltanto per le stazioni e gli aeroporti.

Un rifiuto dei cittadini impedirebbe infatti il rischio di vedere l’idea del lavoro domenicale prendere sempre più piede tra i negozianti, i quali si sentono attualmente svantaggiati dal punto di vista concorrenziale.

I negozi situati nei pressi delle stazioni reclamano in effetti anche loro, il diritto di poter tenere aperto anche durante i giorni festivi.

La sindacalista di Unia Marie-France Perroud ricorda però che “la legge attuale permette già di rispondere agli eventuali bisogni di acquisti domenicali per quel che concerne i prodotti alimentari o farmaceutici”.

swissinfo e agenzie

Nel 2005, le votazioni federali si terranno il 5 giugno, il 25 settembre e il 27 novembre.
Nel 1996, il popolo svizzero aveva già respinto l’idea del lavoro domenicale.

L’Unione sindacale svizzera e Travail.Suisse chiedono che la modifica dell’8 ottobre 2004 della Legge federale sul lavoro nell’industria, nell’artigianato e nel commercio sia sottomessa a votazione popolare.

La nuova legge prevede di autorizzare il lavoro domenicale nei negozi all’interno di stazioni ferroviarie e di aeroporti, con una cifra d’affari annua di almeno 20 milioni di franchi.

Il referendum è sostenuto dal Partito cristiano sociale, dal Partito socialista, dai Verdi, dal Partito evangelico e dagli ambienti ecclesiastici.

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