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Sull’Unione Europea la Svizzera rimane profondamente divisa 

due donne
La presidente della Confederazione Viola Amherd (a sinistra) durante un incontro a Bruxelles con la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Keystone / Alessandro Della Valle

La popolazione svizzera è poco entusiasta dell'UE, ma considera importanti gli accordi bilaterali con Bruxelles.

Le relazioni con l’Unione Europea rimangono un tema molto controverso in Svizzera. È quanto emerge da un sondaggio della Società svizzera di radiotelevisione SSR.

Le risposte che quasi 20’000 cittadini e cittadine hanno dato sull’UE e sugli accordi bilaterali mostrano un’opinione pubblica estremamente divisa. La maggioranza della popolazione riconosce l’importanza dell’UE per l’economia svizzera. Si tratta di una visione razionale, economicamente motivata, diffusa in tutto lo spettro politico.

Vi è però un grande “ma”: a livello emotivo e personale, nel cuore degli svizzeri e delle svizzere domina un sentimento di distanza e indifferenza.

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Devo ragionare sulla base dei miei sentimenti o tenendo conto dell’economia svizzera in generale? È questo il fulcro attorno a cui ruoterà un dibattito che è appena agli inizi, sottolineano gli autori e le autrici del sondaggio.

“L’UE è un tema altamente polarizzante”, afferma Martina Mousson dell’istituto di ricerca gfs.bern, che ha condotto il sondaggio. “Il nucleo delle critiche è la preoccupazione per la sovranità della Svizzera”, afferma Mousson.

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I negoziati tra Berna e Bruxelles sull’aggiornamento degli accordi bilaterali sono vicini a una possibile conclusione. L’obiettivo del sondaggio commissionato dalla SSR era quello di tastare il polso dell’elettorato, visto che un nuovo dibattito sull’UE sembra inevitabile.

L’argomento è stato poco discusso dall’opinione pubblica svizzera negli ultimi tempi, anche se l’interesse per questo tema è grande, come ha dimostrato anche il sondaggio, al quale hanno partecipato come detto quasi 20’000 persone.

La discussione si riaccenderà al più tardi quando si dovrà valutare l’esito dei negoziati.

Uno sguardo critico sull’UE

Come viene percepita l’UE in Svizzera? Bruxelles suscita sentimenti contrastanti e c’è una prevalenza di percezioni negative, afferma Mousson. L’UE è vista in modo più critico nella Svizzera italiana. A sud delle Alpi, i prezzi e i salari hanno subito e subiscono una forte pressione e molti mettono in causa della libera circolazione delle persone.

Nonostante le ampie critiche all’UE come istituzione, la sua importanza per l’economia svizzera è ampiamente e chiaramente riconosciuta. “È questa l’ambivalenza in cui si formano le opinioni”, afferma Mousson.

Chi vede con favore l’UE la considera un progetto di pace e prosperità. La visione positiva è caratterizzata anche dal credo di un’idea europea, una comunità di valori con obiettivi e interessi comuni.

Ad avere questa visione sono soprattutto persone che si sentono europee e apprezzano le relazioni con i Paesi vicini. Tuttavia “coloro che hanno un’immagine positiva dell’UE sono una minoranza”, afferma Martina Mousson.

Un “mostro burocratico”

La maggioranza vede l’UE come un “mostro burocratico”, “antidemocratico”, che sta facendo perdere alla Svizzera il diritto di avere voce in capitolo e che “non è in grado di rispondere adeguatamente alle grandi sfide del mondo”.

“Il sentimento negativo è complesso e sfaccettato”, dice Mousson, “ed è dominato da un forte desiderio di autodeterminazione e libertà”.

Gli accordi bilaterali convincono ancora

L’opinione dell’elettorato svizzero sugli accordi bilaterali, che regolano le relazioni tra Berna e Bruxelles, è altrettanto ambivalente. La maggior parte dei cittadini e delle cittadine ritiene che il Paese starebbe peggio senza di essi e che favoriscano l’economia svizzera.

Tuttavia, la maggioranza condivide anche l’impressione che la libera circolazione delle persone abbia portato a un alto livello di immigrazione e che questo comporti un ulteriore onere per il sistema di assicurazioni sociali della Svizzera, nonché una pressione sui salari o sugli affitti.

Nel complesso, però, prevale una valutazione positiva degli accordi bilaterali.

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Alla domanda sui negoziati in corso, quasi tre quarti delle persone intervistate li reputa importanti e più della metà li considera anche urgenti. Solo gli elettori e le elettrici dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) li ritiene poco importanti.

Lukas Golder, dell’istituto gfs.bern, ritiene che la discussione futura si articolerà su due assi: da un lato, la visione secondo cui i nuovi accordi sono positivi per il Paese e aiutano l’economia. Dall’altro, vi sarà l’aspetto più emotivo. “Oggi le emozioni sono più rilevanti e non sono necessariamente a favore di un ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali”, afferma Golder. 

Secondo Martina Mousson, se un giorno la questione sarà sottoposta all’elettorato, molto probabilmente si creeranno due campi molto contrapposti, il che significa che “molte persone non saranno aperte alla discussione”. Per superare questi schieramenti, sarebbe necessaria una visione comune del futuro della Svizzera. Visione che almeno per ora manca.

Articolo a cura di Giannis Mavris

Traduzione con l’aiuto di Deepl/mar

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