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Una ministra che ha saputo… dividere

Mai inosservata: Micheline Calmy-Rey Keystone

Il giudizio della stampa svizzera sulla ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey, il giorno seguente le sue dimissioni, è contrastato. C'è chi le riconosce di aver dato visibilità internazionale alla Confederazione, e chi la critica per le scelte e i modi.

Secondo Le Temps, il grande merito di Micheline Calmy-Rey è stato quello di evitare alla Confederazione umiliazioni come il celebre “Qui est Monsieur Cotti? [ex ministro degli esteri]” pronunciato da Jacques Chirac.

Anche se il consenso in materia di politica estera è tutt’altro che raggiunto, grazie alla consigliera federale e alla sua «diplomazia pubblica», «perlomeno la Svizzera esiste sulla scena internazionale». Per Hillary Clinton, Medvedev, Sarkozy la ministra svizzera è tutt’altro che una sconosciuta.

Calmy-Rey, scrive il quotidiano romando, non ha inoltre esitato a dar prova di coraggio – per esempio dialogando con Hamas – e a mostrare senza complessi il suo patriottismo, anche visivamente: basti pensare alle scarpe e alle magliette rossocrociate indossate in più di un’occasione.

Meno lusinghiero, invece, il giudizio su altri aspetti del suo operato: la reale efficacia delle sue azioni diplomatiche, la quasi totale assenza di una rete di contatti tra i dirigenti del mondo economico, una certa indifferenza per tutte le questioni che non concernono direttamente il suo dipartimento e il carattere spigoloso sottolineato da molti (ex) collaboratori.

Anche secondo La Liberté, Micheline Micheline Calmy-Rey ha avuto il merito di «occupare lo spazio» in politica estera, dando prova di grande tenacia e capacità di mediazione, per esempio tra Turchia e Armenia, tra Russia e Georgia.

Il quotidiano friburghese non risparmia però severe critiche alla ministra socialista: una «disastrosa gestione della crisi libica» e la scarsa cura delle relazioni con l’Unione europea, essendosi limitata a ribadire l’importanza della via bilaterale.

Le Matin riconosce a Calmy-Rey il coraggio delle proprie azioni, anche se – rileva – le sue roboanti dichiarazioni sono spesso rimaste lettera morta. Il quotidiano azzarda poi un pronostico: «Sentiremo ancora parlare di lei…».

Pareri diversi

La Neue Zürcher Zeitung commenta l’annuncio delle dimissioni parlando di «nove anni degni di rispetto» e lodando il fatto che la ministra abbia scelto di lasciare proprio alla fine della legislatura. Una decisione che giova sicuramente anche al suo partito, alla vigilia delle elezioni federali.

Secondo il quotidiano zurighese, la consigliera federale vallesana ha avuto il merito di non farsi influenzare dai mugugni che la sua «diplomazia pubblica» ha suscitato nel mondo politico e in seno al Dipartimento degli affari esteri. Micheline Calmy-Rey – secondo la NZZ – ha applicato in modo coerente la sua convinzione che la diplomazia non deve svolgersi soltanto nei corridoi.

Molto più duro, invece, il commento della Basler Zeitung, che parla di un’«ambizione più grande del paese stesso». Il quotidiano basilese ritiene che Micheline Calmy-Rey lascerà dietro di sé una serie di disastri che avranno conseguenze anche negli anni futuri.

Secondo la BaZ, «raramente un ministro ha danneggiato così tanto la reputazione di un paese», in particolare «autoproclamandosi responsabile per praticamente qualsiasi conflitto del globo». Risultato: ripetute condanne di un paese amico come Israele, e servilismo nei confronti di dittature quali l’Iran.

Il Bund e il Tages Anzeiger sottolineano l’impegno attivo e visibile di Micheline Calmy-Rey, che non ha per esempio esitato a criticare senza mezzi termini la guerra in Iraq. Il suo carattere non facile – aggiungono – l’ha però spesso isolata in seno all’esecutivo, trovandosi così isolata nei momenti di difficoltà, come durante la crisi tra Svizzera e Libia.

