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Saranno congelati ancora più fondi egiziani?

Alcuni cittadini egiziani hanno manifestato anche a Zurigo in relazione ai fondi Mubarak. Due manifestanti con maschere di Mubarak (a destra) e O. Grübel, CEO di UBS. Keystone

Mano a mano che le indagini avanzano, emerge la possibilità che siano bloccati ancora più fondi in Svizzera appartenenti a membri dell'ex governo egiziano. Intervista all'Ambasciatore svizzero in Egitto.

Questa settimana, gli esperti svizzeri hanno incontrato le autorità egiziane per discutere della consegna dei 410 milioni di franchi svizzeri appartenenti a 14 persone, compresi l’ex presidente Hosni Mubarak e il suo entourage familiare.

L’ambasciatore svizzero in Egitto Dominik Furgler spiega che le autorità egiziane hanno formalmente chiesto alla Confederazione di indagare sul possibile congelamento di fondi appartenenti ad ulteriori persone.

Le autorità del Cairo hanno raccolto finora circa 6000 reclami riguardanti attività e fatti avvenuti durante il regime di Mubarak. Furgler afferma che la pressione del pubblico richiedente giustizia, compresa la restituzione di fondi governativi, rimane molto alta.

swissinfo.ch: A quanto ammontano i fondi e quante persone sono coinvolte? Saranno individuate ancora più persone e fondi?

Dominik Furgler: Finora abbiamo trovato 410 milioni. Sono i fondi di un gruppo di persone i cui averi sono stati bloccati l’11 febbraio. Si è trattato di una misura unica a livello mondiale, ovvero un blocco unilaterale prima ancora che le autorità egiziane ce lo chiedessero. Le persone interessate sono l’ex presidente Mubarak e il suo entourage più stretto comprendente la famiglia. Su richiesta del Cairo, qualche giorno dopo sono state aggiunte altre persone alla lista. Si tratta di 14 persone in tutto.

Non siamo ancora in grado di attribuire a ogni persona una data somma. In più, non è detto che tutte le persone della lista abbiano fondi in Svizzera. Inoltre, si tratta di fondi e non solo di conti.

Adesso, le autorità egiziane ci stanno chiedendo di indagare su altre persone. La prima domanda da porsi è: possiamo congelare anche questi fondi? Ovviamente, se le condizioni necessarie sono date, agiremo in questo senso.

swissinfo.ch: Quali sono i maggiori problemi legati alla restituzione di fondi bloccati?

D.F.: Più che chiamarli problemi, le chiamerei sfide. Un elemento importante è sicuramente la prova fornita dalle autorità egiziane della provenienza illecita dei fondi. Questo è quanto stiamo verificando attualmente. In Egitto sono in atto indagini e brevi processi. Due ex ministri sono già stati giudicati in tribunale. La prova della provenienza illegale dei fondi bloccati è un fattore fondamentale per poterli restituire. Attualmente non sappiamo se la restituzine riguarderà il 100% dei fondi congelati.

Per noi è anche importante che gli egiziani possono mostrarci un legame con la Svizzera. Per avviare le ricerche, devono fornirci degli indizi secondo i quali i fondi sono effettivamente stati dirottati nella Confederazione. Non basta dire ‘lui è stato un imbroglione’.

swissinfo.ch: Per la Svizzera qual è l’elemento determinante che prova la presenza di attività illegali? Ci vuole la decisione di un tribunale?

D.F.: Per la restituzione di fondi bloccati ci vogliono decisioni di tribunali e richieste di assistenza legale. Prima di tutto un giudice egiziano deve trasmettere la questione a un giudice svizzero. In secondo luogo, le autorità competenti svizzere devono valutare la questione e ordinare alla banca di bloccare i conti.

swissinfo.ch: Considerando che il sistema giudiziario del governo Mubarak era lacunoso e che il paese si trova ancora in una fase transitoria, la Svizzera si può fidare delle procedure in Egitto?

