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COP28, gli scandali dei crediti di carbonio mettono la Svizzera sotto i riflettori

Sultan Ahmed al-Jaber parla a una platea durante il world government summit
Sultan Ahmed Al Jaber parla durante il Vertice del Governo Mondiale tenutosi a Dubai nel febbraio 2023. Kamran Jebreili / Keystone

Con l'inizio dei negoziati sul clima della COP28 a Dubai, i Paesi sono più che mai sotto pressione per aumentare il loro impegno per la riduzione delle emissioni di CO2. La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si apre in un momento in cui le compensazioni di carbonio sono sotto esame, il che spinge la Svizzera a rivedere la sua strategia climatica. 

Giovedì, più di 190 Paesi iniziano i negoziati annuali delle Nazioni Unite sul clima a Dubai, nel quadro degli ultimi sforzi per ridurre le emissioni globali e fornire sostegno ai Paesi più vulnerabili. Alla fine di quello che si prevede sarà l’anno più caldo mai registrato sulla Terra, e considerate le messe in guardia da parte della comunità scientifica sui futuri effetti sul clima, gli Stati dovranno trovare il modo di mettere il pianeta sulla giusta strada per raggiungere gli obiettivi climatici concordati. 

Le immagini della giornata di apertura, dal Telegiornale della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana RSI: 

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Dopo l’apertura della conferenza di due settimane da parte di Sultan Ahmed Al Jaber, presidente della COP28 e amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi, i Paesi prenderanno in considerazione i risultati del primo Global Stocktake, ovvero il meccanismo di valutazione dell’impatto degli impegni di riduzione delle emissioni presi dalle nazioni. Dovranno poi definire delle strategie affinché gli sforzi internazionali rimangano in linea con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura terrestre a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. 

Il rapportoCollegamento esterno tecnico sul bilancio globale, pubblicato in settembre, mostra che i Paesi non hanno compiuto progressi sufficienti nella riduzione delle emissioni di carbonio. Per Simon Stiell, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la COP28 deve quindi “rappresentare un chiaro punto di svolta. I Governi devono non solo mettersi d’accordo su quali azioni climatiche intraprendere, ma anche mostrare esattamente come intendono realizzarle”. 

un uomo tenta di fare un buco in un terreno arido
La popolazione fluviale del lago Puraquequara a Manaus, nello Stato di Amazonas, ha sofferto per la mancanza d’acqua causata dalla grave siccità nel nord del Brasile. Michael Dantas / AFP

Il nuovo negoziatore svizzero 

Parlando alla stampa prima della conferenza di Dubai, Felix Wertli, il nuovo ambasciatore svizzero per il clima, ha detto che l’obiettivo principale della delegazione elvetica alla COP28 è di spingere per una maggiore ambizione per rimanere nel limite di 1,5°C. 

Per Wertli è fondamentale trovare una strategia per uscire dai combustibili fossili e al contempo stimolare i piani in favore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Wertli ha aggiunto che è importante che i Paesi che emettono di più, molti dei quali includono nazioni che sono classificate dall’ONU come in via di sviluppo, ma sono ricche in termini di PIL, come la Cina e gli Stati del Golfo, contribuiscano a sostenere finanziariamente altri Paesi in via di sviluppo, che sono i più esposti agli impatti del cambiamento climatico.   

I rapporti delle Nazioni Unite hanno evidenziato che i finanziamenti per il clima dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo sono in ritardo e non hanno ancora raggiunto l’obiettivo dei 100 miliardi di dollari all’anno. A Dubai si discuterà anche del fondo per le perdite e i danni (“loss & damage”), concordato un anno fa per aiutare a indennizzare le popolazioni più povere e più vulnerabili agli effetti della crisi climatica, dopo che questo mese è stato raggiunto un accordo perché il fondo sia ospitato dalla Banca mondiale. 

“Possiamo fare molto in materia di investimenti per passare ad altre fonti di energia. È un’opportunità. L’IPCC fornisce opzioni politiche per mantenere gli 1,5°C a portata di mano”, ha dichiarato Wertli a SWI swissinfo.ch. L’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, ha completato quest’anno la sua ultima serie di rapporti scientifici sullo stato del clima sulla Terra, compresi gli oceani e l’atmosfera, che include una serie di raccomandazioni. 

