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«Berna deve muoversi meglio»

La Farnesina, sede del ministero italiano degli affari esteri. Il suo titolare, Franco Frattini, ha incalzato la Svizzera. Keystone

Il contenzioso tra Libia e Svizzera – che ha ormai coinvolto tutta l'Europa – suscita pareri discordanti in Italia e all'estero. Tutti sono però d'accordo: è necessario trovare una soluzione.

«Sì, ho ricevuto numerosi messaggi da parte di italiani residenti in Svizzera, in generale molto infastiditi dai rimproveri rivolti da Roma a Berna sulla crisi con la Libia». Il deputato Franco Narducci, domiciliato nella Confederazione, ed eletto per il Partito democratico (PD) nelle “circoscrizione Europa”, conosce bene la politica elvetica e i suoi esponenti.

E non ci sta: «Sono rimasto sorpreso, come praticamente tutti nel mio schieramento, per il fatto che il ministro italiano degli esteri Frattini abbia immediatamente indicato la Svizzera come principale responsabile della crisi dei visti che ha coinvolto l’Europa di Schengen».

Questo per un semplice motivo: «Già in autunno Berna aveva notificato ai firmatari di Schengen la decisione di stilare la lista delle 188 personalità libiche indesiderate, la famosa lista nera. Lo ha fatto correttamente, come prevede il Trattato. E nessuno reagì. Poi arriva la sproporzionata reazione di Tripoli, e scatta l’allarme».

Un allarme, aggiunge, che «va letto soprattutto in rapporto agli interessi economici, e nel caso dell’Italia anche politici, che in questi casi prendono il sopravvento».

Interessi economici

Roma è infatti il principale partner commerciale della Libia; l’Italia è il paese occidentale con il maggior numero di industrie e società nel paese del colonnello Gheddafi; italiano è oltre il 40% delle importazioni della Libia, e la questione energetica è fondamentale.

A questo proposito, Narducci osserva: «Nessuno può negare l’importanza di tutto ciò. Tuttavia chiedo: quale paese europeo ha fatto veramente sentire la sua voce in merito ai due cittadini svizzeri praticamente tenuti in ostaggio dai Libici? E cosa ha detto l’Europa quando Gheddafi, dalla più importante tribuna internazionale, quella dell’ONU, ha proclamato che la Svizzera è uno “Stato criminale” che andrebbe cancellato, assegnandone il territorio smembrato alle nazioni confinanti?».

Vice-presidente della Commissione esteri della Camera dei deputati, Narducci ha comunque notato come fra i parlamentari italiani questa vicenda non abbia avuto effetti negativi sull’immagine della Confederazione.

«Certo, ho constatato quanto poco si conoscesse la vera sostanza della vicenda dell’arresto a Ginevra del figlio del colonnello, e di tutto ciò che ne è seguito; in Italia si tende spesso a classificare come semplicemente bizzarre e folcloristiche certe iniziative del leader libico».

Tuttavia, aggiunge, «ho potuto verificare che – dietro le quinte – a diversi parlamentari non è affatto dispiaciuto quello che definirei lo scatto d’orgoglio elvetico dopo tanti inutili tentativi da parte del governo di risolvere diplomaticamente il contenzioso bilaterale».

«Una bella frittata»

Sulla piazza di Montecitorio, davanti alla Camera dei deputati, Margherita Boniver, una delle più strette collaboratrici del ministro Frattini, ribadisce invece che la lista nera ha provocato «una bella frittata» politica, che colpisce tutta l’Europa, mentre si tratta un problema che nemmeno riguarda due Stati membri dell’UE.

«Per questo – ci dice – è giusto che l’Italia abbia sollevato la questione a livello europeo».

A suo parere, la bontà dei rapporti italo-svizzeri è rimasta intatta: «Ancora di recente ho avuto incontri politici anche nella Confederazione», precisa l’esponente del Partito della Libertà, che è anche presidente della Commissione parlamentare sul Trattato di Schengen. «Semplicemente, non possono essere i cittadini dell’Unione a far le spese del contenzioso Berna-Tripoli», riassume.

Nessuna ostilità

«Non vedo assolutamente, nelle mosse di Roma, un atteggiamento anti-elvetico», garantisce da parte sua il senatore Claudio Micheloni, un altro deputato “svizzero”, residente nel Canton Neuchâtel e tra l’altro vice-presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero.

«La reazione del governo Berlusconi è discutibile, ma va inserita nel timore di Roma di compromettere gli interessi economici e anche, forse soprattutto, l’accordo con la Libia per bloccare l’immigrazione clandestina nel Canale di Sicilia». Tuttavia, in merito all’immagine della Svizzera una differenza c’è, sostiene Micheloni, se si paragona questa vicenda e quella dello scudo fiscale.

