Svizzera-Iran: una visita non gradita da tutti
Il viaggio della ministra svizzera degli affari esteri Micheline Calmy-Rey in Iran continua a sollevare critiche. Dopo gli Stati uniti, anche il governo israeliano ha deplorato la visita, definendola un "atto ostile".
Pochi giorni fa, l’amministrazione americana aveva biasimato il contratto sulla fornitura di gas iraniano firmato dalla delegazione svizzera a Teheran.
Due giorni dopo la sua conclusione, il viaggio di Micheline Calmy-Rey in Iran rimane sotto il fuoco delle critiche. Mercoledì anche il governo israeliano ha espresso il suo disappunto, convocando l’ambasciatore svizzero a Tel-Aviv, Walter Haffner, per un colloquio con il direttore generale aggiunto del ministero per l’Europa occidentale, Rafi Barak.
Per le autorità dello Stato ebraico, la visita della numero uno della diplomazia elvetica a Teheran rappresenta “un atto ostile nei confronti di Israele”, ha indicato l’ambasciata israeliana a Berna in un comunicato pubblicato mercoledì.
Delusione da parte israeliana
Al centro delle critiche figura la firma di un contratto tra la Società Elettrica di Laufenburg (EGL) e l’azienda iraniana Gas Export Company (Nigec), avvenuta lunedì a Teheran alla presenza di Micheline Calmy-Rey. L’accordo prevede, in particolare, la fornitura annua di 5,5 miliardi di metri cubi di gas iraniano all’impresa elettrica elvetica.
Secondo il governo israeliano, “non è il buon momento per fare affari con l’Iran”, visto che il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha imposto il 3 marzo scorso sanzioni nei confronti della repubblica islamica e dato che la comunità internazionale tenta di spingere l’Iran ad abbandonare il suo controverso programma nucleare.
“L’Iran prosegue il suo programma nucleare, offre sostegno finanziario a organizzazioni radicali, sostiene il terrorismo, calpesta i diritti umani e nega l’esistenza di uno Stato indipendente (quello ebraico) e membro dell’ONU”, ha affermato l’ambasciata israeliana a Berna nel suo comunicato. Le autorità di Teheran non esiterebbero inoltre a manifestare apertamente il loro antisemitismo e il loro odio nei confronti di Israele.
“Molto delusa” dell’atteggiamento della Confederaione si è detta anche la Federazione svizzera delle comunità israelitiche (FSCI). In una nota, la FSCI afferma di non comprendere perché la Svizzera scelga proprio l’Iran, che nega l’esistenza dello Stato ebraico, quale paese fornitore di gas.
Segnale sbagliato
Critiche dello stesso tenore erano state formulate due giorni fa anche dagli Stati uniti, che avevano espresso la loro “delusione”. Secondo l’ambasciata americana in Svizzera, l’accordo firmato vìola lo spirito delle sanzioni adottate contro la repubblica islamica in seguito al contenzioso nucleare che oppone Teheran alla comunità internazionale.
Con questo contratto, la Confederazione avrebbe inviato un “segnale sbagliato” alle autorità di Teheran, proprio in un momento in cui l’Iran si oppone alle decisioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sul suo programma di arricchimento dell’uranio.
Calmy-Rey si difende
Da parte sua, la ministra svizzera degli affari esteri ha respinto nei giorni scorsi queste critiche, difendendo la legittimità del contratto firmato dall’azienda elvetica per la fornitura di gas iraniano.
A detta della numero uno della diplomazia svizzera, l’accordo non vìola né le sanzioni dell’Onu, né le misure adottate finora dalla Casa Bianca per far pressione sul governo iraniano (Iran Sanctions Act).
La Svizzera non ha bisogno di nessuna autorizzazione per assicurare la sua indipendenza energetica, ha sottolineato Micheline Calmy-Rey, al termine della sua visita a Teheran.
Il gas naturale sarà trasportato verso l’Italia in un gasdotto, il Trans-Adriatic Pipeline (TAP), che attraverserà la Grecia e l’Albania ed entrerà in funzione nel 2011. Grazie a questo contratto, un quarto pilastro di fornitura di gas sarà messo in funzione in Europa, ha precisato Micheline Calmy-Rey. L’accordo firmato a Teheran permetterà quindi di assicurare la diversificazione dell’approvvigionamento di questa fonte energetica e diminuirà la dipendenza dal gas russo.
swissinfo e agenzie
L’industria svizzera del gas naturale (metano) impiega circa 1700 dipendenti e consegue un fatturato di 1,7 miliardi di franchi all’anno. La sua rete di distribuzione si estende su 16’000 km. Contrariamente a quello dell’Unione europea, il mercato elvetico non è liberalizzato.
La Confederazione è approvvigionata da un centinaio di società, per la maggior parte pubbliche. Queste si riforniscono all’estero tramite quattro società regionali, riunite in una centrale d’acquisto (Swissgaz).
Secondo l’Ufficio federale dell’energia, il 95% del gas consumato in Svizzera proviene da Paesi Bassi, Norvegia, Germania, Algeria e Russia.
Come nel resto del mondo, in Svizzera il consumo di gas naturale è decisamente aumentato negli ultimi decenni. Il gas rappresenta il 12% dei bisogni energetici elvetici. I nuclei famigliari consumano il 40% del totale, l’industria il 33%, i trasporti e i servizi il 27%.
La Svizzera si rifornisce esclusivamente all’estero. Tramite dodici punti di accesso, è collegata alla rete europea di gasdotti, che si estende su 190’000 km, dal Baltico al Mediterraneo e dall’Atlantico alla Siberia.
Micheline Calmy-Rey e il ministro iraniano degli affari esteri Manucher Mottaki hanno convenuto lunedì che il dialogo fra Svizzera e Iran sui diritti umani, in corso da cinque anni, deve affrontare questioni concrete. A tal fine, verrà istituita una commissione incaricata di preparare il prossimo incontro bilaterale.
Con l’omologo iraniano, Micheline Calmy-Rey ha evocato la pena di morte, in particolare riguardo ai minorenni, come pure le punizioni corporali, quali ad esempio le amputazioni.
La responsabile della diplomazia svizzera ha ricordato che Berna continua ad impegnarsi in favore di una soluzione diplomatica nella crisi legata al programma nucleare iraniano.
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