Il referendum, ovvero la politica sotto una spada di Damocle
In Svizzera il popolo ha l'ultima parola. Non solo deve essere obbligatoriamente consultato per qualsiasi emendamento costituzionale, ma ha anche il diritto di veto su ogni legge emanata dal parlamento. Questo rende il processo legislativo più faticoso e complesso, ma costringe i politici a trovare soluzioni che godono di un ampio sostegno.
Un contadino di montagna del cantone di Uri interrogato sul proprio comportamento elettorale risponde: “Voto sempre no e finora non mi sono mai pentito”.
Questo articolo fa parte di #DearDemocracy, la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta. Qui, oltre a giornalisti interni della redazione, si esprimono anche autori esterni. Le loro posizioni non corrispondono necessariamente a quelle di swissinfo.ch.
Questa barzelletta è stata raccontata in un’intervista rilasciata nel 2017 dall’urano Franz Steinegger, un veterano della politica elvetica. Era poco dopo che il popolo svizzero aveva bocciato la vasta riforma della previdenza per la vecchiaia, sottoposta al referendum.
L’urgente riforma era stata approvata dalle Camere federali, dopo l’intervento della commissione di conciliazione, seppur di strettissima misura. Alle urne è invece successo il contrario: la riforma è stata bocciata sul filo di lana.
L’arte di convincere l’elettorato
Altri sviluppi
Cos’è un referendum?
Ovviamente non si sa se coloro che, come il contadino di montagna di Uri, in linea di principio votano sempre no, siano stati decisivi nel fallimento del progetto di legge sulla previdenza di vecchiaia. L’aneddoto dimostra tuttavia che il sistema svizzero di democrazia diretta richiede molta perseveranza da parte dei politici.
E talvolta occorrono i nervi saldi. Non basta convincere il governo o le altre parti in parlamento, per fare accettare una proposta. Si deve sempre pensare anche all’elettorato. Quest’ultimo può affondare un progetto se non ne è convinto. Come è appunto avvenuto con la riforma delle pensioni. Il no alle urne ha spazzato via in un colpo sette anni di lavori parlamentari.
Decisioni costanti
In Svizzera vi sono due tipi di referendum: obbligatorio e facoltativo. Le modifiche costituzionali e le adesioni a organizzazioni sovranazionali sono soggette al referendum obbligatorio. Devono imperativamente essere sottoposte all’esame popolare e ottenere la doppia maggioranza di sì dei votanti e dei cantoni.
Le leggi, così come certi decreti federali e trattati internazionali, sono invece soggetti a un referendum facoltativo. Sono messi ai voti popolari se almeno 50mila elettori lo richiedono entro cento giorni dalla loro pubblicazione ufficiale. Per essere approvati, basta che ottengano la maggioranza di sì dei votanti.
L’istituto del referendum è più di un’ulteriore opportunità per i cittadini di esprimere la propria opinione. Esso ha un impatto significativo sul processo legislativo. I politici non devono solo stringere alleanze e ricorrere a tattiche in parlamento per fare avanzare una causa.
Devono inoltre sempre considerare se una soluzione è in grado di convincere anche la maggioranza popolare. Di conseguenza, si svolge un’ampia discussione, in cui è prestato ascolto anche a quelle voci che non sono rappresentate in parlamento.
Più laborioso, ma sostenibile
Questo ostacolo supplementare rende il processo legislativo più lungo e complicato. Le decisioni prese dalla maggioranza degli elettori sono relativamente coerenti e non vengono immediatamente ribaltate non appena si verifica, ad esempio, un cambio di governo.
Dalla fondazione dello Stato federale svizzero, nel 1848, sono stati sottoposti a votazione obbligatoria più di 200 disegni di legge. Più dei tre quarti di essi sono stati adottati.
Al referendum facoltativo, che esiste dal 1874, sono stati sottoposti 2’449 emendamenti legislativi adottati dal parlamento. Contro 177 di essi sono state raccolte firme sufficienti per un referendum. Solo in 78 casi la maggioranza ha respinto la legge. Dunque, la maggior parte delle decisioni del parlamento entrano in vigore senza che sia indetto un referendum; e nella maggioranza dei casi in cui viene impugnato questo strumento di democrazia diretta, i cittadini seguono il parlamento.
Effetto preventivo
L’influsso del diritto referendario non si limita tuttavia ai testi che vengono sottoposti al voto popolare. Già solo la prospettiva della possibilità che sia lanciato un referendum spesso porta a trovare un compromesso con i potenziali oppositori, per riunire una maggioranza parlamentare, in modo che non lo indicano. Oppure per ridurre il più possibile l’opposizione in una votazione.
Serie “Toolbox”
In Svizzera c’è un sistema combinato di democrazia rappresentativa (indiretta) e democrazia diretta. Quest’ultima è sviluppata come in nessun altro paese. Lo dimostra, tra l’altro, l’elevato numero di votazioni federali svoltesi fino ad oggi: più di 620, un “record mondiale”.
In una serie di contributi per #DearDemocracy, Lukas Leuzinger esamina i più importanti e fondamentali strumenti, meccanismi e processi della democrazia diretta in Svizzera.
L’autore ha studiato scienze politiche all’università di Zurigo. Oggi lavora come giornalista e cogestisce il blog politico “Napoleon’s Nightmare”.
Nel caso concreto della riforma delle pensioni, è stato fatto un esercizio di equilibrismo da parte dei partiti di sinistra e di centro, in modo da ottenere la maggioranza in parlamento, dove è invece stata combattuta dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) e dal Partito liberale radicale (PLR, centro-destra), che erano contrari all’estensione dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS) e all’aumento delle rendite di 70 franchi al mese
Dal canto loro, gli oppositori dell’estrema sinistra, che hanno lanciato il referendum, volevano impedire che l’età pensionabile delle donne fosse innalzata dagli attuali 64 a 65 anni, vale a dire la stessa degli uomini.
Elaborare una nuova riforma che soddisfi la maggioranza dei cittadini non sarà un’impresa facile. Tuttavia, l’esempio della legge sull’energia, votata nel maggio 2017, dimostra che non è impossibile. Il disegno di legge, che prevedeva l’abbandono progressivo del nucleare e la promozione delle energie rinnovabili, aveva suscitato resistenze in seno ai partiti di centro-destra e destra.
Una levetta di sicurezza
Durante le deliberazioni in parlamento, i partiti di sinistra e di centro sono riusciti a soddisfare parzialmente le richieste delle cerchie economiche, in particolare istituendo fondi supplementari da destinare a ristrutturazioni efficienti dal punto di vista energetico. Questo non bastava all’UDC che ha quindi lanciato il referendum. Ma la maggioranza del PLR si è detta soddisfatta e ha dunque sostenuto la legge. Si è così costituita un’ampia alleanza che ha fatto campagna a favore della legge e che l’ha portata al successo nella votazione popolare.
Il diritto di referendum agisce come una spada di Damocle sulla politica. Una spada che fa effetto anche senza usarla. In definitiva, la democrazia diretta consente un controllo supplementare dell’elettorato sui politici eletti.
Il fatto che in Svizzera la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche sia più elevata che in altri paesi è probabilmente legato in larga misura a questo. La fiducia è una buona cosa. Ma per i cittadini è più facile fidarsi del governo e del parlamento se hanno in mano una levetta di sicurezza.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.