Felix Wertli ha preso il posto di Franz Perrez, che è stato il negoziatore svizzero per il clima dal 2010. La sua nomina è avvenuta pochi mesi dopo l’entrata in carica del nuovo ministro svizzero dell’ambiente Albert Rösti, membro dell’Unione democratica di centro, partito che si era opposto alla nuova legge sul clima

Wertli ha assicurato che la Svizzera non cambierà le sue priorità nei negoziati sul clima a causa del nuovo capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni. 

La Svizzera continuerà a presiedere il Gruppo d’integrità ambientale (EIG), un gruppo negoziale che comprende anche Georgia, Liechtenstein, Messico, Monaco e Corea del Sud. 

Come ridurre le emissioni 

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), i Paesi dovranno compiere sforzi notevoli. Il 20 novembre, l’UNEP ha affermato che gli Stati dovranno ridurre le emissioni del 42% entro il 2030, se si vorrà modificare l’attuale traiettoria che sta conducendo il pianeta verso un riscaldamento di 2,5-2,9°C. 

Oltre alla necessità di ridurre ulteriormente l’uso e la produzione di combustibili fossili, i negoziati sul clima dovranno affrontare la questione, tuttora irrisolta, della definizione di regole chiare in materia di compensazione delle emissioni di carbonio. 

Il video seguente spiega in modo semplice come funzionano le compensazioni delle emissioni: 

Tali meccanismi, che possono includere la salvaguardia delle foreste e il fatto di piantare alberi, e che sono ampiamente utilizzati dalle aziende per raggiungere i propri obiettivi climatici, sono finiti sotto esame a causa dei metodi utilizzati per calcolare la compensazione. L’accordo di Parigi sul clima raggiunto nel 2015 ne prevede due tipi. L’articolo 6 fa riferimento sia agli accordi tra Governi per cooperare nella compensazione delle emissioni sostenendo progetti sostenibili nei Paesi in via di sviluppo che altrimenti non si sarebbero realizzati, sia al mercato “volontario” del carbonio. 

La Svizzera è stata pioniera nel primo caso e ha concluso accordi bilaterali con una serie di Paesi dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia, mentre alla COP del 2021 a Glasgow ha chiesto di specificare meglio le modalità di attuazione degli accordi di compensazione. 

Un rapportoCollegamento esterno congiunto pubblicato in novembre dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e da alcuni think tank ha evidenziato la dissonanza tra gli impegni nazionali dichiarati in materia di clima – noti come contributi determinati a livello nazionale (NDC) – e le politiche nazionali. Il rapporto afferma che i principali Paesi produttori di combustibili fossili, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, prevedono di produrre più petrolio, gas e carbone nel 2030 rispetto ad oggi. 

L’Organizzazione meteorologica mondiale ha da parte sua riferito che le emissioni di gas serra, tra cui CO2, metano e protossido di azoto, responsabili del riscaldamento globale, hanno raggiunto un nuovo primato nel 2022Collegamento esterno, pochi giorni dopo aver dichiarato che gli aumenti delle temperature di quest’anno si stanno già pericolosamente avvicinando al limite di 1,5°CCollegamento esterno. In primavera, l’agenzia delle Nazioni Unite aveva previsto che il limite sarà superato entro cinque anni. 

Nonostante le crescenti critiche sull’effetto delle compensazioni nel limitare le emissioni, Felix Wertli ha affermato che le misure incluse negli accordi bilaterali contengono “sufficienti garanzie”. Ad esempio, ha detto, evitano che la riduzione delle emissioni sia contabilizzata due volte (dallo Stato donatore e da quello beneficiario). 

Critiche alla compensazione delle emissioni

I suoi commenti fanno seguito a una serie di recenti rapporti che hanno messo in evidenzaCollegamento esterno le dichiarazioni esagerate dell’azienda svizzera South Pole, il principale venditore al mondo di crediti di carbonio. Tali critiche hanno amplificato le preoccupazioni attorno alle soluzioni di compensazione basate sul mercato. 

