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Berna e Parigi (ri)tessono la loro relazione

François Hollande e Simonetta Sommaruga camminano nel centro di Berna durante il primo giorno della visita di Stato del presidente francese. Reuters

Con la sua visita di Stato in Svizzera, François Hollande ha confermato la distensione della relazione tra i due paesi, a lungo contratta dalle vertenze fiscali. Nessuna soluzione invece nel dossier della libera circolazione delle persone tra Svizzera e Ue, anche se il presidente francese ha affermato la propria volontà di aiutare Berna a trovare un compromesso, dopo il voto elvetico in favore di una limitazione dell’immigrazione.

Leggendo alcuni titoli apparsi sulla stampa elvetica negli ultimi giorni, un lettore distratto avrebbe potuto pensare a un remake del riavvicinamento tra Washington e L’Avana. «Finalmente un presidente che ci ama», ha titolato Le Matin. Per Le Temps, è «la fine del clima glaciale».

A lungo attesa da Berna, la visita di StatoCollegamento esterno di François Hollande – la forma più alta di un incontro tra capi di Stato – segna una chiara svolta negli scambi diplomatici tra i due vicini. E questo dopo una presidenza Sarkozy che non aveva lesinato critiche alla Svizzera.

“La Svizzera ha compiuto tutti gli sforzi che ci si attendeva da lei sul piano degli accordi internazionali”
François Hollande

Pace fiscale

L’affabilità manifestata da François Hollande è legata anche, soprattutto, ai passi avanti effettuati in materia di evasione fiscale nelle banche svizzere. «Hollande in Svizzera per seppellire l’ascia di guerra fiscale», sottolinea il quotidiano francese Le Monde, aggiungendo che all’Eliseo «ci si felicita della firma della Svizzera della convenzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) che include lo scambio automatico d’informazioni a partire dal 2018».

Le Monde precisa che «la lotta contro l’evasione fiscale, essenzialmente verso la Svizzera, dovrebbe fruttare circa 2 miliardi di euro nel 2015, tanti quanti nel 2014».

La Neue Zürcher Zeitung (NZZ) rileva maliziosamente che il governo elvetico ha ricevuto il presidente francese davanti alla sede della direzione delle finanze del canton Berna, ovvero l’istituzione che nel 2006 aveva accordato un forfait fiscale controverso al cantante francese Johnny Hallyday, che all’epoca possedeva uno chalet nella prestigiosa località turistica di Gstaad, nelle Alpi bernesi. Una vicenda che aveva assunto un valore simbolico nella lunga vertenza fiscale che ha movimentato le relazioni bilaterali franco-svizzere negli ultimi anni.

Anche l’Aargauer Zeitung mette l’accento sulla distensione della relazione tra Berna e Parigi, rammentando che ancora nel 2013 alcuni parlamentari svizzeri parlavano di «imperialismo fiscale» da parte della Francia, in riferimento a una convenzione bilaterale sulle successioni che giudicavano sfavorevole alla Svizzera.

Il contenzioso fiscale è oramai «risolto e ben risolto», ha detto la presidente della Confederazione, la socialista Simonetta SommarugaCollegamento esterno. «La Svizzera ha compiuto tutti gli sforzi che ci si attendeva da lei sul piano degli accordi internazionali», ha risposto François HollandeCollegamento esterno. La Svizzera, ha detto, «è un paese che fa ciò che deve in materia di rispetto del diritto fiscale. Ogni volta che l’amministrazione francese si rivolge a quella svizzera, ottiene una risposta».

Libera circolazione sempre in sospeso

Rimane la spinosa questione della libera circolazione delle persone tra Svizzera e Unione europea (Ue), messa a dura prova dalla votazione federale del 9 febbraio 2014, quando l’elettorato si è espresso in favore di un freno all’immigrazione. L’iniziativa tocca soprattutto i lavoratori provenienti dall’Ue e concerne molto da vicino Parigi poiché 150’000 frontalieri francesi lavorano ogni giorno in Svizzera e quasi 200’000 francesi vi risiedono. Tutto ciò in un momento in cui si sta diffondendo un sentimento anti-francese nella Svizzera romanda e in particolare a Ginevra, un cantone dove si è affermato il Mouvement Citoyen Genevois (MCG), un partito ostile ai frontalieri.

