Seconda presidenza per Moritz Leuenberger
Il consigliere federale socialista è stato eletto alla carica di presidente della Confederazione per il 2006 con 159 voti su 225 schede valide.
Contro la nomina di Moritz Leuenberger si è schierata senza successo l’Unione democratica di centro. Micheline Calmy-Rey eletta invece alla vice-presidenza.
Il capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni ha ottenuto, come prevedibile, un risultato meno brillante rispetto a 5 anni fa.
Nel dicembre del 2000 Moritz Leuenberger era stato infatti eletto alla presidenza della Confederazione con 187 voti favorevoli, su 236 schede valide.
Ma, questa volta, contro il ministro socialista si era schierato frontalmente il gruppo dell’Unione democratica di centro (UDC), che aveva invitato i parlamentari del Partito liberale radicale e del Partito popolare democratico a non eleggere Leuenberger.
Alla vice-presidenza della Confederazione per il 2006, l’Assemblea federale ha eletto, come previsto, la ministra degli affari esteri Micheline Calmy-Rey. La consigliera federale socialista ha ottenuto 167 voti su 218 validi.
10 anni di dure battaglie
Moritz Leuenberger ricoprirà quindi per la seconda volta la carica di capo dello Stato, poco più di 10 anni dopo la sua elezione in Consiglio federale.
10 anni passati alla guida di un Dipartimento alquanto complesso, nel quale abbondano i dossier caldi, come quelli dei trasporti pubblici, dell’aviazione civile, dell’energia atomica, delle tasse ambientali o della liberalizzazione delle telecomunicazioni.
10 anni di continui negoziati con gli altri membri dell’esecutivo, di dure battaglie con la maggioranza borghese in Parlamento, che hanno lasciato segni evidenti sul ministro zurighese.
Al suo ingresso a 49 anni in Consiglio federale, Leuenberger era visto come il portatore di un vento nuovo tra colleghi di governo piuttosto anziani, come il rappresentante di una Svizzera più moderna, cittadina, dinamica e aperta sul mondo.
Attacchi da destra
10 anni dopo, proprio mentre si appresta a riprendere per la seconda volta la presidenza della Confederazione, il ministro socialista si ritrova in una delle fasi più difficili della sua carriera governativa.
Diventato il consigliere federale con la maggiore esperienza in governo, pur essendo ancora oggi il più “giovane” con Joseph Deiss, Leuenberger si vede costretto a sopportare attacchi sempre più duri da parte delle forze di destra.
Secondo l’Unione democratica di centro, il ministro socialista non sarebbe più in grado di “assumere contemporaneamente la direzione del DATEC e i gravosi impegni dettati dalla carica di presidente della Confederazione”.
5 anni fa, durante il suo anno di presidenza, Leuenberger aveva ottenuto ampi consensi per il modo con il quale aveva affrontato una serie interminabile di catastrofi, come l’incidente di un velivolo Crossair, il massacro di Zugo o la tragedia del San Gottardo.
L’UDC giudica “lacunosa” la direzione del DATEC da parte di Leuenberger, il quale “continuerebbe a rinviare dossier che andrebbero affrontati urgentemente”.
Critiche anche da sinistra
Moritz Leuenberger, che coltiva sempre più l’arma dell’ironia nei suoi discorsi, non sembra per nulla intenzionato a cedere alle pressioni dello schieramento di destra.
E nemmeno il clima sempre più teso in seno all’esecutivo o gli attacchi del ministro UDC Christoph Blocher sono valsi a spingere il consigliere federale socialista a rinunciare al suo incarico presidenziale.
Eppure, nonostante il trionfo accordatogli nel corso dell’ultima assemblea dei delegati socialisti, Leuenberger ha perso non poche simpatie anche a sinistra.
E diversi giornali progressisti, che lo sostenevano fino a pochi anni fa, cominciano ad adottare toni sempre più severi nei confronti del futuro presidente.
Da sinistra gli si rimprovera di non difendere più con accanimento i suoi dossier, di non proporre più nessun nuovo progetto per rilanciare ad esempio settori di sua competenza, come quello delle energie rinnovabili.
Sostegni popolari
Ma il suo compito in governo è stato tutt’altro che facile in questo decennio: moltissime proposte di Leuenberger, soprattutto in campo energetico ed ambientale, sono state bocciate dal Parlamento.
Il ministro socialista si è visto inoltre costretto a difendere dinnanzi al popolo piani di privatizzazione e liberalizzazione nel settore dell’energia, della posta o delle telecomunicazioni, sostenuti dalla maggioranza dell’esecutivo e combattuti dalle forze di sinistra.
Ma di certo, Leuenberger non ha perso invece le simpatie popolari. Anzi considerato piuttosto freddo e intellettuale nei suoi primi anni, il rappresentante socialista sembra aver addirittura guadagnato molti consensi negli ultimi tempi.
Secondo un sondaggio pubblicato domenica scorsa, il 59% degli svizzeri voterebbe proprio per lui, se potesse scegliere il nuovo presidente della Confederazione.
Subito dopo la sua elezione, Leuenberger ha dichiarato di voler rafforzare la concordanza in seno all’esecutivo, difendere la cosa pubblica e favorire il dialogo con i giovani.
swissinfo, Armando Mombelli
In base al sistema politico svizzero, la carica di capo dello Stato viene svolto per un anno, a rotazione, da uno dei sette membri del governo, eletto dall’Assemblea federale.
Nel dicembre 2000, Moritz Leuenberger era stato eletto alla presidenza della Confederazione per il 2001 con 187 voti favorevoli su 238 validi.
Mercoledì il consigliere federale socialista ha ottenuto invece 159 voti su 225.
Micheline Calmy-Rey è stata eletta alla vice-presidenza con 167 voti su 218 validi.
La maggior parte dei consiglieri federali accedono due volte alla presidenza nel corso della loro permanenza in Consiglio federale. Una piccola minoranza ha avuto più di un doppio mandato presidenziale.
Emil Welti e Karl Schenk hanno ricoperto per ben sei anni questo incarico tra il 1865 e il 1893.
Giuseppe Motta è stato presidente per cinque volte tra il 1915 e il 1937. Altri quattro consiglieri federali hanno assunto le funzioni di capo dello Stato per 4 anni.
Tre incarichi presidenziali sono stati assunti nel secolo scorso soltanto da Max Petitpierre (tra il 1950 e il 1960) e Kurt Furgler (tra il 1977 e il 1985).
Tra i consiglieri federali che non sono rimasti abbastanza a lungo nell’esecutivo per accedere alla presidenza da menzionare in tempi recenti Ruth Metzler, estromessa dal governo nel 2004.
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