Diplomazia pubblica: davvero utile?

Nel suo commento, il Corriere del Ticino osserva che «paradossalmente, sono più i successi incamerati grazie alle attività di “buoni uffici” che [Micheline Calmy-Rey] ha comunque continuato nel solco di una consolidata tradizione, che non quelli della sua cosiddetta diplomazia profilata o pubblica».

Tra gli esempi poco riusciti: «Il ruolo molto attivo giocato dalla nostra ministra degli esteri nella creazione e nelle attività del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, paralizzato dalla presenza di molti paesi tutt’altro che rispettosi dei diritti umani e pilotato a volte in modo unilaterale», oppure «l’atteggiamento smaccatamente antiisraeliano e invece accondiscendente nei confronti di movimenti come Hamas».

E inoltre: «Visti gli scheletri nell’armadio che ancora si trovano in molti palazzi del potere della ex Jugoslavia, ci si può anche chiedere a quale interesse del paese rispondesse la gara per arrivare primi nel riconoscimento del Kosovo».

Secondo il Corriere, a Calmy-Rey vanno piuttosto riconosciuti il ruolo di mediazione tra la Russia e i paesi del Mar Caspio, strategicamente interessanti per la Svizzera; i Bilaterali II e i recenti, importanti accordi fiscali con Germania e Inghilterra.

La Regione Ticino ritiene che «gran parte della classe politica svizzera non era avvezza a vedere una donna muoversi sulla scena con sicurezza e capacità, riuscendo anche a dare nuovamente alla Svizzera un ruolo di primo piano nella diplomazia mondiale. Con abilità e con intuito, Calmy-Rey ha dimostrato che anche certi comportamenti, criticatissimi in patria, sono utili davanti alle opinioni pubbliche (cioè alle Tv) mondiali. Tale è stato il suo atto coraggioso di attraversare la linea di confine tra le due Coree».

Il quotidiano ticinese definisce la ministra uscente «una donna che, con determinazione e coraggio, con la consapevolezza di rischiare e forse anche di sbagliare, ha preso in mano la diplomazia elvetica e ha fatto uscire la ricca Svizzera dalla sua condizione di “Sonderfall”, ridandole un ruolo di neutralità attiva. Quella neutralità che non chiude gli occhi, non si volta da un’altra parte davanti alle sofferenze del mondo, partecipa alle missioni di pace e contribuisce al dialogo internazionale».

1945: Micheline Calmy-Rey nasce l’8 luglio a Sion. Rimane nel canton Vallese fino all’età di 19 anni.

1968: laurea in scienze politiche all’Università di Ginevra.

1974: entra nel Partito socialista ginevrino e lavora fino al 1997 come amministratrice e direttrice di una ditta famigliare di distribuzione di libri.

1981 – 97: membro del parlamento cantonale di Ginevra.

1986 – 90 e 93 – 97: presidente del Partito socialista ginevrino

1997 – 2002: membro del governo cantonale ginevrino.

2003 – 11: responsabile del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE)

2007 e 2011: presidente della Confederazione

Micheline Calmy-Rey ha “vinto” tutte le votazioni federali di politica estera tenute durante i suoi 9 anni alla guida del DFAE:

5 giugno 2005: il popolo approva con il 54,6% di voti favorevoli la proposta di adesione della Svizzera agli accordi di Schengen e Dublino

25 settembre 2005: il 56,0% dei votanti dicono di sì all’estensione dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone ai 10 nuovi membri dell’UE.

26 novembre 2006: un contributo di 1 miliardo di franchi, destinato a favorire lo sviluppo e la democratizzazione degli Stati dell’Europa dell’Est, viene accettato dal 53,4% degli svizzeri.

8 febbraio 2009: il 59,6% dei cittadini si esprime in favore dell’estensione dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone a Bulgaria e Romania.

17 maggio 2009: l’introduzione del passaporto biometrico, conforme agli standard previsti dall’accordo di Schengen, è sostenuta dal 50,1% dei votanti.

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