Julie ha lavorato come reporter radiofonica per la BBC e per radio indipendenti in tutto il Regno Unito prima di arrivare a Radio Svizzera internazionale, diventata poi swissinfo.ch, come produttrice. Dopo la scuola di cinema ha lavorato come realizzatrice cinematografica indipendente. È a swissinfo.ch dal 2001.
Dopo la Seconda guerra mondiale, la Svizzera si era rifiutata di fornire informazioni sui conti detenuti dalle vittime dell’Olocausto. Questo atteggiamento aveva suscitato già allora pesanti critiche a livello internazionale, riemerse con virulenza negli anni ’90.
Per far fronte agli attacchi giunti dall’estero, in particolare dagli Stati uniti, il governo svizzero ha quindi istituito una commissione di esperti indipendenti, presieduta dallo storico Jean-François Bergier, incaricata di indagare sul comportamento della Svizzera durante la guerra. I lavori, iniziati nel 1996, sono durati ben cinque anni.
La commissione Bergier ha concluso che le autorità svizzere “avevano aiutato il regime nazista a raggiungere i suoi obiettivi”. Tra l’altro, la Svizzera aveva respinto migliaia di esuli ebrei alle frontiere, nonostante il fatto che andassero incontro ad una morte quasi certa in Germania. Il governo svizzero ha accolto la relazione e nel 1999 ha ribadito le scuse ufficiali nei confronti della comunità ebraica, espresse per la prima volta nel 1995.
Nel 1998, le banche svizzere UBS e Credit Suisse hanno raggiunto un accordo con il Congresso ebraico mondiale, in seguito a denunce collettive depositate da superstiti dell’Olocausto e parenti di vittime del genocidio. Le banche hanno accettato di pagare 1,25 miliardi di dollari per indennizzare queste persone.
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