Arruolare le donne nell’esercito alla maniera norvegese
Il Dipartimento federale della difesa sta valutando diverse varianti per aumentare il numero di donne nell'esercito. Si tratta di una strategia sul lungo termine per rafforzare le forze armate. Ma cosa può imparare la Confederazione dalla Norvegia che ha introdotto la coscrizione obbligatoria per tutti?
Da anni, l’esercito elvetico sa che deve promuovere dei cambiamenti radicali per disporre anche in futuro di un numero sufficiente di soldati. In Svizzera, l’arruolamento obbligatorio per le donne non ha mai goduto di un forte sostegno. Il vento di fronda si è un po’ affievolito quando, nel 2013, il parlamento norvegese ha votato a stragrande maggioranza a favore dell’introduzione della coscrizione obbligatoria per tutti, senza fare alcuna distinzione di genere.
“Siamo un piccolo Paese e abbiamo bisogno delle persone migliori”, ha affermato Danel Hammer, consulente per la diversità e il genere presso le forze armate norvegesiCollegamento esterno. “Non possiamo reclutare solo i maschi”.
In questo momento, il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) sta valutando i vantaggi di “un obbligo di prestare servizio orientato ai bisogni” che prevede di estendere l’obbligo di prestare servizio alle cittadine svizzere sulla base del modello norvegese. Il Consiglio federale ha incaricato il DDPS di presentare entro il 2024 un rapporto in cui vengano valutate questa e altre opzioni volte a rafforzare a lungo termine l’esercito elvetico. Infatti, verso la fine di questo decennio, si legge in una nota della Confederazione, l’esercito avrà difficoltà a garantire l’effettivo di 140’000 militari se non si riuscirà a ridurre sensibilmente il numero delle partenze anticipate.
Con la guerra in Ucraina, queste riflessioni sono di stretta attualità poiché in Svizzera, come in altri Paesi, ci si è interrogati sull’effettiva forza e capacità dell’esercito. La leva obbligatoria per tutti si inserisce inoltre nella scia di un ampio dibattito pubblico intorno alla parità di genere, favorito anche dallo sciopero delle donne nel 2019.
L’esperienza norvegese insegna che la coscrizione obbligatoria non basta per aumentare sul lungo termine il numero di donne nell’esercito.
Aumentare il bacino di reclutamento
Come ha evidenziato Hammer, lo Stato scandinavo mette l’accento sul fatto che solo i migliori e le migliori possono entrare nell’esercito. Il processo di selezione segue regole molto rigorose in materia di genere, un processo introdotto nel 2015. Tutte le persone che hanno compiuto 19 anni devono compilare un lungo questionario. Le forze armate invitano poi le candidate e i candidati più idonei a sostenere un test e dei colloqui.
Ogni anno ne vengono scelti 10’000 su un totale di 60’000 aspiranti che devono poi prestare servizio per 19 mesi. Dopo l’addestramento di base, la maggior parte viene assegnata alla guardia nazionale, la forza di mobilitazione rapida dell’esercito. Anche solo dal punto di vista dei numeri, la coscrizione obbligatoria per le donne è stata un successo. Stando ai dati resi noti dalle forze armate norvegesi, la percentuale di donne è passata dal 17% nel 2015 al 32% nel 2021.
Nina Hellum, ricercatrice presso l’Istituto di ricerca della difesa norvegese (FFI), indica che l’esercito ha guadagnato in prestigio da quando si deve fare a gara per prestare servizio. “È diventata una cosa esclusiva e quindi la gente la vuole”, sostiene. “La reputazione delle forze armate è piuttosto buona in Norvegia e inserire nel CV che si è fatto il militare è sicuramente un vantaggio”.
Anche il modello di reclutamento svizzero, una delle varianti attualmente in esame, prevede un processo di selezione visto che l’obiettivo è di reclutare solo il numero di persone di cui l’esercito e la protezione civile hanno bisogno, ossia circa la metà di tutte le persone soggette all’obbligo di leva di entrambi i sessi. Al momento non è però chiaro come l’esercito intenda motivare i giovani a fare il militare. Un tempo, fare carriera nell’esercito era una rampa di lancio per il futuro professionale, oggi le aziende non vedono più così di buon occhio le lunghe assenze del personale dipendente per colpa dei corsi di ripetizione. Inoltre, dagli anni Novanta molti giovani svizzeri hanno scelto il servizio civile sostitutivo.
