Svizzera-Tunisia: una relazione piuttosto tiepida
I contatti tra la Svizzera e la Tunisia di Ben Ali non hanno brillato per il loro calore. L'ex presidente della Confederazione Samuel Schmid – il cui discorso aveva irritato parecchio il regime tunisino nel 2005 – spera che la situazione nel paese si normalizzi senza violenze.
Dopo il colpo di Stato di Ben Ali, nel 1987, le relazioni tra la Confederazione e la Tunisia sono state piuttosto fredde. A titolo di esempio, dal 1995 al 2000 il paese africano non aveva un ambasciatore permanente a Berna.
Sul sito del Dipartimento federale degli affari esteri – nella sezione concernente i rapporti tra Berna e Tunisi – si legge tra l’altro che «a gettare alcune ombre sui rapporti bilaterali tra i due Stati sono le posizioni divergenti in materia di rispetto dei diritti umani».
L’ex ambasciatore François Nordmann precisa che la Svizzera ha avuto per lungo tempo relazioni d’amicizia con la Tunisia, in particolare durante la presidenza di Habib Bourguiba, che si recava regolarmente nella Confederazione. Una situazione che non ha però impedito a Berna di esprimere le proprie riserve in materia di diritti umani.
Anouar Gharbi, coordinatore del Comitato svizzero di sostegno al popolo tunisino, è in Svizzera dal 1991. «Inizialmente non eravamo presi molto sul serio, ma poi gli svizzeri si sono resi conto che la situazione in Tunisia era davvero degradata».
Le parole di Schmid…
A questo proposito l’ex ministro svizzero della difesa Samuel Schmid aveva parlato chiaro, contribuendo a far salire la tensione tra i due paesi. Durante il vertice sulla società dell’informazione – tenutosi proprio a Tunisi nel novembre del 2005 – l’allora presidente della Confederazione aveva dichiarato: «Non è accettabile che tra i membri delle Nazioni Unite vi siano ancora Stati che imprigionano i loro cittadini solo perché hanno criticato le autorità su internet o a mezzo stampa».
Schmid aveva pure aggiunto: «Dovrebbe essere una cosa ovvia che qui a Tunisi – e non solo tra queste mura – tutti possano discutere in libertà». La Tunisia non apprezza il discorso: la televisione pubblica Canal 7 interrompe la trasmissione della cerimonia e le pagine di swissinfo.ch – che riporta l’incidente – sono oscurate in modo praticamente ininterrotto fino alla metà di gennaio del 2011.
Lo stesso Samuel Schmid – interpellato da swissinfo.ch – ricorda: «Per gli impiegati dall’ambasciata svizzera quel periodo era particolarmente difficile, poiché sapevano di essere controllati». La rappresentanza elvetica a Tunisi si trova infatti vicino al palazzo presidenziale: «Sorvegliare l’ambasciata non era quindi difficile».
In merito ai recenti eventi, Schmid commenta: «È successo ciò che è prevedibile per tutti questi regimi: la libertà non può essere semplicemente calpestata. La situazione ha potuto essere modificata soprattutto grazie alla popolazione e ai moderni mezzi di comunicazione; speriamo ora che vi possa essere una fase di stabilizzazione senza spargimenti di sangue».
… e altri incidenti
Dal 1991 la Svizzera ha accolto i rifugiati politici provenienti dalla Tunisia. Attualmente, nella Confederazione vivono alcune centinaia di rifugiati tunisini. Uno di loro – Abdennacer Naït-Liman, nel paese dal 1995 – aveva accusato di tortura l’attuale capo del Senato Abdallah Kallel.
Naït-Liman, responsabile di un’associazione che riunisce le vittime di torture in Tunisia, ha presentato una denuncia alle autorità ginevrine nel 2001: a quell’epoca Kallel aveva appena abbandonato la funzione di ministro dell’interno e si trovava in Svizzera, a Ginevra, per ricevere delle cure mediche.
La polizia decide di avviare un’inchiesta preliminare, considerando che la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura – ratificata da Svizzera e Tunisia – costituisce una base legale sufficiente per dar seguito alla denuncia. Nulla da fare: Kallel scompare nel nulla e Ben Ali gli conferisce immediatamente uno statuto speciale, garanzia d’immunità diplomatica.
Verso la fine del 2005, oltre all’incidente diplomatico al vertice di Tunisi, tra i due paesi vi sono nuovi momenti di tensione: in dicembre, la ministra svizzera degli affari esteri Micheline Calmy-Rey incontra infatti due oppositori al regime di Ben Ali. Un gesto che non piace affatto a Tunisi, che critica il comportamento «poco amichevole» della Svizzera.
L’anno seguente, un militante svizzero di Amnesty International è arrestato e espulso dalla Tunisia. Interrogato da Berna in merito ai motivi del provvedimento, il ministero tunisino degli esteri parla di «violazione della sovranità nazionale», aggiungendo che la Svizzera «non ha nulla da insegnare alla Tunisia in materia di diritti umani».
Comportamento tipico
Manon Schick – portavoce e futura direttrice della sezione svizzera di Amnesty International – sottolinea che il comportamento della Svizzera nei confronti della Tunisia non è però diverso da quello nei confronti degli altri Stati: gli oppositori vengono protetti, ma senza compromettere eccessivamente le relazioni ufficiali.
In particolare, secondo Schick, anche se il discorso di Samuel Schmid aveva dei toni forti, non va dimenticato che il vertice preparatorio si era tenuto in Svizzera: spettava dunque a Berna far sentire la propria voce. La Confederazione non è quindi stata particolarmente decisa nel condannare il regime di Ben Ali? «Onestamente non saprei dirlo», conclude Manon Schick.
Stando a Le Monde, che si basa su informazioni dei servizi segreti francesi, la famiglia di Zine El Abidine Ben Ali sarebbe fuggita dal paese con 1,5 tonnellate d’oro (circa 45 milioni di euro). La Banca centrale tunisina ha smentito la notizia.
Dal canto suo, il Comitato di sostegno al popolo tunisino e il Partito socialista hanno chiesto al Ministero pubblico della Confederazione di bloccare i conti di Ben Ali in Svizzera.
A tal proposito, il Dipartimento federale degli affari esteri ha comunicato che la Svizzera si riserva la possibilità di adottare le misure necessarie, compresa quella evocata.
La Tunisia – con una superficie di 163’610 km2 (e oltre 10 milioni di abitanti) – è quattro volte più grande della Svizzera. Nella Confederazione vivono circa 8-9’000 tunisini.
Secondo il Dipartimento federale degli affari esteri, nel 2009 circa 1’215 cittadini elvetici abitavano in Tunisia.
Nel 2009, la Svizzera ha esportato verso la Tunisia beni (in particolare: macchinari, prodotti farmaceutici, tessili) per un valore complessivo di 210 milioni di franchi; le importazioni (soprattutto pietre preziose, prodotti agricoli) dal paese africano ammontavano a 37 milioni di franchi.
Nel 2004, la Tunisia ha firmato un accordo con l’Associazione europea di libero scambio, di cui la Svizzera fa parte.
Le aziende svizzere presenti nello Stato nordafricano operano soprattutto nel settore tessile, dell’abbigliamento e dei generi alimentari.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.