Un aiuto che suscita discordia tra Svizzera e UE
La ministra svizzera degli affari esteri si reca martedì a Bruxelles per trattative sulla partecipazione finanziaria della Confederazione al fondo di coesione europea.
Micheline Calmy-Rey cercherà di sbloccare un dossier al centro da alcuni mesi di discordia tra la Svizzera e l’Unione Europea.
Il presidente della Confederazione Samuel Schmid e il primo ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker si sono mostrati lunedì fiduciosi su una possibile soluzione.
“La questione può essere risolta”, ha dichiarato Schmid alla stampa dopo aver incontrato il presidente in carica dell’Unione europea (UE). Apparso al suo fianco, Juncker ha detto di “credere alla Svizzera” e ha aggiunto di ritenere che un semplice Memorandum d’intesa, come chiesto da Berna, dovrebbe fornire “una sicurezza sufficiente”.
I due politici hanno tuttavia sottolineato che è la Commissione europea ad essere competente per il dossier e che martedì le discussioni proseguiranno a Bruxelles, con il previsto incontro tra la consigliera federale Micheline Calmy-Rey e la commissaria responsabile delle relazioni estere, Benita Ferrero-Waldner.
Senza nulla rivelare del contenuto dell’eventuale compromesso, Schmid ha dichiarato che Berna non cambierà la sua posizione. Il Consiglio federale rifiuta di concludere un accordo vincolante con l’UE e intende proseguire la sua tradizione di aiuto bilaterale con gli ex Paesi del blocco comunista.
Disaccordi sul contributo svizzero
Quale contributo all’allargamento verso Est dell’UE, la Svizzera si è impegnata a versare 1 miliardo di franchi nei prossimi 5 anni.
200 milioni di franchi all’anno destinati a sostenere lo sviluppo economico dei nuovi paesi membri. La loro adesione all’UE ha permesso di aprire un mercato più vasto, di cui può beneficiare anche l’economia svizzera.
Tra Berna e Bruxelles rimangono però ancora importanti disaccordi sull’impiego di questo contributo. I Venticinque vogliono strappare un accordo vincolante alla Svizzera.
Il governo elvetico preferisce invece una soluzione più flessibile, sotto forma di dichiarazione d’intenti, per evitare tra l’altro di creare un precedente giuridico.
Impazienza crescente
In dicembre, la Commissione europea ha cominciato ad impazientirsi. Benita Ferrero-Waldner (commissaria alle relazioni esterne) e Danuta Hübner (responsabile della politica regionale) lo hanno comunicato per iscritto a Micheline Calmy-Rey.
Infastidita, la ministra svizzera degli affari esteri ha reagito con toni accesi: “Non siamo dei burattini”, ha dichiarato in dicembre in un’intervista al quotidiano “Tages Anzeiger”.
Al giornale “Le Temps” Micheline Calmy-Rey ha perfino ammesso di essere “particolarmente contrariata dall’atteggiamento della Commissione europea”.
Questi propositi hanno ulteriormente gettato olio sul fuoco, anche se Bruxelles rifiuta di aggravare la polemica.
Queste dichiarazioni sarebbero destinate soprattutto agli euroscettici in Svizzera, in vista delle votazioni sull’adesione della Confederazione ai trattati di Schengen e Dublino e sull’estensione della libera circolazione delle persone.
Posizioni ferme
In attesa della visita a Bruxelles della responsabile della diplomazia elvetica, ogni parte rimane ferma sulle sue posizioni.
“La firma di un ‘memorandum of understanding’ con l’UE sarà assolutamente sufficiente”, si afferma presso l’Ufficio dell’integrazione a Berna. “Abbiamo una tradizione di cooperazione con i paesi dell’Europa centro-orientale da quattordici anni e vogliamo continuare ad aiutarli con lo stesso spirito”.
Il governo svizzero si dice pronto a discutere con i dirigenti dell’UE sulle grandi linee del contributo della Confederazione, ad esempio sui criteri di scelta dei progetti o sulla chiave di ripartizione del fondo.
Ma Berna esige di poter versare il proprio contributo direttamente ai nuovi membri dell’UE e di gestire con loro la realizzazione dei progetti.
“Si tratta di un contributo di solidarietà all’allargamento dell’Unione europea”, si afferma a Berna. “La Svizzera non partecipa direttamente alla politica regionale dell’UE”.
“I paesi membri dell’UE non hanno modificato la loro posizione: vogliono un accordo vincolante e chiedono che l’aiuto non sia limitato ai Dieci”, risponde un portavoce del Consiglio dei ministri.
“Bisogna definire un accordo con l’Unione europea. Una dichiarazione d’intenti non può bastare”, afferma un alto funzionario della Commissione europea. “Aspettiamo la visita di Micheline Calmy-Rey”.
swissinfo, Barbara Speziali a Bruxelles
(traduzione Armando Mombelli)
La Svizzera ha promesso di versare un contributo finanziario di 1 miliardo di franchi sull’arco di 5 anni (200 milioni per anno) per sostenere l’allargamento ad Est dell’Unione Europea.
I Venticinque chiedono la conclusione di un accordo vincolante sulla destinazione e l’impiego di tali aiuti.
Da parte sua, Berna preferisce limitarsi ad una dichiarazione d’intenti e vorrebbe trattare direttamente con i paesi beneficiari.
Per la Svizzera questo contributo dovrebbe venir destinato unicamente ai 10 nuovi membri dell’UE. Bruxelles vuole invece includere anche la Spagna, il Portogallo e la Grecia.
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