Verso un potenziamento della presenza militare all’estero
Il governo auspica che i militari di milizia effettuino dei corsi di ripetizione di alcune settimane al di fuori delle frontiere rossocrociate.
La prevista modifica legislativa prevede inoltre la possibilità di obbligare i soldati professionisti a partecipare a missioni all’estero per il promovimento della pace.
In futuro, i militi svizzeri rischiano di non potersi più sottrarre ai corsi di ripetizione all’estero.
Il Consiglio federale intende rivedere in questo senso la legislazione militare e ha aperto mercoledì una procedura di consultazione fino al primo dicembre.
Sei settimane all’estero
L’obbligo di compiere l’istruzione all’estero concerne i militari delle truppe blindate, dell’artiglieria e delle truppe d’aviazione e di difesa contraerea.
Questi corsi di ripetizione fuori dai confini nazionali dovrebbero durare sei settimane al posto di tre. «Tale modifica si è resa necessaria per permettere ai militi di abituarsi alla topografia del luogo, al clima e alle differenti istallazioni», si legge in una nota diramata dal Dipartimento federale della difesa (DDPS).
In linea di principio ogni milite dovrebbe essere convocato una sola volta a un’esercitazione del genere.
Istruttori e altri funzionari civili del DDPS potrebbero dal canto loro essere costretti a partecipare a impieghi di promozione della pace all’estero.
Neutralità rispettata
L’adempimento di parte del servizio militare all’estero solleva la questione del rispetto della neutralità svizzera.
A tal proposito il Dipartimento della difesa sottolinea che oggi non è più possibile effettuare un’istruzione dei soldati «degna di questo nome» per ogni tipo di formazione utilizzando unicamente le istallazioni e sul suolo nazionale. L’esercito, si giustifica il DDPS, necessita di potere accedere a terreni di istruzione e di tiro appropriati che non si possono trovare nella Confederazione a causa della forte densità della sua popolazione.
La cooperazione in ambito di istruzione militare è «perfettamente compatibile con il diritto di neutralità», aggiunge il DDPS, «poiché non implica alcun obbligo di assistenza». Al contrario, si precisa, tale cooperazione permetterà di migliorare la capacità della Svizzera di intervenire in caso d’urgenza, fattore che rafforzerà ulteriormente «la credibilità della neutralità attiva elvetica»
Ridurre le autorizzazioni del parlamento
Nella modifica legislativa, il governo elvetico prevede anche di semplificare la procedura d’approvazione parlamentare nel caso di impieghi in servizio di promovimento della pace e in servizio d’appoggio.
Le competenze del Consiglio federale saranno aumentate a discapito di quelle del parlamento. Ad esempio, occorrerà l’autorizzazione delle Camere federali solo nel caso di intervento militare di più di 4000 uomini (2000 finora) a sostegno delle autorità civili.
Per le missioni all’estero l’accordo del Parlamento rimarrà necessario quando si vorranno mobilizzare più di 30 soldati oppure quando l’intervento è destinato a durare più di sei mesi. Il governo vorrebbe invece prendere da solo le decisioni sulla proroga di una missione al di fuori delle frontiere rossocrociate, nonché decisioni di marginale importanza sugli effettivi, il materiale o i mezzi finanziari.
swissinfo e agenzie
L’esercito svizzero è un esercito di milizia, diretto da professionisti. L’obbligo di servire ha inizio a 18 anni.
La formazione dei militi prevede un periodo di scuola reclute (dalle 18 alle 21 settimane) seguito da dei corsi di ripetizione (260 giorni).
Nel 2003 il popolo elvetico ha approvato la modifica della legge militare (LM) che prevedeva di ridurre gli effettivi dell’esercito a 220’000 uomini (Esercito XXI).
L’attuale progetto di revisione, sottoposto alla procedura di consultazione dallo scorso mese di dicembre, implica una revisione della LM ma pure l’introduzione di nuove basi legali.
Sono decine i militari svizzeri che hanno partecipato ad operazioni Onu, in Corea, Medio oriente, Georgia, Congo, Afghanistan, Etiopia ed Eritrea.
220 soldati della Swisscoy sono impiegati dal 1999 in Kosovo.
La Svizzera ha messo a disposizione della Forza europea (EUFOR) una ventina di soldati, per operazioni di osservazione in Bosnia.
Dal 1996 al 2000 i “berretti gialli” svizzeri hanno appoggiato la missione dell’OSCE in Bosnia.
In seguito allo tsunami, nel 2005 circa 120 militari svizzeri hanno partecipato ad una missione umanitaria sull’isola indonesiana di Sumatra,
Decine di agenti di polizia sono ancora o sono stati in passato impiegati all’estero, in Macedonia, Bosnia, Kosovo, Georgia e Congo.
Il governo svizzero ha invece deciso di non inviare alcun soldato in Libano, almeno a corto termine.
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