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Roma intrattabile sulla fiscalità del risparmio

Giulio Tremonti con la ministra francese dell'economia Christine Lagarde durante l'incontro di Bruxelles. Keystone

L’Italia ha rifiutato martedì di sostenere un compromesso sulla tassazione del risparmio avanzato dalla presidenza ungherese dell’Ue e dalla Commissione europea. Per Roma, la direttiva europea - «scritta dalla Svizzera» - non sanziona gli Stati che non la rispettano.

La presidenza ungherese dell’Unione europea (Ue) ha proposto ai ministri delle finanze dei 27 Stati membri di consentire alla Commissione europea (l’esecutivo comunitario) di preparare dei mandati negoziali con cinque paesi terzi (Svizzera, Liechtenstein, Andorra, San Marino e Principato di Monaco).

L’obiettivo dell’Ue è di assicurarsi che questi paesi continuino ad applicare misure equivalenti a quelle europee, nel quadro degli accordi sulla fiscalità del risparmio conclusi con Bruxelles nel 2004.

Paravento per i frodatori

I 27 Stati membri intendono estendere il campo di applicazione della loro direttiva, attualmente limitato ai redditi dei risparmi percepiti sotto forma di interessi da parte dei non residenti, a una serie di nuovi prodotti (fondi d’investimento, assicurazioni sulla vita,…). La direttiva andrebbe anche applicata ad alcune “entità intermediarie” (fondazioni, trust,…) che potrebbero servire da paravento per i frodatori.

A lungo reticente, il Lussemburgo ha alla fine approvato il progetto redatto da Budapest. Una proposta che, a dire il vero, evita di affrontare la delicata questione della soppressione del segreto bancario.

Lussemburgo e Vienna esigono di essere trattati allo stesso modo della Svizzera. Non accettano dunque di rinunciare al sistema di trattenuta alla fonte, il quale è applicato da Berna e consente ai risparmiatori di preservare l’anonimato, per passare invece a un sistema di scambio automatico delle informazioni tra le autorità fiscali. Perlomeno fino a quando anche la Svizzera non sarà disposta a fare altrettanto.

Tigre di carta

L’Italia, al contrario, ha posto il suo veto all’adozione del testo, nonostante la forte pressione esercitata negli scorsi giorni dalla presidenza ungherese dell’Ue e dalla Commissione.

Il ministro italiano delle finanze, Giulio Tremonti, ha accusato alcuni Stati e operatori economici di violare «sistematicamente» la regolamentazione esistente.

La direttiva europea sulla fiscalità del risparmio «è stata scritta dalla Svizzera», di cui «l’Unione è diventata membra», ha affermato martedì durante il dibattito dell’Ecofin a Bruxelles. «È una tigre di carta», un testo che non alcun effetto, ha detto.

«Sono stati imposti degli obblighi alle istituzioni finanziarie e agli Stati, ma non è stata prevista alcuna sanzione» nei confronti di chi non li rispettano. Questo «apre le porte agli abusi. È uno scandalo», ha aggiunto Tremonti, accusando le banche di «utilizzare dei sistemi assicurativi o dei fondi offshore» per sfuggire ai propri obblighi.

A corto di idee?

A prova della sua tesi, il ministro italiano ha citato i risultati dell’amnistia fiscale condotta nel 2009. Un’operazione che avrebbe messo in evidenza che i fondi dissimulati dagli italiani sono trenta volte superiori alle cifre della Confederazione.

Ogni anno, Berna retrocede agli Stati europei di residenza dei clienti il 75% del gettito delle trattenute fiscali. Nel 2008, Roma ha così recuperato 123 milioni di franchi, un montante però giudicato irrisorio.

Giulio Tremonti ha dichiarato che il suo paese si rifiuterà di fare la seppur minima concessione fino a quando l’Ue «non si impegnerà ad applicare sanzioni contro i paesi e gli operatori» disonesti, nel quadro dell’esame dell’applicazione della legislazione europea esistente previsto a Bruxelles.

La Commissione presenterà un rapporto entro la prima metà dell’estate, ha comunicato il commissario europeo per la fiscalità, Algirdas Semeta.

Nell’attesa, l’Ungheria «tenterà di vedere in che modo fare avanzare il dossier» prima della fine della sua presidenza europea, il 30 giugno, ha annunciato il ministro delle finanze György Matolcsy. Ungheria che sembra tuttavia essere oramai a corto d’idee…

Febbraio 2009: Berna autorizza l’UBS a trasmettere agli Stati Uniti l’identità di 255 clienti che la banca ha aiutato a evadere il fisco, in violazione della legge sul segreto bancario.

Marzo 2009: nel mirino dell’OCSE, Berna decide di allentare il segreto bancario adottando gli standard in materia di scambio d’informazioni.

Aprile 2009: il G20 inserisce la Svizzera nella lista grigia dei paradisi fiscali disposti a fare degli sforzi per migliorare lo scambio di informazioni.

Agosto 2009: Svizzera e Stati Uniti trovano un accordo su UBS. Gli americani non pretendono più di ottenere i dettagli di 52’000 detentori di conti bancari. Viene offerta un’assistenza amministrativa per 4’450 conti.

Settembre 2009: dopo aver firmato dodici convenzioni contro la doppia imposizione (CDI) secondo i criteri dell’OCSE, la Svizzera viene stralciata dalla lista grigia.

Novembre 2009: il governo propone al parlamento di sottoporre le nuove CDI a referendum facoltativo. L’Ue rimanda al 2010 un progetto di accordo sulla fiscalità del risparmio che implica lo scambio automatico d’informazioni.

Posizione ufficiale: La Svizzera si oppone allo scambio automatico. L’assistenza amministrativa è accordata caso per caso, in risposta a richieste concrete e giustificate. Lo scambio d’informazioni è limitato alle imposte considerate nelle relative CDI.

Traduzione e adattamento di Luigi Jorio

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