Dieci anni dopo il terremoto ad Haiti, i frutti delle donazioni

Il 12 gennaio 2010 la terra trema ad Haiti. A tutt'oggi si ignora il numero esatto dei morti. Immediatamente, le organizzazioni umanitarie svizzere si impegnano, tra l'altro, a fornire l'approvvigionamento idrico e a ricostruire le case. Ciò ha ancora oggi un impatto positivo, indica la Catena della Solidarietà.
“Quando sono arrivato a Port-au-Prince, sono rimasto di stucco di fronte all’entità dei danni, alla distruzione di case ed edifici”, ricorda Eric Chevallier. Dal 2010 è responsabile presso HelvetasCollegamento esterno del programma per l’America Centrale e Haiti. Il devastante terremoto ha distrutto l’80% della capitale e, secondo le stime, ha causato tra le 200mila e le 500mila vittime.
La fondazione umanitaria svizzera Catena della SolidarietàCollegamento esterno ha in seguito lanciato una colletta nazionale, che ha consentito di raccogliere ben 66 milioni di franchi. Fino alla fine del 2018 sono stati investitiCollegamento esterno circa 63 milioni di franchi di questa somma per un totale di 91 progetti realizzati da 21 organizzazioni umanitarie partner, tra cui Helvetas.
L’organizzazione di soccorso elvetica si è occupata del ripristino del bacino idrografico di diverse sorgenti nella regione di Petit-GoâveCollegamento esterno, “per garantire l’accesso ad acqua potabile di qualità elevata”, ricorda Chevallier. Helvetas ha coinvolto anche le popolazioni delle zone colpite: hanno costruito muri e piantato alberi per “garantire la disponibilità, la qualità e la quantità d’acqua a lungo termine”.
Domenica prossima ricorre il decimo anniversario del terremoto nel Paese più povero del continente americano. Per l’occasione, oggi la Catena della Solidarietà ha presentato a Ginevra un’analisi d’impattoCollegamento esterno da essa commissionata all’esterno. Tra le altre cose, è stato esaminato l’impatto a lungo termine dell’aiuto fornito sulla vita delle persone.
Il 90% delle 525 economie domestiche intervistate nell’ambito dell’analisi ha dichiarato che, grazie ai progetti sostenuti dalla Catena della Solidarietà, è ora in grado di coprire il proprio fabbisogno di base e ha potuto ripristinare le proprie condizioni di vita. Il 95% degli intervistati vive ancora nell’alloggio che ha ricevuto all’epoca.

Per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico, il 75% delle economie domestiche intervistate ha dichiarato di utilizzare ancora fonti d’acqua che sono state risanate o costruite per esempio da Helvetas.
Tuttavia, alcune fonti non sono più funzionali. Tra i motivi, figurano i furti di moduli solari, i difetti tecnici, il prosciugamento di sorgenti o le cisterne spazzate via dall’uragano “Matthew” nel 2016.
Verso la fine del suo intervento, Helvetas ha istituito dei comitati locali per garantire il funzionamento a lungo termine delle fonti d’acqua. Tuttavia, la continuità del lavoro di questi comitati non è garantita a causa dei diversi interessi delle autorità e della popolazione, afferma Chevallier.
In generale, le organizzazioni umanitarie svizzere – a differenza di altre organizzazioni umanitarie internazionali – hanno potuto sviluppare le loro reti nel Paese perché erano già attive ad Haiti prima del terremoto e ciò ha avuto un impatto sulla sostenibilità dell’aiuto.
Anche Chevallier lo ha ribadito a swissinfo.ch: l’impatto dell’aiuto fornito è direttamente collegato “alla nostra conoscenza delle persone e delle istituzioni sul campo”.
Un profondo senso di solidarietà tra le famiglie è tipico di Haiti: era quindi particolarmente importante “non distruggere questo aiuto reciproco locale attraverso la nostra assistenza esterna”, spiega il responsabile di Helvetas.
Missione Onu
Il 16 ottobre 2019 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha messo termine al mandato della Missione di stabilizzazione Onu ad Haiti (Minustah), che aveva istituito nel 2004, dopo la destituzione del presidente Jean-Bertrand Aristide, per aiutare il governo di transizione a mantenere l’ordine e la pace sull’isola caraibica in vista del passaggio del Paese alla democrazia.
Nel 2017, la Minustah era stata drasticamente ridotta e i soldati erano stati sostituiti da una missione di polizia dell’Onu. Questa, a sua volta, è ora sostituita da una missione politica ancora più ristretta: l’Ufficio integrato delle Nazioni Unite ad Haiti (Binuh), incaricato di fornire consulenza al governo di Haiti per migliorare la stabilità politica e la buona governance.
Sui caschi blu dell’Onu ad Haiti pesano accuse di abusi e sfruttamento sessuale minorile. In una risoluzione adottata il 28 novembre 2019, il Parlamento europeo ha invitato “le Nazioni Unite e i rispettivi Paesi membri a indagare efficacemente sui presunti casi di sfruttamento sessuale o di abusi sessuali da parte delle forze di mantenimento della pace della missione Minustah e di organizzazioni non governative ad Haiti, nonché a perseguire i responsabili di tali crimini e a sostenere e indennizzare le vittime”.
Negli ultimi mesi, ci sono state ripetute proteste ad Haiti, dirette principalmente contro il capo dello Stato Jovenel Moïse, in carica dal febbraio 2017. L’opposizione dubita della sua vittoria elettorale e chiede le sue dimissioni. Il suo governo è anche accusato di numerosi scandali di corruzione.
>>Riscoprite i reportage di swissinfo.ch ad Haiti un anno dopo il terremoto:

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