Consiglio degli Svizzeri all’estero: Berna fa pressione
La democrazia è stata al centro della sessione di venerdì del Consiglio degli Svizzeri all'estero a San Gallo. Una delegazione di giovani svizzeri espatriati ha evidenziato la mancanza di rappresentatività dell'istituzione che dovrebbe difendere gli interessi della diaspora, ottenendo un chiaro sostegno del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).
Quanto è rappresentativo il cosiddetto Parlamento della Quinta Svizzera? La sua composizione risponde agli imperativi democratici? Ha la legittimità di essere considerato la “voce degli svizzeri all’estero in patria”?
È un dibattito che agita l’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE) da molto tempo, ma che sembrava essere stato messo sotto il tappeto negli ultimi tre anni. Ora è tornato con prepotenza. Un gruppo di lavoro di giovani svizzeri all’estero ha preso in mano l’argomento di propria iniziativa. Ha presentato una tabella di marcia al Congresso degli Svizzeri all’estero (CSE) di San Gallo. L’obiettivo è che il CSE, soprannominato il “Parlamento della Quinta Svizzera”, sia costituito in modo più democratico il più presto possibile.
Non abbastanza democrazia
I membri del CSE non sono generalmente eletti, ma nominati da associazioni o organizzazioni ombrello. “È un sistema completamente antidemocratico. Se non facciamo uno sforzo, non otterremo alcuna credibilità in Svizzera”, ha dichiarato Noel Frei, che vive in Etiopia.
L’OSE ha più volte sottolineato la difficoltà di rivedere questo sistema. Sarebbe necessario introdurre il voto elettronico all’interno dell’organizzazione, ma si tratta di un processo costoso. Inoltre, trovare candidati e candidate è logisticamente difficile. Formare un elettorato omogeneo di svizzeri all’estero è un compito impossibile.
Lo è davvero? Andreas Feller e Noel Frei, che hanno presentato il progetto, hanno proposto delle soluzioni. La loro tabella di marcia è ambiziosa. Una guida sarà redatta quest’anno e la sua attuazione è prevista per il 2024.
Il DFAE fa pressione
Ciò che ha sorpreso molte delle persone presenti è stato il chiaro sostegno del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Laurent Perriard, responsabile delle questioni riguardanti le persone espatriate all’interno DFAE, ha dichiarato inequivocabilmente che il CSE, nella sua forma attuale, non soddisfa i requisiti di “rappresentanza” della diaspora svizzera.
Perriard ha chiesto che la Confederazione sia coinvolta nelle discussioni fin dall’inizio per garantire la fattibilità delle misure previste. E ha aggiunto: “Vi sosterremo in modo molto chiaro in questi passi. Da un lato assicurandoci che i vostri candidati e le vostre candidate siano idonee, dall’altro fungendo da interfaccia di comunicazione tra la vostra organizzazione e gli svizzeri e le svizzere all’estero”.
Il presidente dell’OSE Filippo Lombardi, criticato per non aver più dato priorità alla questione, si è difeso: “L’OSE potrebbe dedicare tutto il suo budget a questo e non sarebbe comunque sufficiente. La democrazia ha un costo e noi abbiamo dei limiti”. Ma ha aggiunto che è stato fatto molto lavoro e che il comitato direttivo è favorevole al piano.
Dopo un vivace dibattito, il 77% dei delegati e delle delegate presenti ha infine dato il via libera a questo gruppo di lavoro.
Partecipazione in costante calo
Il punto all’ordine del giorno sembrava innocuo. Eppure, le discussioni sul 100° Congresso degli Svizzeri all’estero, che si terrà nel 2024, hanno evidenziato la necessità di un cambiamento.
I delegati hanno innanzitutto discusso la scelta del tema per questo speciale anniversario. Alla fine, il 65% di loro ha optato per “Insieme attraverso le frontiere: l’evoluzione dell’espatrio svizzero”.
Poi, spontaneamente, il presidente Filippo Lombardi ha rivelato che il comitato dell’OSE stava considerando di cambiare la forma e la data del congresso. Il motivo principale era la sempre più scarsa affluenza. Se nel 2010 i partecipanti erano ancora circa 400, negli ultimi anni il numero è diminuito di quasi 100 unità.
Per invertire questa tendenza, il comitato sta valutando la possibilità di ridurre la durata del congresso. Questo limiterebbe i costi sostenuti dai e dalle delegate per la loro partecipazione. In secondo luogo, il comitato propone di tenere la riunione annuale a luglio anziché ad agosto.
Dare più spazio alla discussione
Alcuni sono intervenuti per protestare contro l’accorciamento. “Non dovrebbe essere ridotto, ma adattato”, ha dichiarato Philippe Magnenat, delegato per la provincia del Quebec. Un’opinione condivisa da Andreas Feller-Ryf, del Regno Unito: “Vorrei che avessimo più opportunità di incontrare gli altri delegati e che avessimo più tempo per le discussioni in plenaria”
Daniel Rahm, delegato degli Stati Uniti, ritiene che “accorciare il 100° Congresso non sarebbe appropriato”. Alexandra De Mello di Singapore, dal canto suo, si è espressa a favore di una parte formale più breve di mezza giornata e di un workshop nella seconda metà: “È un buon modo per lavorare insieme su questioni che riguardano tutti noi”.
Dopo una votazione consultiva per alzata di mano, le persone presenti si sono espresse a favore del mantenimento del formato attuale. Per quanto riguarda la data, “sarà il comitato a decidere”, ha concluso Filippo Lombardi.
L’Ufficio consolare si presenta
In occasione di questo congresso, il nuovo capo dell’Ufficio consolare, David Grichting, si è presentato al CSE. Succede a Johannes Matyassy, che “ha lasciato un forte segno”, ha dichiarato David Grichting.
Nel suo discorso, Grichting ha fatto riferimento al netto aumento del numero di svizzeri e svizzere all’estero, passato da meno di 600’000 a 800’000 negli ultimi 20 anni: sono solo sei i Paesi al mondo in cui non ci sono cittadini svizzeri ufficialmente registrati.
Questo è uno dei motivi per cui è difficile fornire servizi consolari in tutto il mondo. La migrazione è cambiata: mentre una volta si emigrava per sempre, oggi spesso si parte solo per un certo periodo di tempo. “L’anno scorso sono emigrati 31’000 svizzeri e svizzere e ne sono tornati 22’000”, ha spiegato il rappresentante del DFAE.
Questa è solo una delle tendenze menzionate da David Grichting. Per i servizi consolari, l’invecchiamento della comunità svizzera all’estero e il fatto che molti svizzeri decidano di trascorrere la pensione altrove rappresentano una sfida.
Anche il modo in cui le persone viaggiano (nel 2021 i cittadini e le cittadine svizzere hanno effettuato 16 milioni di viaggi) è cambiato. “Al giorno d’oggi le prenotazioni vengono effettuate su Internet piuttosto che tramite un’agenzia di viaggi, il che significa che non si dispone più di un’assistenza locale”, ha spiegato David Grichting. A ciò si aggiunge la situazione geopolitica: incendi boschivi a Rodi, guerra civile in Niger, putsch in Ciad. “Il DFAE deve essere molto flessibile”, ha aggiunto.
Traduzione di Daniele Mariani
*Questo articolo è stato modificato il 19 agosto a causa di un errore nella citazione attribuita a Laurent Perriard.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.