Studi medici: la moratoria potrebbe terminare
La moratoria sull'apertura di nuovi studi medici non deve essere ulteriormente prolungata: così si è espresso mercoledì il Consiglio nazionale, diversamente da quanto auspicato dal ministro della sanità Pascal Couchepin.
La sospensione – con l’obiettivo di impedire un afflusso eccessivo di dottori dall’estero, segnatamente dall’Ue – è stata introdotta nel 2002 e mantenuta fino al 2008.
Da sei anni, i medici non possono più aprire un loro gabinetto in Svizzera. La decisione era stata presa nel 2002 per cercare di contenere l’esplosione dei costi della salute e proteggere il mercato nazionale.
Il provvedimento, però, scade il 3 luglio prossimo e potrebbe essere effettivamente abrogato a causa di un disaccordo che vede opposte le due Camere del parlamento.
Mercoledì, infatti, il Consiglio Nazionale (Camera bassa) ha rifiutato di entrare in materia sul progetto del Consiglio degli Stati (Camera alta), che prevedeva di prorogare ancora una volta questa moratoria sino alla fine del 2010. Limitata inizialmente a tre anni, la moratoria era già stata prolungata una volta.
I senatori volevano rinnovarla, non essendo riusciti per il momento a pronunciarsi sulla libertà degli assicuratori di scegliere i medici con cui intendono collaborare (libertà contrattuale).
Nessun effetto sui costi
“Da sei anni il Consiglio degli Stati trascina avanti questo dossier. Se proroghiamo questa misura ancora una volta, continuerà a non far nulla”, ha criticato Roland Borer, deputato dell’Unione democratica di centro.
Complessivamente 116 consiglieri nazionali hanno votato contro una nuova procrastinazione; 67 i voti a favore. Il fronte del “no” ha riunito una maggioranza multiforme, composta da partigiani della libertà contrattuale (a destra) e da risoluti oppositori, in particolare tra i Verdi, del congelamento dell’apertura di studi medici.
Per la maggioranza dei deputati, l’attitudine del Consiglio degli Stati è solo una soluzione di ripiego. “I difetti della moratoria sono infatti numerosi”, ha sottolineato Thérèse Meyer (Partito popolare democratico).
Secondo Thérèse Meyer, i cantoni hanno interpretato la moratoria in maniera molto diversificata. Il congelamento ha inoltre provocato una penuria di medici nelle regioni rurali e spinge i pazienti ad indirizzarsi soprattutto ai servizi d’urgenza degli ospedali. E ciò senza nessun influsso sui costi della salute.
Libera circolazione
Il ministro della salute Pascal Couchepin è intervenuto invano contro la decisione della Camera bassa: “Seimila medici stranieri lavorano negli ospedali svizzeri. Aprirebbero volentieri un loro gabinetto, ma come specialisti nelle città, non come generalisti in campagna e sono quest’ultimi che mancano”, ha affermato.
Secondo Couchepin, ciò costerà 300 milioni di franchi supplementari all’assicurazione malattia. Giocando la carta europea, il presidente della Confederazione ha pure cercato di convincere Verdi, Partito liberale radicale e Partito popolare democratico.
“L’arrivo di medici europei creerà un certo malcontento e questo alla vigilia di un appuntamento importante, poiché il popolo nel maggio del 2009 dovrà verosimilmente pronunciarsi sulla libera circolazione”, ha aggiunto. Senza successo. Pascal Couchepin ha potuto contare solo sul sostegno del Partito socialista, di buona parte dei popolari democratici e di qualche radicale.
Nessun regalo agli assicuratori
Per i socialisti, si trattava soprattutto di evitare il caos che provocherebbe un abbandono della moratoria senza misure alternative e soprattutto di opporsi al progetto della destra che consiste “nel far regali agli assicuratori, offrendo loro la libertà contrattuale”.
“La salute è un bene pubblico, che non deve essere sottomessa al diktat delle casse”, ha dichiarato Stéphane Rossini.
Il dossier torna ora al Consiglio degli Stati. Se i senatori confermeranno la loro posizione, il Consiglio nazionale potrebbe affossare il progetto, rifiutando una seconda volta l’entrata in materia.
swissinfo e agenzie
In Svizzera, quando un medico riceve l’autorizzazione per aprire un nuovo studio, le casse malati sono tenute a considerarlo, indipendentemente dalle tariffe praticate dal professionista. Pertanto, le casse malati indicano in questo fattore una delle cause principali dell’aumento dei costi della salute.
Al centro delle discussioni vi è pertanto la soppressione del cosiddetto «obbligo di contrarre», che costituisce però una misura assai discussa a livello politico. Ad acuire le tensioni vi è inoltre il fatto che proposta del governo in merito a questo provvedimento si trova da lungo tempo presso la commissione responsabile in seno al Consiglio degli Stati.
Se l’obbligo di contrarre dovesse essere eliminato, le casse malati avrebbe la possibilità di decidere autonomamente con quali medici collaborare.
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