Sondaggi elettorali poco amati dai partiti svizzeri
In Svizzera vengono realizzate soltanto poche inchieste elettorali, eppure anche queste suscitano spesso irritazione da parte delle forze politiche. Secondo lo specialista Claude Longchamp, i partiti devono ancora imparare a servirsi dei sondaggi per mobilitare maggiormente il loro elettorato.
Fino ad una ventina di anni fa ognuno poteva pronosticare i risultati delle elezioni federali: il quadro politico elvetico era rimasto per lungo tempo quasi immutato. Poi è iniziata anche in Svizzera una fase di cambiamenti e di maggiori spostamenti di forze tra i partiti. I sondaggi elettorali – apparsi già nel Dopoguerra negli Stati uniti e in alcuni paesi europei – hanno quindi assunto una certa importanza pure in Svizzera.
Ancora oggi, però, le inchieste elettorali non sono molto apprezzate dai partiti svizzeri, soprattutto quando contengono dati negativi. Critiche vengono mosse regolarmente anche al barometro elettorale realizzato dall’istituto gfs.bern, su incarico della SRG SSR. Eppure, anche alle ultime elezioni del 2007, questo sondaggio aveva avuto un margine di errore alquanto ridotto ed era stato il più preciso di tutti. Intervista a Claude Longchamp, direttore del gfs.bern.
swissinfo.ch: Negli Stati uniti e in alcuni paesi europei vengono pubblicati quasi ogni giorno dei sondaggi prima delle elezioni. In Svizzera, soltanto una decina, tra SRG SSR e giornali domenicali, in tutto l’anno che precede lo scrutinio. Perché così pochi?
C.L.: Il sistema politico svizzero si basa fondamentalmente sulla concordanza, ossia sulla partecipazione dei principali partiti al governo. Non vi è quindi una situazione di concorrenza così forte tra gli schieramenti politici, come nei paesi con un sistema di maggioranza e opposizione, in cui le redini del potere vengono messe in gioco ad ogni elezione. In questi paesi, molti sondaggi vengono commissionati dagli stessi partiti, che cercano di tastare regolarmente il polso all’elettorato.
I partiti svizzeri non dispongono invece di grandi risorse finanziarie o non vogliono impiegarle per realizzare dei sondaggi. Ed è forse meglio così: non possiamo affermare che i sondaggi commissionati dai partiti siano truccati, ma ogni forza politica tende a pubblicare i risultati che più le convengono.
swissinfo.ch: In Svizzera vengono pubblicati dei sondaggi elettorali soltanto ogni due mesi, ma anche questi sembrano più che altro infastidire le forze politiche. Come mai?
C.L.: Di fronte ad ogni elezione, i partiti cercano di tenere accese fino all’ultimo momento le speranze di successo. Non sopportano quindi l’idea di ricevere un messaggio negativo dai sondaggi. Dopo lo scrutinio, a volte preferiscono attribuire la loro sconfitta ai sondaggi, affermando che avrebbero demotivato il loro elettorato.
Posso capire questo atteggiamento, ma non mi sembra la reazione migliore. Credo che in Svizzera molti partiti non abbiano ancora imparato a reagire in modo efficace ai sondaggi. Forse perché, dopo decenni di stabilità, non si sono tuttora abituati ai cambiamenti degli ultimi anni, alle fluttuazioni più grandi dell’elettorato tra un’elezione e l’altra.
swissinfo.ch: In che modo dovrebbero reagire?
C.L.: Vi sono tre possibilità di reagire ad un dato negativo di un sondaggio. Sì può semplicemente negarlo – anche se questo diventa sempre più difficile, dal momento che i media ne parlano ampiamente. Lo si può prendere come una tendenza ineluttabile e scadere quindi nel fatalismo. Oppure si può tentare di utilizzare questo dato per mobilitare maggiormente l’elettorato negli ultimi mesi con una campagna efficace, come ha fatto l’Unione democratica di centro nel 2007.
swissinfo.ch: Un certo scetticismo è dovuto anche al fatto che le variazioni percentuali dei partiti sono spesso molto piccole tra un sondaggio e l’altro. Che valore hanno questi dati, tenendo conto che il margine di errore previsto è del 2,2%?
C.L.: Da parte nostra non consideriamo indicative differenze inferiori ad un punto percentuale. Ci limitiamo ad interpretare per il barometro elettorale variazioni superiori all’1,1%, poiché in base alle nostre esperienze possono già rappresentare una tendenza. Ma chiaramente con il dovuto riserbo: ogni sondaggio è condizionato dalla situazione emozionale del momento, legata ad eventi eccezionali di politica interna o internazionale, come ad esempio l’incidente nucleare di Fukushima.
Voglio comunque sottolineare che i sondaggi rimangono lo strumento più preciso per pronosticare l’esito di elezioni. Ad esempio, il margine di differenza tra i risultati delle elezioni del 2007 e il nostro ultimo barometro elettorale non ha superato, in media, l’1% per i maggiori partiti.
swissinfo.ch: Lo scacchiere politico svizzero è da alcuni anni più mobile e sono nati nuovi partiti. I sondaggi elettorali sono diventati più difficili?
C.L.: Il quadro politico è effettivamente più complesso, ma le difficoltà sono dettate soprattutto da due altri fattori. Innanzitutto, a differenza di molti paesi, in Svizzera è vietato pubblicare sondaggi nei 10 giorni che precedono le elezioni. Siamo quindi costretti a realizzare le inchieste una ventina di giorni prima e non possiamo prendere in considerazione eventuali cambiamenti successivi.
Un altro problema è dato dal fatto che non possiamo includere nei sondaggi gli svizzeri dell’estero: dal 2003, le autorità non mettono più a disposizione le loro coordinate per ragioni legate alla protezione dei dati personali. Si tratta di una lacuna importante, visto che i connazionali all’estero vivono in un contesto diverso e non votano necessariamente come gli elettori residenti sul territorio nazionale.
swissinfo.ch: Quali sono le differenze principali?
C.L.: Purtroppo non le conosciamo, perché l’Ufficio federale di statistica non si occupa di analizzare il loro voto. Dall’ultimo sondaggio sulla partecipazione politica della Quinta Svizzera, realizzato nel 2003, risultava che i connazionali all’estero disponevano, in media, di un livello di formazione superiore ai cittadini in Svizzera e che si esprimevano in modo più liberale e più aperto in politica estera. Votavano in misura maggiore per i liberali radicali, i socialisti e i Verdi. Ma non sappiamo se ancora oggi è così.
Nato nel 1957 a Friburgo, Claude Longchamp è direttore dell’istituto di ricerche politiche gfs.bern e insegna scienze politiche alle Università di Friburgo, Zurigo e San Gallo.
Dal 1992, Claude Longchamp conduce con il suo team sondaggi sulle votazioni federali, su incarico della SRG SSR, e le analisi VOX sulle motivazioni dei votanti, finanziate dalla Cancelleria federale.
Dal 1999, il politologo è inoltre responsabile del barometro elettorale della SRG SSR, l’ente radiotelevisivo svizzero. Sei sondaggi vengono realizzati nell’anno prima delle elezioni federali ed uno dopo lo scrutinio.
Risultati delle elezioni federali del 21 ottobre 2007 e, tra parentesi, il margine di errore dell’ultimo barometro elettorale SRG SSR, realizzato una ventina di giorni prima del voto.
Unione democratica di centro: 28,9% (-1,6%)
Partito socialista svizzero: 19,5% (+2,2%)
Partito liberale radicale: 15,7% (-0,3%)
Partito popolare democratico: 14,5% (+0,9%)
Verdi: 9,6% (+0,4%)
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