«Rispettiamo questa scelta che però genera incertezza e incomprensione», ha detto François Hollande. «Dobbiamo lavorare insieme per trovare una soluzione europea che rispetti i principi dell’Ue e preservi i diritti acquisiti dei lavoratori frontalieri».

Accordo in vista per l’EuroAirport

Il ministro svizzero degli affari esteri Didier Burkhalter e il suo omologo francese Laurent Fabius hanno adottato una dichiarazioneCollegamento esterno che conferma i passi avanti realizzati nelle ultime settimane nel contenzioso concernente l’aeroporto binazionale di Basilea-Mulhouse (EuroAirport).

In base a tale dichiarazione, sono state definite tre fasi in vista di un accordo globale. Queste concernono l’IVA (applicazione dell’IVA svizzera sul settore doganale elvetico dell’aeroporto), la fiscalità diretta dell’aeroporto e la compensazione dei costi della Direzione generale dell’aviazione civile (DGAC).

Secondo il Dipartimento federale degli affari esteri, la Francia ha accettato di non prelevare la tassa d’aviazione civile sui passeggeri in partenza da Basilea, Le prestazioni della DGAC saranno rimborsate nella misura di 6 milioni di euro all’anno (6,2 milioni di franchi), ovvero un terzo delle pretese iniziali.

L’Alsazia sostiene la posizione svizzera in questo contenzioso, dato che una modifica del diritto fiscale avrebbe ripercussioni anche per la regione. Oltre il 70% dei 6’000 impiegati dell’aeroporto è di nazionalità francese. Chi lavora sul territorio elvetico è però pagato secondo le tariffe svizzere.

Fonte: ATS

Come evidenziato dalla NZZ, il presidente francese ha sottolineato che il suo paese non può venire meno al principio della libera circolazione delle persone e che una soluzione con Bruxelles deve tener conto della protezione dei diritti dei frontalieri francesi in Svizzera.

Nel suo editoriale, l’Aargauer Zeitung ritiene che «quando Hollande dice di non essere sicuro che verrà trovata una soluzione, significa che è praticamente certo che non verrà trovata». La visita di Stato del presidente francese – la quarta in oltre un secolo, dopo quelle di Jacques Chirac (1998), François Mitterand (1983) e Armand Fallières (1910) – segna senza dubbio una nuova partenza nelle relazioni di vicinato. Ma nei negoziati con Bruxelles, la Svizzera rimane da sola, osserva il giornale argoviese.

Partner commerciali

L’incontro al vertice tra Berna e Parigi è dunque soltanto un evento di facciata? Per le autorità dei due paesi, si tratta piuttosto di ritrovare il livello di scambio che si addice a due vicini che intrattengono intense relazioni economiche.

Come precisa un comunicato stampa dell’Eliseo, «nel 2014 la Svizzera era il primo investitore in termini di flusso con 3,5 miliardi d’investimenti elvetici in Francia, ciò che mette in evidenza la grande vicinanza economica tra Francia e Svizzera. La Svizzera ha mantenuto la sua posizione di nono cliente (terzo cliente al di fuori dell’Ue) e di nono fornitore (terzo al di fuori dell’Ue) della Francia. La Confederazione rappresenta ormai il 3% del totale delle esportazioni e il 2,5% delle importazioni francesi».

Una realtà che non è sfuggita a Le Monde: «La Francia è il terzo fornitore e il terzo cliente della Svizzera. Il mondo degli affari conosce il beneficio che può trarne, riassume un consulente del presidente, il quale, giustamente, stravede per l’investimento, così da avvalorare l’idea di una ripresa che si sente fremere, ma che continua a non manifestarsi».

Fonte d’ispirazione

In quest’ottica, il secondo giorno della visita di François Hollande prevedeva un programma incentrato sull’innovazione, sulla formazione professionale e sulla ricerca, settori in cui la Svizzera eccelle. Il presidente francese si è recato dapprima a Zurigo, capitale economica della Svizzera, poi a Losanna, sede di uno dei due politecnici federali del paese (l’altro è a Zurigo). D’altronde, 7’000 studenti e mille professori francesi frequentano e lavorano nelle università svizzere.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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