Verra, il più grande ente di certificazione al mondo, con cui ha collaborato anche South Pole, avrebbe emesso oltre un miliardo di creditiCollegamento esterno – equivalenti a un miliardo di tonnellate di CO2 – il 90% dei quali “fantasma” o in gran parte senza valore. L’azienda ha smentito le notizie, definendole inappropriate, mentre South Pole, che respinge le accuse, ha messo fine al suo coinvolgimento in un importante progetto di compensazione nello Zimbabwe al centro dello scandalo. 

gente che manifesta per il clima
Manifestazione di protesta durante lo sciopero per il clima del 3 marzo 2023 a Berna. Sui cartelloni si può leggere: “Non c’è economia su un pianeta morto”. © Keystone / Anthony Anex

Le voci critiche sostengono che le aziende e i Paesi potrebbero fare troppo affidamento sui crediti generati dal sistema. “L’intera premessa della compensazione è che si può continuare [a emettere come sempre] e pagare per crediti generati altrove. È una premessa errata”, dice a SWI swissinfo.ch Erika Lennon del Centro per il diritto ambientale internazionale. 

“Il clima ha bisogno di una rapida e completa riduzione delle emissioni, in tutti i settori dei combustibili fossili, e non di continuare a emettere pensando che possiamo acquistare un credito di riduzione delle emissioni per un’altra attività altrove”, dice l’avvocatessa, aggiungendo che i Paesi e le aziende potrebbero anche fornire finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo per progetti di mitigazione e di adattamento. 

All’inizio di quest’anno, la Net-Zero Asset Owner AllianceCollegamento esterno, creata dalle Nazioni Unite, ha vietato ai suoi membri, fra i quali ci sono importanti proprietari di asset come fondi pensione e compagnie assicurative, tra cui Swiss Re, di utilizzare sistemi di compensazione delle emissioni di carbonio per raggiungere i propri obiettivi di riduzione delle emissioni fino al 2030. 

Nelle settimane che hanno preceduto la COP28, un organo di controllo delle Nazioni Unite incaricato di supervisionare un meccanismo di crediti di carbonio ha presentato – con un anno di ritardo – delle raccomandazioniCollegamento esterno sui metodi di rimozione del carbonio. Queste dovrebbero essere sottoposte all’approvazione dei partecipanti ai negoziati climatici a Dubai. 

Erika Lennon continua a mostrarsi scettica verso le compensazioni. “Non si riduce nulla e non si rimane al di sotto di 1,5°C. Non si stanno prendendo le misure di cui abbiamo bisogno”, conclude. 

Patrick Hofstetter, responsabile delle politiche climatiche ed energetiche presso il WWF Svizzera e membro della delegazione elvetica alla COP28, sostiene che il programma del Consiglio federale dovrebbe “fare i conti con la realtà”. La Fondazione Klik, responsabile del finanziamento delle compensazioni concordate bilateralmente, è per sua stessa ammissione in ritardo nell’aiutare il Paese, come prevede la legge, a raggiungere gli obiettivi climatici e a ridurre le emissioni di almeno il 50% entro il 2030, sottolinea Hofstetter. 

Il Governo, aggiunge, dovrebbe intervenire finanziariamente per contribuire a colmare il divario. “È comprensibile che in seguito alle notizie di progetti lacunari riguardanti i mercati volontari del carbonio, si debba essere prudenti prima di accordarsi su un progetto”, avverte. 

Nonostante sia un grande produttore di petrolio e di gas a ospitare i colloqui sul clima, Patrick Hofstetter sostiene che prima della COP28 si sono intravisti segnali che fanno ben sperare. 

Il collaboratore del WWF Svizzera fa riferimento ai recenti colloqui tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e quello cinese Xi Jinping al vertice della Cooperazione Economica Asia-Pacifico sulla cooperazione in materia di clima. Sottolinea inoltre la possibilità che Sultan Ahmed Al Jaber, in quanto rappresentante del blocco dei Paesi produttori di petrolio dell’OPEC, possa fare pressione sull’Arabia Saudita “affinché questa conferenza non sia disastrosa”. Secondo Hofstetter, i sauditi potrebbero infatti essere più disposti a dare il loro consenso, rispetto a quanto succederebbe se la conferenza non si svolgesse in un Paese dell’OPEC”. 

“Questo potrebbe creare una costellazione interessante”, aggiunge. 

A cura di Virginie Mangin

L’articolo è stato modificato per aggiungere la reazione di South Pole

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