“Si nota un graduale deterioramento della democrazia”
La Commissione di Venezia è uno dei più importanti organi consultivi in materia giuridica in Europa. In teoria ha solo una funzione consultiva, ma in pratica definisce le basi giuridiche del Vecchio continente. Intervista alla vicepresidente.
La Commissione di Venezia – ufficialmente porta il nome di Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto – è stata istituita nel 1990 per aiutare i nuovi Stati dell’Europa dell’Est nell’adozione di Costituzioni conformi agli standard del patrimonio costituzionale europeo.
Formalmente è una commissione composta da esperti del Consiglio d’Europa. In realtà è invece l’organo leader al mondo in materia di questioni costituzionali e giuridiche. Ha inoltre la capacità di esprimere rapidamente un parere quando il tema è ancora politicamente attuale. L’ex presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker l’ha definita “il pompiere costituzionale dell’Europa”.
La professoressa di diritto svizzera Regina Kiener dell’Università di Zurigo fa parte della commissione dal 2013. Nel biennio 2020-2021 ricopre la carica di vicepresidente, un seggio che viene assegnato ogni due anni.
SWI swissinfo.ch: La Commissione di Venezia è stata creata dopo la caduta della cortina di ferro per assistere le giovani democrazie da un punto di vista giuridico. È ancora necessaria nel 2021?
Regina Kiener: Il numero dei consigli richiesti evidenzia la sua utilità. La commissione si incontra quattro volte all’anno. Nella sessione di marzo ci siamo occupati di 16 domande di undici Stati, tra cui Paesi che non fanno parte del Consiglio d’Europa, per esempio il Kirghizistan e il Kazakistan.
La Commissione non è molto nota, soprattutto in Svizzera. Non è sorprendente considerando che in pratica ha fornito una consulenza giuridica per tutti i principali sviluppi politici del continente?
È vero. In Svizzera, la commissione non suscita molto interesse né tra i politici né tra i media. Ciò è dovuto forse al fatto che finora è stata svolta una sola perizia per la Svizzera. Si trattava di una proposta del Canton Ticino nel 2001.
A quali condizioni la commissione potrebbe stendere una perizia per la Svizzera?
La commissione non può presentare una perizia su propria iniziativa senza una richiesta da parte della Svizzera. Tuttavia, è poco probabile che un progetto di legge o un’iniziativa costituzionale vengano sottoposti al parere di una commissione internazionale di esperti.
La richiesta potrebbe giungerci anche dal Consiglio d’Europa. Non sono un’esperta di politica, ma credo che al momento il Consiglio d’Europa abbia altro a cui pensare che ai progetti legislativi di una democrazia funzionante.
A quanto pare, gli Stati dell’Europa centrale e orientale hanno ancora bisogno del vostro parere. Nota un peggioramento della situazione da un punto di vista giuridico?
In generale non si può parlare di un peggioramento degli standard democratici e giuridici. Il numero di perizie richieste non va interpretato in maniera sbagliata.
Negli ultimi anni registriamo un aumento delle domande provenienti dagli Stati dell’Europa meridionale, per esempio dall’Albania. Questi Paesi hanno un grande interesse a promuovere alcune riforme visto che sul lungo termine intendono aderire all’Unione Europea.
Inoltre, a trent’anni dalla fine della Guerra fredda, emergono i difetti delle Costituzioni elaborate allora. E poi molti Stati riformano il loro sistema giuridico. Altri, come la Georgia o l’Armenia, stanno passando da un sistema di governo presidenziale a uno parlamentare.
Ma in alcuni Paesi ci sono sviluppi piuttosto preoccupanti.
Sì, è vero. Alcuni Paesi sono stati oggetto di pesanti critiche da parte dell’UE. In singoli casi si è addirittura fatto capo al meccanismo europeo per lo Stato di diritto. In questi Stati si nota un deterioramento delle istituzioni democratiche durante il processo che porta all’elaborazione di una nuova legislazione, per esempio quando viene indebolita la giustizia o limitato il diritto di voto. Assistiamo a un graduale deterioramento della democrazia.
Si tratta di processi politici. Non c’è il rischio che la commissione possa essere tacciata di immischiarsi in questioni di politica interna?
La commissione è un consesso formato da esperti senza un’agenda politica. La sua capacità di persuasione deriva proprio da questa caratteristica. Non può prendere posizione su una questione di propria iniziativa, ma solo su esplicita richiesta. La domanda deve giungere da uno Stato membro o dal Consiglio d’Europa.
