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Svizzeri divisi sull’obbligo di leva

La metà degli abitanti della Svizzera romanda non sarebbe dispiaciuta se l'esercito svizzero scomparisse. VBS

Secondo un sondaggio pubblicato domenica, gli Svizzeri tedeschi sostengono ampiamente l’obbligo di leva. I romandi, invece, la pensano diversamente.

Questo dovere civico è prettamente legato al sistema di milizia e costituisce uno dei simboli della tradizione e dell’identità elvetica.

L’esercito di milizia è fonte di una nuova spaccatura fra le regioni linguistiche della Confederazione.

Mentre un romando su due vorrebbe che il servizio di leva obbligatorio fosse abolito, gli Svizzeri tedeschi si dimostrano maggiormente legati a questo dovere civico e «solo» il 27% di loro ne farebbe volentieri a meno.

È quanto emerge da un sondaggio condotto dall’istituto Erasm il 12 e il 13 maggio su un campione rappresentativo di mille aventi diritto di voto, i cui risultati sono stati pubblicati domenica dal quotidiano romando «Le Matin dimanche». La Svizzera italiana non è stata consultata.

Svizzera senza esercito

Alla domanda «Vi sentireste meno sicuri se la Svizzera non avesse più un esercito?», il 56% degli intervistati risponde che proverebbe un sentimento di insicurezza, mentre il 41% afferma che tale possibilità lo lascerebbe indifferente.

Analizzando a livello locale i risultati della domanda sull’utilità dell’esercito, emerge anche in questo caso una spaccatura fra le due principali regioni linguistiche del Paese: il 50% dei romandi rimarrebbe indifferente se l’esercito fosse abolito, mentre solo il 47 % si sentirebbe meno sicuro.

Nella Svizzera tedesca, invece, l’idea di un Paese senza esercito suscita insicurezza fra il 59 % degli intervistati, contro il 38 % di coloro che pensano che non cambierebbe nulla.

Nuovi orientamenti

L’occasione per lanciare l’analisi è stata data dal nuovo adattamento delle priorità dell’esercito elvetico, annunciato giovedì scorso dal ministro della difesa Samuel Schmid.

La riforma non implica una riduzione degli effettivi – che rimarranno stabili a 220 uomini – ma prevede un nuovo orientamento delle forze armate elvetiche.

In futuro, le capacità attribuite alla difesa militare classica del territorio saranno dimezzate e le truppe di fanteria si troveranno essenzialmente impegnate in missioni di sicurezza come la protezione di infrastrutture, edifici o conferenze internazionali.

Per le operazioni di mantenimento della pace, a partire dal 2008, l’esercito dovrebbe invece potere impiegare simultaneamente 500 uomini.

Schmid giustifica il cambiamento di strategia con l’analisi dei nuovi rischi: la minaccia del terrorismo è reale, mentre è poco probabile che in Europa, in un futuro prossimo, possa scoppiare una nuova guerra. Benché l’obiettivo rimanga la difesa del Paese, sarà quindi data una maggiore importanza all’appoggio alle autorità civili.

La via scelta dal consigliere federale viene globalmente approvata dalla maggioranza degli svizzeri: il 59 % appoggia la riorganizzazione dell’esercito, il 26 % la boccia, mentre il 15 % non sa forgiarsi un’opinione chiara in merito.

Sostegno dal centro

La riforma attuata da Schmid è ampiamente sostenuta dai partiti di centro.

Il Partito popolare democratico si dichiara favorevole alla riforma a condizione che l’esercito svizzero rimanga in grado di assicurare la difesa del Paese e che le forze aeree non siano smantellate. I liberali radicali chiedono invece uno sviluppo mirato delle operazioni di promozione della pace.

Dal canto loro, i socialisti esprimono una certa delusione per il fatto che né Schmid né il capo dell’esercito svizzero, Christophe Kekeis, siano entrati in merito alla domanda sugli effettivi pletorici dell’armata elvetica. Così come il Consiglio svizzero per la pace, il partito di sinistra chiede che si analizzi l’utilità stessa dell’obbligo di leva e che si diminuiscano drasticamente gli effettivi.

I Verdi accusano invece il Consiglio federale di sviluppare gli interventi militari all’estero benché non sussista una reale minaccia. Sulla stessa linea d’onda, il partito di destra UDC (Unione democratica di centro) condanna la scelta di inviare importanti elementi dell’esercito elvetico all’estero.

Si risparmia sulla difesa classica, ma al contempo si invia un contingente di 500 militari all’estero: una scelta criticata dall’UDC, che lancia un monito: «Non permetteremo che, con queste decisioni, si approfitti per fare entrare la Svizzera nell’UE attraverso vie laterali».

swissinfo e agenzie

In Svizzera vige il sistema dell’esercito di milizia.

Ogni cittadino con passaporto rossocrociato sottostà di principio all’obbligo di prestare servizio militare a partire dall’età di 19 anni.

Per le donne e gli Svizzeri all’estero invece, l’arruolamento nell’esercito è volontario.

Il servizio militare ha inizio con la scuola reclute, che dura generalmente dalle 18 alle 21 settimane.

Dopo la scuola reclute, i militi devono seguire dei corsi di ripetizione durante 6-7 anni, ognuno della durata di 19 giorni ca.

Attualmente l’esercito svizzero si compone complessivamente di 220’000 uomini, di cui:
120’000 soldati attivi
20’000 reclute
80’000 riservisti
La riforma annunciata giovedì non prevede di diminuire questo contingente
Nel 1995 i soldati svizzeri erano 400’000
Nel 1961 potevano invece essere mobilitate tra le 600’000 e le 800’000 persone

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