Altri sviluppi
Si può rifiutare il servizio militare in Svizzera?
Oggi, entrare nell’esercito non è certo una priorità per le donne in Svizzera. Al momento, sono solo lo 0,9% degli effettivi. Il Dipartimento federale della difesa sostiene che la bassa percentuale è da imputare a una mancanza di informazioni rispetto alle possibilità che offre il militare. Al momento, solo i diciottenni sono obbligati a partecipare a una giornata informativa. Il DDPS sta ora valutando di renderla obbligatoria anche per le donne.
Secondo Hellum, ciò potrebbe sicuramente risvegliare un certo interesse. Prima della coscrizione obbligatoria, in Norvegia “la donna media non considerava l’esercito come una possibilità per fare carriera”, dice l’esperta. Sottoporsi a test fisici e mentali, partecipare a colloqui e ottenere maggiori informazioni direttamente dalle forze armate può essere invece un’esperienza proficua.
“Un processo di reclutamento che ha aumentato in un certo senso il numero di donne nell’esercito poiché ha permesso loro di conoscere quali opportunità offre”, continua Hellum. “Puoi fare la cuoca, l’infermiera o entrare nella logistica”.
Una questione di uguaglianza
In Norvegia, come in altri Paesi scandinavi, l’arruolamento delle donne funziona perché si inserisce in un processo più ampio volto a promuovere l’uguaglianza di genere. La leva obbligatoria per tutti è stata approvata dal parlamento quando si svolgevano i festeggiamenti per i 100 anni del suffragio femminile.
Una decisione sostenuta dalla stragrande maggioranza della popolazione, come evidenzia un sondaggio del 2021: il 78% della gente vuole che il modello di coscrizione obbligatoria per tutti venga mantenuto.
“Nei Paesi nordici, la coscrizione obbligatoria per tutti, senza alcuna distinzione di genere, è stata accolta positivamente dalla popolazione”, spiega Sanna Strand, ricercatrice presso l’Istituto austriaco per gli affari internazionali e specializzata nel reclutamento militare. Strand è nata in Svezia, Stato che ha introdotto un sistema analogo a quello norvegese nel 2017. “Non è detto però che un simile cambiamento goda dello stesso sostegno della società in tutti i Paesi”, aggiunge l’esperta.
In Svizzera, la leva obbligatoria per le donne richiederebbe una modifica della Costituzione federale, cambiamento che necessita l’approvazione del popolo. Secondo un sondaggio del 2021, svolto dal Centro per gli studi sulla sicurezza (CSS) del Politecnico federale di Zurigo, il sostegno nei confronti della leva obbligatoria per tutti è passato dal 14% nel 2015 al 67% nel 2021.
Il CSS indica che questo cambiamento di tendenza è probabilmente dovuto all’ampio dibattito pubblico intorno all’uguaglianza di genere e al fatto che un numero crescente di donne lavora nel settore della sicurezza. Inoltre, per la prima volta nella sua storia, il Dipartimento federale della difesa è retto da una consigliera federale, da Viola Amherd che ne ha preso le redini nel 2019. Una delle sue priorità è aumentare la presenza femminile nell’esercito. Amherd punta a una quota del 10% entro dieci anni.
Tutti i cittadini svizzeri devono assolvere il reclutamento entro i 19 e i 24 anni di età. La scuola reclute dura generalmente 18 settimane. In seguito, i soldati restano incorporati nell’esercito per nove anni durante i quali devono assolvere i corsi di ripetizione di tre settimane ciascuno. Chi è idoneo al servizio, ma non può entrare nell’esercito per motivi di coscienza, ha la possibilità si svolgere il servizio civile.
Dal 1995, le donne possono farsi reclutare volontariamente. Dal 2004 possono svolgere tutte le funzioni all’interno delle forze armate.
Con il modello “l’obbligo di prestare servizio orientato al fabbisogno” viene reclutato soltanto il numero di persone di cui l’esercito e la protezione civile hanno bisogno. Nessuno è obbligato però a servire la patria contro la sua volontà.
Il Dipartimento federale della difesa sta valutando anche altre varianti, tra cui “l’obbligo di prestare servizio di sicurezza”. Questo prevede la fusione del servizio civile e della protezione civile in una nuova organizzazione. “Servizio civico obbligatorio con libera scelta del genere di servizio” è una terza opzione. L’idea è di obbligare tutte le donne e tutti gli uomini abili a prestare servizio, tuttavia possono scegliere dove, per esempio anche nel corpo pompieri o per mandati politici.
