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Senza adesione all’UE, la via resta bilaterale

I futuri negoziati bilaterali fra la Svizzera e l'Unione europea saranno difficili Keystone

La politica europea è stata al centro di una sessione straordinaria della Camera del popolo. I partiti hanno colto l'occasione di ricordare le loro posizioni in vista delle elezioni federali. Anche se sempre più difficile, la via bilaterale resta l'opzione più probabile.

All’indomani di quella dedicata all’energia, i deputati erano di nuovo riuniti in sessione straordinaria giovedì per discutere di un altro tema delicato: la politica europea seguita dalla Svizzera. All’ordine del giorno c’era una serie di mozioni legate a questo tema.

Nessun ritiro della domanda di adesione

Inoltrata dall’Unione democratica svizzera (UDC, destra conservatrice), una di esse chiedeva al governo di ritirare la domanda di adesione trasmessa nel 1992. Una volontà di aderire molto simbolica, peraltro, poiché secondo le parole del governo stesso, questa richiesta è “congelata” da anni. E “congelata”, in questo contesto, è solo un eufemismo per “sepolta”.

Micheline Calmy-Rey, del resto, ha detto ai deputati che questa discussione sulla domanda di adesione era “obsoleta”. “È un falso dibattito, è assolutamente ridicolo. Semmai un giorno la Svizzera volesse far parte dell’UE, dovrebbe riformulare la domanda l’adesione”, ha affermato la ministra degli affari esteri.

Una maggioranza dei deputati non ha tuttavia voluto accordare una vittoria simbolica all’UDC, che ha fatto della lotta contro l’adesione all’Unione europea (UE) uno dei suoi cavalli di battaglia. Nella votazione, la Camera ha rifiutato la proposta a larga maggioranza: 109 voti contro 73.

Una forma di disamore

In ogni caso, nessuno si fa delle illusioni, nemmeno tra gli europeisti convinti. Allo stato attuale delle cose, un’adesione della Svizzera all’UE non avrebbe la benché minima possibilità di ottenere la maggioranza in votazione popolare.

“L’adesione è qualcosa che diventa un obiettivo generale e a lungo termine. Ma ciò rimane un elemento che deve costituire la trama della riflessione, perché siamo nel bel mezzo dell’Europa e le relazioni con il partner europeo sono essenziali per la prosperità della Svizzera”, ha dichiarato il deputato nazionale socialista Stéphane Rossini.

Sulla stessa lunghezza d’onda un altro europeista, il liberale-radicale Claude Ruey. “Oggi l’Europa non si trova nelle condizioni migliori. Ciò spiega l’attuale forma di disamore. Ma questo riflette anche il lavoro di sfibramento di taluni, ossia dell’UDC, per non nominarla”.

“La stessa UE non offre alcun incentivo in questo momento, aggiunge Ruey. Ma questo può essere solo congiunturale. Constato che l’Europa è sempre stata sepolta nei media e nei dibattiti politici in Svizzera, ma che ciò nonostante ha continuato a progredire”.

Dibattito sulla libera circolazione

Dato che l’adesione non è un’opzione credibile, rimane il proseguimento della via bilaterale, vale a dire una politica basata su accordi bilaterali tra Berna e Bruxelles in vari settori. Ma anche su questo i diversi partiti sono d’accordo e giudicano che questa soluzione sia stata finora favorevole alla Svizzera.

“L’approccio bilaterale è stato estremamente positivo per la Svizzera. È un percorso che ci ha consentito di avere la botte piena e la moglie ubriaca. È veramente una via di successo”, sostiene Stéphane Rossini.

Su alcuni punti, tuttavia, la strategia bilaterale pone dei problemi. Ciò è particolarmente il caso della libera circolazione delle persone. Questo accordo è probabilmente il più visibile e il più emblematico di tale politica. Sia per la destra conservatrice che per la sinistra, la libera circolazione delle persone crea una tensione che preoccupa parte della popolazione.

Ma se il giudizio è identico, i rimedi sono diversi. Nel corso del dibattito, la sinistra ha ribadito quanto afferma da anni: la libera circolazione dovrebbe essere controbilanciata con misure di accompagnamento.

“La libera circolazione è stato un fattore di prosperità. Ma si deve evitare che il personale venuto in Svizzera dall’estero sia sottoposto a condizioni di lavoro che peggiori la parità di trattamento tra svizzeri e stranieri. Occorre un equilibrio. Ma oggi è chiaro che si devono fare delle correzioni”, ha commentato Rossini.

Sul fronte della destra conservatrice, invece, è lo stesso accordo sulla libera circolazione che deve essere rinegoziato.

“Ci rendiamo conto che la libera circolazione pone problemi. Ci sono stati molti più arrivi del previsto, con una quota significativa di persone non qualificate”, ha detto Jean-François Rime. Secondo il deputato nazionale UDC, “non si deve denunciare questo accordo, ma rinegoziarlo e correggere i punti che preoccupano la popolazione”.

Una via sempre più difficile

Comunque sia, la stragrande maggioranza dei partiti è favorevole al proseguimento della via bilaterale nella prossima legislatura. Pur essendo coscienti che questo percorso sarà sempre più difficile.

“La via bilaterale è stata esplorata a fondo. Il problema oggi è che l’Europa è cresciuta fino a 27 membri e dunque è molto più difficile negoziare”, ha dichiarato Claude Ruey.  

“Si deve far capire che questa via bilaterale può durare ancora per parecchi anni, aggiunge Stéphane Rossini. Dobbiamo anche accettare il fatto che ora ci sono pressioni da parte dell’UE”.

“Non ci sono dossier urgenti da trattare nell’ambito dei bilaterali, giudica da parte sua Jean-François Rime. Adesso c’è il terzo pacchetto auspicato da Micheline Calmy-Rey. Ma per me contiene un punto assolutamente inaccettabile: la ripresa automatica del diritto europeo”.

L’opinione generale è che i futuri negoziati con l’UE saranno difficili. I deputati svizzeri giovedì hanno fornito una prova supplementare, accettando mozioni che domandano di rinunciare all’avvio di negoziati per la libera circolazione dei prodotti agricoli.

In materia di politica europea, è già stato dato il tono per la prossima legislatura…

I 120 accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE hanno portato a una rete di intese pesante e troppo complicata, dice il presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek. Egli auspica un accordo quadro, ed esclude nuovi negoziati sulla libera circolazione delle persone.

 
“I tempi sono maturi per nuovi impulsi”, ha detto Buzek, in un’intervista pubblicata giovedi dal quotidiani Tages Anzeiger e Der Bund, nel primo dei due giorni della sua visita in Svizzera.


“Il Parlamento europeo è pronto per un salto quantico, ad esempio, un accordo quadro”, ha detto. Ciò permetterebbe un’applicazione più unificata nel mercato interno e maggiore sicurezza giuridica, ha detto. In precedenza, anche il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso si era già espresso in quella direzione.

Ulteriori negoziati sulla libera circolazione delle persone non sono un’opzione per Jerzy Buzek. “È un pilastro dell’integrazione europea e tale deve rimanere”, argomenta.

Berna deve contribuire a difendere questa libertà che ha notevolmente stimolato le relazioni bilaterali tra la Confederazione e l’UE e che ha contribuito alla crescita economica della Svizzera », insiste. Jerzy Buzek ritiene tuttavia che l’UE sia “aperta alla ricerca costruttiva di soluzioni”, anche in assenza di nuovi negoziati.

Fonte: Ats

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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