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Situazione caotica a Bagdad

I saccheggi a Bagdad ostacolano gli aiuti umanitari Keystone

Dopo il crollo del regime, l'Iraq rischia la dissoluzione dell'ordine pubblico. La situazione umanitaria è grave, a Bagdad sono stati saccheggiati anche degli ospedali.

Il CICR è tornato nella capitale, ma il lavoro delle organizzazioni umanitarie rimane difficile.

Nonostante le scene di giubilo mercoledì nelle strade di Bagdad occupate dalle truppe statunitensi, la situazione in Iraq è ancora molto instabile.

Le organizzazioni umanitarie svizzere devono far fronte a numerosi problemi per portare aiuto alla popolazione, primo fra tutti quello della sicurezza.

Martedì un delegato della Croce Rossa internazionale ha perso la vita nella capitale irachena e molte città, libere dal giogo del regime di Saddam, sono in preda al caos. Il lavoro tuttavia prosegue, pur tra mille difficoltà e incertezze.

CICR resta a Bagdad

“A Bagdad i nostri delegati hanno ripreso le loro attività giovedì, malgrado il lutto che ha colpito la nostra organizzazione”, dice Nada Doumani, portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR).

“I nostri colleghi a Bagdad avevano l’impressione che si potesse continuare ad operare in città”, le fa eco Florian Westphal, anch’egli del CICR. “E poi sono estremamente consapevoli dei bisogni umanitari della popolazione.”

Situazione caotica

Il CICR è la sola organizzazione umanitaria presente nella zona dei combattimenti, con una delegazione basata a Bagdad e un’altra a Bassora.

Il lavoro sul terreno resta però estremamente difficile, vista la situazione, “molto caotica e pericolosa”, come la definisce Westphal. “Ci sono saccheggi e per strada circola parecchia gente armata.”

Lo sciacallaggio non ha risparmiato giovedì neppure gli ospedali. L’ospedale Al Kindi a Bagdad è stato preso di mira da persone armate che hanno portato via tutto: letti, apparecchiature elettroniche, medicinali. Altri ospedali hanno dovuto chiudere a causa delle violenze

“La situazione caotica non permette ai nostri delegati di raggiungere gli ospedali della città. Non sono stati neppure in grado di distribuire razioni d’acqua supplementari nei quartieri di Bagdad non collegati alla rete di distribuzione”, aggiunge Westphal.

Appello ai militari

Per questo motivo, il CICR si è appellato giovedì ai militari della coalizione, affinché proteggano le infrastrutture civili, soprattutto ospedali e impianti idrici.

Anche a Bassora e nella maggior parte delle città del sud l’approvvigionamento idrico è interrotto, secondo le informazioni divulgate giovedì dal CICR.

A Bassora il CICR e l’UNICEF distribuiscono acqua con degli autocarri cisterna. Il CICR partecipa inoltre ai lavori di riparazione di un impianto idrico a Bradayia e di una condotta elettrica per il più grande impianto di pompaggio a Bassora.

Dissoluzione delle strutture civili

Preoccupata per la situazione è anche la Divisione per lo sviluppo e la cooperazione. “La dissoluzione delle strutture civili che si osserva attualmente è molto preoccupante”, giudica il portavoce della DSC Johannes Ahrens.

Anche se le truppe statunitensi hanno il controllo su Bagdad, ciò non significa che la città sia sicura. Del resto i militari non sono intervenuti sinora contro i saccheggi. Per il momento la DSC non intende tornare in Iraq e continua a coordinare il suo intervento da Amman, in Giordania .

Tre esperti della DSC sono stati messi a disposizione dell’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati per un intervento in Iran, mentre un altro sostiene il lavoro del CICR ad Amman. Nel 2003, la DSC ha speso 7,5 milioni di franchi per l’aiuto all’Iraq.

L’aiuto umanitario non è compito dei militari

Anche il Soccorso operaio svizzero (SOS), attivo nel nord dell’Iraq, osserva criticamente la situazione. Secondo il portavoce Rolf Stocker, quando i militari si occupano degli aiuti umanitari non c’è nessuna garanzia che i soccorsi raggiungano le persone veramente bisognose.

Il pericolo è quello di una “percezione selettiva delle vittime”. “Noi”, aggiunge Stocker, ” chiediamo un accesso senza condizioni alla popolazione civile.”

Nella regione addossata alla frontiera con la Turchia il SOS si occupa soprattutto della gestione di campi per gli sfollati. Il progetto è stato ampliato negli scorsi giorni.

Il SOS lavora inoltre ad un programma di sminamento e sta preparando, insieme all’associazione norvegese Norvegian People’s Aid, un convoglio di aiuti che dovrebbe partire prossimamente dalla Siria.

Partecipano a programmi di aiuto in Iraq, in collaborazione con personale locale, anche l’organizzazione delle chiese evangeliche svizzere Heks, la Caritas e la Croce rossa svizzera. La Catena della solidarietà ha aperto un conto, su cui fino a giovedì alle 20 era stati versati 780’000 franchi.

swissinfo

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