D.F.: Per noi è fondamentale che il ruolo del sistema giudiziario sia rispettato. Per esempio, occorre osservare degli standard minimi per quanto riguarda i tribunali. Parlando con le autorità in Egitto, posso affermare che sono molto professionali. Ci hanno assicurato che durante i processi, l’accusato ha sempre un avvocato e che ha diritto a fare appello. Sono elementi positivi ma si potrà giudicare solamente quando disporremo di tutti i dettagli.

swissinfo.ch: Quanto ci vorrà per risolvere questi problemi? È possibile estendere il periodo iniziale di tre anni per quanto riguarda il blocco dei fondi?

D.F.: Nessuno è in grado di prevedere quanto ci vorrà. Dipende soprattutto da quanto dureranno le indagini egiziane e i processi legali. Il periodo di tre anni può essere esteso ma solo a determinate condizioni e in ogni caso non a tempo indeterminato.

swissinfo.ch: Fino a che punto le autorità egiziane sono interessate alla restituzione dei fondi, visto che molti esponenti dell’esercito erano strettamente legati al regime?

D.F.: Durante i nostri incontri tenutisi due giorni fa, abbiamo potuto constatare che c’è un interesse reale ad andare avanti, a fare le cose per bene e a rispettare le condizioni poste. Abbiamo veramente avuto l’impressione che le persone sono professionali. In ogni caso c’è una certa pressione. Le aspettative della popolazione sono enormi.

swissinfo.ch: Come si è evoluta la pressione della popolazione da quando Mubarak si è dimesso?

D.F.: La situazione cambia in continuazione. La gente è molto soddisfatta del fatto che sempre più persone siano coinvolte nelle indagini, ovvero praticamente tutti quelli che la popolazione voleva vedere davanti ai giudici, compresi Mubarak e la sua famiglia. Le persone possono depositare reclami e chiedere indagini: finora ne sono stati trasmessi oltre 6000. È un’impresa titanica.

Alcuni capi di Stato e alti funzionari (persone politicamente esposte, PPE) che si arricchiscono illegalmente, sottraendo ingenti capitali allo Stato e ostacolando lo sviluppo del loro paese, versano spesso i “fondi di potentati” su piazze finanziarie internazionali al di fuori del loro paese.

La Svizzera ha lanciato diverse iniziative per promuovere una

procedura coordinata a livello internazionale per impedire l’afflusso di questo denaro, bloccare i valori patrimoniali di provenienza delittuosa e rimborsare i legittimi proprietari.

La strategia elvetica si basa in particolare su alcuni pilastri: identificare la provenienza del denaro, denunciare le transazioni sospette, favorire l’assistenza giudiziaria con i paesi di provenienza.

Il 19 gennaio 2011, la Svizzera ha congelato i fondi dell’ex presidente tunisino Ben Ali e di quaranta persone del suo entourage. Il Consiglio federale ha deciso questa misura a cinque giorni dalla caduta dell’uomo forte tunisino.

Si stima che nelle banche elvetiche siano stati depositati circa 555 milioni di franchi.

In febbraio anche i conti dell’ex rais egiziano Hosni Mubarak e dei suoi familiari sono stati bloccati. In questo caso, l’importo dovrebbe ammontare a circa 410 milionidi franchi.

I conti dei due uomini forti e delle loro cerchie saranno congelati per un periodo di tre anni. Se sarà provata la provenienza illecita degli averi, la Confederazione e gli Stati a cui sono stati sottratti i soldi dovranno elaborare un piano per la loro restituzione.

Nel caso in cui né Tunisia né Egitto dovessero richiedere assistenza giudiziaria alla Svizzera, il governo elvetico potrebbe far capo alla Legge federale sulla restituzione dei valori patrimoniali di provenienza illecita di persone politicamente esposte (LRAI), la cosiddetta

Lex Duvalier, entrata in vigore il 1° febbraio 2011.

(traduzione e adattamento dall’inglese, Michela Montalbetti)

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