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UDC, una campagna elettorale senza fine

Il presidente dell'UDC, Ueli Maurer, davanti a uno dei manifesti per la campagna contro la naturalizzazione degli stranieri Keystone Archive

Per la destra svizzera l'impiego costante di toni da campagna elettorale è la chiave del successo. L'ultimo esempio? La votazione popolare sulla naturalizzazione facilitata degli stranieri.

Il politologo Julian Hottinger parla a swissinfo del poderoso marchingegno politico dell’Unione democratica di centro.

L’Unione democratica di centro (UDC) non ha lesinato gli sforzi per convincere gli elettori a respingere le proposte del governo che vertevano sulla naturalizzazione facilitata dei giovani stranieri.

Manifesti con mani nere che si avventano sul passaporto svizzero, una carta d’identità elvetica con l’effige di Osama Bin Laden, un grafico secondo il quale nel 2040 i musulmani rappresenteranno la maggioranza della popolazione residente in Svizzera: impossibile ignorare la massiccia presenza del messaggio UDC sui giornali e per strada.

Ed ecco che appena passata una votazione, l’UDC pensa subito alla prossima, annunciando che combatterà a spada tratta l’adesione della Svizzera all’accordo di Schengen.

Julian Hottinger, un politologo che in passato ha lavorato all’Istituto per il Federalismo di Friburgo, spiega a swissinfo che il successo dell’UDC maschera delle contraddizioni che un giorno potrebbero nuocere al partito.

swissinfo: L’UDC è un marchingegno politico formidabile che sembra non stancarsi mai di fare campagna elettorale. Perché?

Julian Hottinger: Tutto è cominciato cinque o sei anni fa. Il partito ha capito che c’erano delle buone ragioni per diventare un «gruppo d’interessi», per difendere degli interessi precisi. Ha messo in moto una macchina che non si è più fermata, un lavoro costante, iniziativa dopo iniziativa.

L’obiettivo è quello di mettere il governo sotto pressione e d’insistere sugli argomenti che il partito ha scelto come suoi obiettivi principali.

L’UDC è una macchina che fa continuamente campagna, non una macchina elettorale, ma una macchina politica che fa pressione sul sistema, che blocca il sistema, che porta avanti iniziative ritenute in difesa dei valori tradizionali della Svizzera, ma che per dire la verità sono piene di contraddizioni.

swissinfo: Proprio l’UDC, che dichiara di voler difendere la Svizzera, sta mettendo in questione le basi del sistema politico elvetico. Sta cercando di distruggere la politica del consenso?

J.H.: Quello che sta facendo è di giocare con la debolezza degli altri partiti che sono andati alla ricerca di consensi e compromessi, che hanno cercato di costruire un sistema dove tutti sono coinvolti, dove tutte le opinioni sono prese in considerazione.

L’UDC proprio non crede in questo sistema. Pensa che debbano essere prese delle decisioni dure, anche se escludono una qualche minoranza.

swissinfo: Perché gli altri partiti non si appropriano di questa tattica per combattere l’UDC?

J.H.: Semplicemente perché gli altri partiti non hanno lo stesso tipo di macchina politica, la stessa tradizione, ma soprattutto non hanno lo stesso linguaggio violento che si usa quando si vuole attaccare qualcun altro. Si stanno svegliando piano piano. I socialisti, per esempio, hanno cominciato a rispondere per le rime all’UDC.

Ma gli altri due grandi partiti, quello liberale e quello popolare democratico, hanno qualche difficoltà. Ciò è dovuto anche al fatto che all’interno di questi partiti sono rappresentate diverse opinioni e tendenze. Risulta quindi più difficile per loro sviluppare una strategia comune volta a combattere l’UDC.

swissinfo: Qualcuno sperava che con l’elezione di Christoph Blocher in Consiglio federale, avvenuta lo scorso dicembre, il partito sarebbe stato privato del suo uomo più rappresentativo. Ma le cose non sembrano essere andate così. E Blocher, che sarebbe tenuto a difendere le posizioni del governo, viene in un qualche modo meno al suo dovere.

J.H.: È vero, l’UDC si fa sentire sempre più spesso e Blocher si comporta in modo sorprendente per un ministro.

Ma non sono sicuro che questo significhi che siano diventati più forti. Credo ci sia della confusione all’interno del partito. Penso che l’UDC stia cominciando a capire che sta vivendo una situazione contradditoria. Nel contempo cerca di portare avanti il suo programma nel modo migliore possibile.

Blocher stesso ha dei problemi con il suo ruolo di ministro e all’interno del Consiglio federale. Sta perdendo credibilità. La gente dice: «Ora è consigliere federale, non lo sentiamo più parlare come una volta e non difende sempre le nostre posizioni, piuttosto se ne sta tranquillo in disparte».

swissinfo: Qualcuno dice che l’UDC stia cercando di colmare il vuoto lasciato da Blocher alzando la voce e intensificando le campagne.

J.H.: Questa è la mia interpretazione: all’UDC manca un leader, ha perso un leader – anche se è ancora lì – e fa fatica a trovarne uno in grado di rimpiazzarlo.

Nello stesso tempo i politici dell’UDC sono messi sotto pressione dai loro elettori che dicono: «Ci avete promesso questo e questo, e fino ad oggi non abbiamo visto arrivare niente di concreto. Cosa è successo al dinamismo che caratterizzava il partito sei, sette mesi fa?»

Intervista swissinfo: Jonas Hughes
(traduzione: Doris Lucini)

Il politologo Julian Hottinger vede l’Unione democratica di centro come una macchina politica che fa continuamente campagna.

Ritiene che alcune delle iniziative proposte dal partito siano piene di contraddizioni.

Per Hottinger, l’UDC gioca con la debolezza dei suoi avversari e non crede nel sistema politico del consenso.

Il politologo pensa che regni una certa confusione all’interno del partito e che la sua punta di diamante, il consigliere federale Blocher, stia perdendo credibilità.

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