«A prescindere dal giudizio negativo del PD per la mancanza di etica e di morale nel provvedimento che favorisce i grandi evasori e non garantisce le norme sull’anti-riciclaggio, lo scudo fiscale ha senz’altro creato un dissapore fra i due paesi. E, a parer mio, in questo campo la Svizzera non può atteggiarsi a “chierichetto innocente”, ma deve finalmente prendere atto che l’evasione fiscale può danneggiare in modo drammatico l’economia degli altri paesi».

Invece, continua, «sulla questione libica anche qui in Senato ho registrato una certa comprensione, al di là delle versioni ufficiali, nei confronti delle decisioni adottate da Berna. Ritengo semmai che nei confronti delle scorrettezze di Tripoli la Svizzera dovesse muoversi prima e con maggiore determinazione. Anche qui tutti capiscono, o dovrebbero capire, cosa significa avere a che fare con un personaggio come Gheddafi».

Farsi conoscere

Semmai, conclude Micheloni, si tratta di incrementare quanto è stato fatto in questi ultimi anni per migliorare la reciproca conoscenza fra mondo politico elvetico e italiano.

Tuttavia anche fra i parlamentari che a Roma hanno innanzitutto condannato la Libia e la ritorsione del tutto spropositata alla lista di Berna, c’è chi chiede alla Svizzera di muoversi in modo più coordinato con i paesi dell’area Schengen, visto che il Trattato è stato voluto come sistema collettivo di sicurezza, e non per risolvere singoli problemi nazionali.

«Stabilito che tecnicamente Berna non ha nulla da rimproverarsi, credo anch’io che un errore svizzero può essere proprio questo: pensare che tutto fosse risolto grazie alla correttezza procedurale», è il parere dell’onorevole Narducci.

«Berna deve promuovere maggiori iniziative diplomatiche, deve imparare a muoversi meglio sul proscenio internazionale, farsi sentire e farsi capire di più dagli altri europei, e non fermarsi alla lettera dei trattati», conclude.

Aldo Sofia, swissinfo.ch, Roma

15-17 luglio 2008: Hannibal Gheddafi e la moglie Aline, incinta di nove mesi, sono fermati dalla polizia in un albergo a Ginevra. Vengono incriminati per lesioni semplici, minacce e coazione nei confronti di due domestici. Sono rimessi in libertà dietro pagamento di una cauzione di 500’000 franchi.

19 luglio: due cittadini svizzeri in Libia sono arrestati con l’accusa di aver violato le disposizioni sull’immigrazione e sul soggiorno. Altre misure di ritorsione colpiscono diverse aziende elvetiche, che devono chiudere le loro attività in Libia.

26 luglio: la Libia esige dalla Svizzera scuse ufficiali e l’archiviazione del procedimento penale. La Confederazione respinge le richieste.

20 agosto 2009: Hans-Rudolf Merz si reca a Tripoli e si scusa per l’arresto “ingiustificato e inutile” di Hannibal Gheddafi e della sua famiglia da parte della polizia ginevrina. In cambio riceve la promessa che i due cittadini elvetici trattenuti in Libia potranno ritornare in patria in tempi brevi. Merz e il primo ministro libico firmano un accordo che sancisce l’istituzione di un tribunale arbitrale e mira a normalizzare le relazioni bilaterali.

4 novembre: Il governo elvetico sospende l’accordo firmato il 20 agosto con la Libia e inasprice la politica restrittiva in materia di visti, avviata nel mese di giugno.

30 novembre: i due cittadini svizzeri sono condannati a 16 mesi di carcere per violazione delle norme sui visti.

7 febbraio 2010: al processo in appello, Rachid Hamdani, uno dei due ostaggi svizzeri, è assolto da tutti i capi d’accusa.

11 febbraio: la pena di Max Göldi, il secondo ostaggio elvetico, è ridotta da 16 a quattro mesi di carcere.

14 febbraio: un giornale di Tripoli rende noto che le autorità svizzere hanno inserito in una lista nera 188 personalità libiche, a cui non può più essere rilasciato un visto di Schengen; il governo libico sospende a sua volta i visti per i cittadini dei paesi che fanno parte dell’area di Schengen.

In un’intervista pubblicata il 15 febbraio da La Stampa, il ministro degli esteri italiano Franco Frattini ha affermato che la strategia elvetica nuoce a tutti gli Stati dell’area Schengen.

Il 18 febbraio, la ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey, il suo omonimo libico Mousa Khousa e quello spagnolo Angel Moratinos – in rappresentanza dell’Ue – si sono incontrati a Madrid: le parti hanno espresso l’intenzione di trovare una soluzione in tempi brevi, anche se sussistono ancora divergenze.

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