Veniamo spesso accusati di essere strumentalizzati dalla politica, soprattutto da quei Paesi in cui la commissione ha indentificato carenze nello Stato di diritto.
Il campo in cui ci muoviamo è estremamente delicato. Ci occupiamo di competenze centrali per gli Stati: come vanno organizzati il governo, la giustizia, i partiti politici? Sono ambiti fondamentali che interessano la sovranità statale e l’autonomia. Il nostro approccio deve essere apolitico, altrimenti perdiamo ogni capacità di persuasione.
Prendiamo l’esempio dell’Ungheria. La posizione critica dell’UE nei suoi confronti poggia anche sul lavoro della Commissione di Venezia. In che misura la commissione influenza l’UE?
È interessante notare che l’UE non ha mai richiesto una perizia su uno Stato membro, anche se in teoria lo potrebbe fare. Da un punto di vista generale, noto che c’è una certa suddivisione del lavoro. L’UE è un’istanza politica, la Commissione di Venezia è un organo giuridico indipendente formato da esperti. Partendo dal nostro lavoro, l’UE può poggiare le sue richieste su una base neutrale creata da esperti.
Lo stesso meccanismo si applica anche quando, per esempio, si deve valutare la situazione relativa allo Stato di diritto e alla democrazia nei Paesi che hanno fatto richiesta di adesione all’UE.
La Bielorussia non fa parte dell’UE. Come seguite la sua tendenza verso l’autoritarismo?
La Bielorussia è un Paese associato e come tale può richiedere un parere alla commissione. È interessante notare che tra il 1996 e il 2012, la commissione ha steso dieci perizie, inizialmente su richiesta del parlamento bielorusso e soprattutto su questioni costituzionali.
Dal 2006, dal terzo mandato di Alexander Lukaschenko, la situazione è cambiata. Da allora, le richieste sono giunte dal Consiglio d’Europa che ci ha chiesto un’opinione soprattutto in relazione alla libertà di riunione e di espressione. Al momento stiamo preparando una perizia sulle sanzioni penali contro gli oppositori e chi manifesta pacificamente.
Il numero di membri della commissione è aumentato negli ultimi anni. Si sono aggiunti rappresentanti di Paesi dell’Asia centrale, del Maghreb e dell’America latina. In che modo viene esercitato il soft power europeo?
La Commissione di Venezia non ha il potere di imporsi e non dispone di alcun meccanismo di controllo. Anche se le sue perizie non sono vincolanti, possono avere una valenza politica, per esempio quando vengono impiegate per far leva sui Paesi affinché adempiano i presupposti in materia di democrazia e Stato di diritto nell’ambito del processo di adesione all’UE o per ottenere contributi finanziari da parte di istituzioni internazionali.
“La commissione è un consesso formato da esperti senza un’agenda politica.”
L’esempio più calzante è la legislazione anticorruzione in Ucraina. La comunità internazionale ha sollecitato il Paese affinché istituisse un tribunale con il compito di lottare contro la corruzione. Il parlamento ucraino si è opposto a lungo contro le nostre raccomandazioni. Ciò ha portato la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e il G8 a sospendere un pagamento fino a quando l’Ucraina non avesse attuato le misure proposte dalla commissione. In gioco c’erano 4 miliardi di dollari.
È importante ricordare che non è compito né intenzione della commissione uniformare l’ordinamento giuridico degli Stati membri. Sarebbe un errore visto che ogni Stato poggia su basi diverse. Queste normative sono molto complesse e sensibili e per questo motivo non possono essere semplicemente duplicate: devono essere adeguate al Paese e al suo contesto. Questo modo di agire contribuisce all’accettabilità del nostro lavoro.
La giudice federale Monique Jametti è un membro supplente della commissione. I giudici svizzeri esercitano quindi un influsso sul diritto comunitario?
Devo purtroppo deluderla e mi sembra una forzatura cercare un legame tra le due funzioni esercitate dalla signora Jametti. Le norme e i consigli della commissione possono avere un impatto sulla politica di alcuni attori all’interno dell’UE, ma non influenzano il diritto europeo. Inoltre, indipendentemente dalla loro professione principale, tutti i membri e i supplenti della commissione sono esperti senza agenda politica.
Traduzione dal tedesco: Luca Beti
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