L’adozione di una di queste varianti sottostà al voto popolare visto che viene cambiata la Costituzione federale.
All’inizio dell’anno, durante una discussione in Consiglio nazionale, la ministra della difesa ha sostenuto un postulato parlamentare volto a rendere obbligatoria, anche per le donne, una giornata informativa sul servizio militare. “Sarebbe un inizio in un periodo in cui si parla molto di parità di genere e pari trattamento”, ha sostenuto Amherd nella Camera del popolo. Il suo dipartimento ha promosso varie misureCollegamento esterno per incrementare la quota femminile, ad esempio l’istituzione di un servizio per le donne all’interno dell’esercito o provvedimenti volti a conciliare meglio il servizio militare, il lavoro, la formazione e la famiglia.
Nonostante tutti questi sforzi, l’approvazione della coscrizione obbligatoria per tutti non è scontata. È la stessa Amherd a ricordare che la partecipazione obbligatoria a una giornata di informazione non significa introdurre la leva obbligatoria senza distinzione di genere. Inoltre, un sondaggioCollegamento esterno del DDPS ha evidenziato che vi sono ancora delle riserve riguardo all’estensione dell’obbligo di prestare servizio fino a quando non sarà raggiunta l’uguaglianza tra donne e uomini in altri ambiti.
Le associazioni femminili temono inoltre che la partecipazione ai corsi di ripetizione, che attualmente durano tre settimane, possano rappresentare uno svantaggio per la carriera professionale delle donne, interrotta già dal congedo maternità di 14 settimane, congedo molto più lungo di quello dei papà che dura solo due settimane. In Norvegia, i neogenitori possono scegliere se dividersi equamente le 48 settimane di congedo.
Alta percentuale di abbandono
Cambiare il sistema di reclutamento non garantisce necessariamente un numero maggiore di donne che fanno carriera. In Norvegia, la percentuale di donne graduate è passata dal 10% nel 2015 al 15% nel 2021. Negli alti ranghi dell’esercito la quota è dell’11%.
“Una legge sulla coscrizione militare che mette sullo stesso piano uomini e donne non promuove automaticamente una pari rappresentanza nelle forze armate di un Paese, né in termini quantitativi né in termini qualitativi”, avverte Strand.
Dal canto suo, Hammer ricorda che i progressi non sono stati uguali ovunque. “La presenza relativamente bassa di donne in alcuni settori dell’esercito può essere un motivo per lasciare le forze armate”, dice l’esperta in materia di genere, aggiungendo che il reclutamento, indipendentemente dal sesso, deve essere una priorità, sia nel momento della leva che quando si cercano persone esperte o di alto rango.
Le forze armate norvegesi fanno tutto il possibile per fare sentire a proprio agio le donne, ad esempio con uniformi confezionate su misura per loro, caserme strutturate in maniera diversa o altri servizi e sostegno per chi ha figli a carico. Per Hammer, mettere a disposizione gratuitamente assorbenti e prodotti sanitari è un “segnale forte”.
L’esercito deve fare in modo che si sentano a loro agio e soddisfatte. La paga non basta per trattenerle in grigio-verde. Nonostante guadagnino quanto gli uomini, le donne lasciano più spesso l’esercito rispetto agli uomini. In un sondaggio condotto nel 2020, entrambi i sessi hanno indicato motivi analoghi per girare le spalle al militare, ad esempio gli studi o un nuovo lavoro, ricorda Kari Roren Strand, ricercatrice presso FFI.
“Chi è tornato alla vita civile ha spiegato che non era soddisfatto della propria carriera o delle possibilità di carriera nell’organizzazione”, spiega Strand. “Le donne erano un po’ più insoddisfatte con i loro capi e si sentivano giunte a un ‘punto morto’ nelle forze armate”.
Il 3% ha indicato le molestie sessuali o il bullismo come motivo dell’abbandono. Un’altra indagine del 2020 ha evidenziato che il 40% delle donne aveva sperimentato forme di sessismo nei dodici mesi precedenti.
Nonostante i progressi in materia di parità, sia in Norvegia sia in Svezia l’esercito interessa sempre ancora di più gli uomini che le donne. “Ciò dipende, in parte, dalle aspettative della società”, dice Strand che conclude ricordando che la figura del soldato continua ad avere una connotazione maschile.
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