Un diplomatico tenace per la missione OSCE in Kosovo
Il Kosovo non è un'isola e il suo futuro statuto dovrà essere definito con la comunità internazionale. Ne è convinto il diplomatico svizzero Tim Guldimann.
A capo della missione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa in Kosovo, Guldimann spiega a swissinfo le ragioni del suo ottimismo, dopo i primi contatti con i dirigenti locali.
La provincia serba del Kosovo – da otto anni amministrata provvisoriamente dalle Nazioni Unite, dopo che i bombardamenti della NATO costrinsero al ritiro le truppe serbe – rimane in una sorta di limbo politico.
Nel tentativo di sbloccare la situazione, europei, americani e russi cercano un accordo tra la maggioranza albanese del Kosovo – che vuole la totale indipendenza – e le autorità serbe, che non vogliono sentir parlare di indipendenza. Il rapporto di questa “troika” diplomatica è atteso per il 10 dicembre.
Intanto il Kosovo si prepara alle elezioni generali e locali previste il prossimo 17 novembre. Ma il governo di Belgrado invita i serbi della provincia kosovara a boicottare le urne. Il diplomatico svizzero deve dunque muoversi in un clima di tensione.
swissinfo: Nelle sue nuove funzioni in Kosovo, quali sono le sfide principali?
Tim Guldimann: La priorità è la scadenza elettorale del 17 novembre, che permetterà di rinnovare parlamento, municipi e sindaci. Stiamo collaborando con la commissione elettorale centrale, che presiedo. Ma desidero che sia chiara una cosa: si tratta delle elezioni del Kosovo, non delle nostre.
Attualmente si sta anche discutendo sul futuro statuto della provincia ma, a questo livello, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) non è coinvolta. Non possiamo dunque sapere quale sarà l’esito di queste discussioni. Le possibilità di compiere passi avanti nella definizione di un accordo l’Unione europea (UE), gli USA e la Russia per la scadenza del 10 dicembre, sono però piuttosto remote.
L’UE si prepara ad inviare una missione in Kosovo che dovrebbe proseguire quella assicurata fin qui dalle Nazioni Unite. I tempi potrebbero essere rapidi, anche se la questione dello statuto di tale missione non è ancora regolata.
Il nostro compito è pertanto quello di preparare la missione dell’OSCE a muoversi nel futuro paesaggio della provincia, anche se non sappiamo esattamente come sarà. Oggi la nostra missione è integrata in quella dell’ONU. Per cui se sarà sostituita da una missione dell’UE, noi diventeremo indipendenti, a patto che i paesi membri dell’OSCE accettino la permanenza della missione.
swissinfo: Quali sono le prime impressioni dopo i contatti iniziali in Kosovo?
T.G.: Nei politici che ho incontrato finora, ho percepito in modo chiaro una forte volontà di guardare verso il futuro e di prendere in mano il destino del Kosovo, senza lamenti e senza biasimi rispetto ai problemi derivati da un passato tormentato. Questo atteggiamento mi pare molto incoraggiante per il futuro.
Per quanto riguarda gli interessi della minoranza serba del Kosovo e dei serbi che hanno lasciato la provincia, le autorità locali sono consapevoli che per la loro reputazione a livello internazionale, sarà importante prestare attenzione a questo aspetto. Si pronunciano pertanto a favore di un’integrazione positiva della comunità serba nel Kosovo.
swissinfo: Secondo lei, che cosa potrebbe succedere se la provincia rimanesse senza statuto o se decidesse di proclamare la propria indipendenza dopo il 10 dicembre?
T.G.: Dobbiamo continuare a credere nella possibilità di trovare, nei prossimi mesi, una soluzione. Dobbiamo tuttavia pensare anche a che cosa succederà se non riusciremo nel nostro intento.
Per la nostra missione è importante considerare le prossime elezioni di novembre come un fattore separato dalle discussioni sul futuro assetto della provincia. Indipendentemente da che cosa succederà in seguito, è importante che il Kosovo abbia delle istituzioni democraticamente elette.
Speriamo inoltre che le posizioni e le decisioni che saranno adottate dai politici locali nel quadro delle discussioni sul futuro statuto del Kosovo, siano condivise dai partner internazionali. Il Kosovo non è un’isola e il suo avvenire dipende dalla cooperazione con la comunità internazionale.
swissinfo: Si preoccupa per la sicurezza della provincia?
T.G.: Per ora la situazione è calma, perlomeno in apparenza e in superficie, anche nel nord del Kosovo, dove i serbi sono maggioritari. Ci rendiamo conto che le autorità locali stanno compiendo grossi sforzi per mantenere la sicurezza in vista delle elezioni e dei negoziati sul futuro della provincia. Sono perfettamente consapevoli dell’importanza della sicurezza e sanno che se venisse a mancare, comprometterebbe in modo serio il processo politico in atto.
E’ ovvio che la maggioranza albanese si aspetta una decisione rapida sull’indipendenza. Ma, al di là di ogni decisione, comprende perfettamente che ciò che conta per il futuro del Kosovo è trovare delle soluzioni in collaborazione e con l’accordo dei partner internazionali.
Il nostro compito principale è pertanto quello di definire uno scenario accettabile per la maggioranza albanese del Kosovo nel quadro di un accordo internazionale con l’UE, gli Stati Uniti, la Russia e la Serbia.
Intervista swissinfo, Simon Bradley
(traduzione e adattamento dall’inglese Françoise Gehring)
Tim Guldimann, nato nel 1950 a Zurigo e originario di Lostorf (Soletta), conclude gli studi universitari a Zurigo e a Dortmund con una licenza in scienze economiche e un dottorato in scienze politiche. Entra in servizio presso il Dipartimento federale degli affari esteri nel 1982.
La sua carriera diplomatica è costellata di impieghi al Cairo, a Ginevra e a Berna. Dal 1996 al 1997 Guldimann ha condotto il gruppo di sostegno dell’OSCE in Cecenia, dal 1997 al 1999 è stato Capo della missione OSCE in Croazia.
Il Consiglio federale lo ha nominato nel 1999 ambasciatore in Iran e Afghanistan con sede a Teheran. Dall’inizio di ottobre del 2007, Guldimann guida la missione OSCE in Kosovo.
La missione OSCE in Kosovo (OMiK) si fonda sulla decisione del Consiglio permanente del 1° luglio 1999.
Essa è stata integrata nel quadro generale della missione amministrativa ad interim delle Nazioni Unite (UNMIK) ed è competente per i settori dei diritti umani e delle minoranze, dello Stato di diritto, della creazione di istituzioni democratiche e dell’organizzazione di elezioni.
Con un effettivo attuale di circa 100 persone rappresenta la missione più importante delle 19 missioni OSCE.
L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, nata in piena guerra fredda, è stata convocata per la prima volta a Helsinki il 3 luglio 1973.
E’ un’organizzazione internazionale per la promozione della pace, del dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa che conta, attualmente, 56 paesi membri. E’ la più vasta organizzazione regionale per la sicurezza e la sua sede è a Vienna.
L’OSCE è attualmente presente sul territorio per mezzo di 19 “missioni” operative alle quali partecipano circa 1000 collaboratori internazionali, principalmente nel Caucaso e nella ex Jugoslavia.
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